martedì 31 dicembre 2013

blue jasmine: una lettura

Blue Jasmine, di Woody Allen
Ho visto ieri il nuovo film di Woody Allen, Blue Jasmine, e il primo commento che mi viene in mente, a caldo, per tutti quelli che periodicamente vengono a pontificare che Allen è finito, è : Tiè!
Blue Jasmine è bello, ascrivibile a quel particolare gruppo di opere troppo sofisticate, e al contempo soffuse, per entrare nel novero dei suoi capolavori: non colpisce allo stomaco come Match Point, per intenderci, ma non è nemmeno di presa immediata come Pallottole su Broadway. Sta nel mezzo, insieme ad altre sue piccole gemme come Interiors, Settembre o Un’altra Donna, tutte guarda caso incentrate sui temi della femminilità e della nevrosi, che stimolano Allen su più piani, dal narrativo all’esistenziale.
Nello specifico ho letto molte recensioni sul film e devo dire che, più che una critica vera e propria al sistema economico, come molti lo hanno interpretato (secondo me a sproposito), è da considerarsi una parabola sull’autoinganno, sull’incapacità di crescere e affrontare consapevolmente la vita.
Jasmine, interpretata da Cate Blanchett, è una creatura incapace di accettarsi. Cerca costantemente, per tutta la vita, di essere un’altra persona, migliore di quella che si sente: una bambina adottata, ci fa sapere Allen. Cambia il suo nome, sposa un uomo ricco, ripudia quasi la sorella adottata a sua volta. Tutto ciò che le ricorda le sue origini. Vive in un mondo di perenne sogno adolescenziale, quello delle principesse salvate dai principi. E quando il principe si scoprirà essere nient’altro che un truffatore, quello che sconvolgerà Jasmine, più che la fine dello stesso matrimonio, sarà la fine del sogno.
È talmente egocentrico questo personaggio (in senso propriamente psicanalitico) che quando rischia di tornare coi piedi per terra per l’abbandono del marito, preferisce distruggere la felicità di tutti coloro che la circondano, dalla sorella al figlio, piuttosto che rinunciare lei sola alla sua gabbietta dorata, da cui guardare il mondo senza mai spiccare il volo. E nemmeno alla fine, quando cercherà di ricostruirsi una vita col nuovo compagno, riuscirà a smettere di mentire e così autoilludersi.
In questo senso Jasmine, figura tragica quanto patetica può intendersi come un’evoluzione, o riscrittura attualizzata di Cecilia, protagonista de La rosa purpurea del Cairo: anche lei, infatti, preferisce vivere un sogno piuttosto che la realtà, pagandone lo scotto. Stavolta, però, lo sguardo di Allen è più cinico nel tratteggiare una serie di personaggi tutti a loro modo gretti, dalla sorella buona ma in sé sconfitta, insignificante, perennemente attratta da cialtroni, fino ai suoi bambini brutti e obesi, passando per il figlio ingrato e tossicomane di Jasmine. A differenza che in passato, in altri film di forte impatto morale (uno per tutti Crimini e Misfatti) dove c’era perlomeno un personaggio positivo che fungeva da contraltare alla corruzione del mondo, ormai nell’universo narrativo di Allen non sembra più salvarsi nessuno. Tutti sono sconfitti in partenza, e a noi non resta da offrire loro che il nostro perdono o la pietà.

domenica 29 dicembre 2013

maria

Essere sì della razza di chi rimane a terra
ostinatamente aggrappati al cuore
alla pietra che spacca il dente
e lentamente si dona alla forma al peso
che bilancia il giorno all’odore crudo
di vita continua fatica
alla pietra ferita nel fondo Maria.

l’aria impigliata sui rami...

L’aria impigliata sui rami
se la osservi è più chiara.

Così fa il tuo cuore
fra le mie ruote e siamo

un passo solo per via.

sabato 28 dicembre 2013

ti regalerò strade diritte...

