domenica 7 aprile 2013

canto

I canarini, imitatori perfetti, hanno grande disposizione per la musica e il signor Forgavi se ne sta lieto fra cinquanta di queste bestiole, pressoché prive di peso e un po’ simili a marionette mosse da nascosti congegni. Sono uccellini che, per diventare artisti del canto, al sesto mese vengono separati dalla mamma e collocati ciascuno in una gabbia, lontano dal cielo imprevedibile. Loro maestro è il canarino padre, che deve sfoggiare i suoi trilli con calma e ripetere più volte i motivi; le lezioni si svolgono nell’oscurità, perché gli allievi non si distraggano. Forse questo santuario sonoro è, a ben considerare, un acquartieramento di umiliati, tuttavia ai nostri occhi ha una serenità soprannaturale. Il repertorio dei piccoli cantori (che richiedono minime provviste di esistenza) può comprendere parecchie strofe e non è monotono: gli alunni replicano i cinguettii paterni uno dopo l’altro, in fedeltà, e questo loro sforzo riesce simpatico. Dopo due mesi, quando hanno imparato a memoria varie melodie, il signor Forgavi li abitua poco a poco a esibirsi alla luce. Sovrano di tanti loquaci animali, lui non sa niente degli altri mondi che sputano sangue, però non fa un grande male. Alla fine del corso è solito spronare i canarini perché intonino le loro arie anche in presenza di persone estranee.

(Tiziano Rossi)

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