venerdì 12 aprile 2013

strage

A un certo punto, non si è mai capito perché, i piccioni bianchi che Nunzio allevava per dar colore ai matrimoni, smisero di tornare a casa. Decisero di comune accordo di restare a vivere nella piccola piazza della chiesa e di nutrirsi di quanto rimaneva sul sagrato dopo ogni cerimonia. Forse, qualcuno si azzardò a dire per sfotterlo, il riso bianco dei matrimoni era migliore del mangime da quattro soldi di Nunzio, ormai disperato per la perdita.
All’inizio passeggiavano lentamente, guardandosi intorno con curiosità, coi loro pancioni candidi per la piazza, e presto, quasi fosse Venezia, divennero i soggetti preferiti dei turisti armati di fotocamera, addirittura impararono a mettersi in posa in cambio di un pezzetto di pane.
A forza di pane e di riso, ingrassarono al punto di smettere di volare e zampettavano come galline, ancora tondi e buffi, avanti e indietro per quella che ormai era diventata la loro aia, andando a rifugiarsi negli angoli per dormire, sotto i balconi, dove nidificarono al suolo.
Nacquero così nuovi uccelli che, seguendo l’esempio dei genitori, non impararono mai a volare. Erano troppi per la piazza, la quale presto venne ricoperta di escrementi, piccole macchie nere bianche o gialline che crepitavano sotto i piedi quando passavi. Persino le loro belle piume, adesso che si trascinavano al suolo, erano lorde di cacca.
L’odore era insopportabile, soprattutto d’estate. E quando, a causa della sporcizia, i matrimoni finirono, vedevi gli uccelli muoversi per la piazza come impazziti dalla fame, muovendo il collo a scatti e picchiando il becco contro il pavimento vuoto, se non di escrementi, consumandolo a forza di beccate, ma incapaci di migrare.
I loro vicini umani, ormai stanchi e al limite della sopportazione, quando capirono che né Nunzio né il parroco né quelli del Comune sapevano come risolvere il problema, decisero di fare da sé. Pagarono l’accalappiacani per radunare nella piazza, una mattina, tutti i randagi da portare al canile, e li scatenarono su di loro per farne strage.
Dopo la mattanza, quando i cani furono allontanati, ai pochi uccelli superstiti, che ancora scappavano intorno terrorizzati, senza più voce, senza più vie di fuga, le piume intrise di sangue sulle zampette tremanti e inciampavano sui cadaveri dei loro compagni mutilati dai morsi, venne spezzato il collo. Quando Nunzio, impotente, da lontano vide la scena, i suoi occhi si inumidirono, ma riuscì solo a dire: che peccato.

4 commenti:

amanda ha detto...

quelli sul mio tetto non li ha portati Nunzio ma ormai non mi permettono neppure di tenere i lucernari aperti e non sono nenche bianchi e con la pancia tonda, sono solo uno schifo e basta

Anonimo ha detto...

http://youtu.be/MusOrRK6mdY


Francesca

sergio pasquandrea ha detto...

prima o poi i piccioni si renderanno conto di essre loro i più forti e si stancheranno di sopportarci.

marian. ha detto...

è così che va il mondo. Coloro che dovevano, potevano, avrebbero potuto indicare delle soluzioni non lo fecero e così ci pensò il terrorismo.