Ti regalerò strade diritte
che si schiudano dolcemente
sotto le tue ruote
città senza scale in cui
perduti in fughe d’amore
ridendo sfrecciare verso la stazione.

Un giuramento come mille
pronunciato a un semaforo
ci accomuna per sempre
nel nostro destino alle farfalle.

giovedì 26 dicembre 2013

tigri

per Erik Lemke (1979-2012)
1. 

Un colibrì vola dentro una finestra 
che assomiglia al cielo. Tutto qui attorno 

assomiglia al cielo. Il cielo sembra una tigre striata. 
Chiamano questo tipo di nube 

qualcosa. Conosco qualcuno 
che sa delle nuvole. Posso 

scoprirne il nome. Tutto qui attorno 
ha un nome. 

2. 

Il colibrì cadde sulla veranda. Mio marito lo raccolse.

– Cosa si sente ad averlo in mano? 
– Niente. Non ho sentito niente. 
– Dov’è ora? 
– Andato. 
– Morto? 
– Non morto. Volato via. È scomparso ed è scomparso ancora. 

3. 

Ti dirò una sciocchezza. Un colibrì volò dentro una finestra... 

Ti dirò un’altra sciocchezza. Tradimento, 
una volta eravamo amici. 

4.

Nei sogni l’uccello 
pesa di più, così puoi sentirlo 

quando lo raccogli. Così 
quando muore sembra 

qualcosa di realmente accaduto. 
È una parola 

legata 
attorno alla tua mano e un segnale 

sulla strada spogliata. 
Una stella di poliestere su una stecca di plastica 

legata al segnale. 
Asfalto. Palo. Le grinze tese 

di una stella grassa. 
Piena. 

Risplende. 
Ci sarà una festa 

qui attorno da qualche parte. 
L’uccello non pesa niente aspetta da nessuna parte. 

Il cielo assomiglia a una finestra e lui ci vola dentro. 


(Melissa Ginsburg)

martedì 24 dicembre 2013

è tale la passione...

È tale la passione
che a un punto nel sonno
ti ho detto: amore
vado al risveglio
presto ci vediamo nel giorno.
E mai ti ho lasciato la mano.

domenica 22 dicembre 2013

le navi

Alcuni fiori andranno a male con le piogge.
Altri seccheranno per il sole.
Il mio amore no sta fermo al centro del giardino
i petali di pane azzimo chiedono vino.

I gatti alla finestra lo sapranno che si muore?
Quale cura contro la disperazione?
Pesci volanti e acque non bagnano il pelo
rincorrendo nel porto le navi crudelmente in orario.

rassegna mattutina

Faccio la mia rassegna dei blog, come ogni mattina. Passo dal blog di Marco Bertoli (Jazz nel Pomeriggio) e faccio partire il brano qui sotto, splendido, di John Medeski. Poi un giro su Le Parole e le Cose, dove hanno pubblicato una nuova traduzione (a cura di Manuela Alessandra Poggi) di Heiner Müller, fra i miei poeti preferiti. Leggo le poesie con la musica di sottofondo, sono malato, ho poca fiducia nell'umanità e nel futuro. Questo è il mio umore oggi e il cielo non cambia. Non cambia mai la natura umana.

SGUARDO ESTRANEO: CONGEDO DA BERLINO

Dalla mia cella davanti al foglio vuoto
In testa un dramma per nessun pubblico
Sono sordi i vincitori i vinti muti
Uno sguardo estraneo su una città estranea
Giallogrigie le nubi passano alla finestra
Biancogrigi i piccioni cagano su Berlino

Heiner Müller 14.12.1994

sabato 21 dicembre 2013

recensione

QUI una bella recensione di Dal Confino, da parte Alessandro Canzian, poeta ed editore che stimo molto, e a cui sono davvero grato.

non distinguo più limiti...

Non distinguo più limiti
fra cuore e perfezione
se il cuore è un pane
che cresce nel tuo abbraccio
nel tuo fuoco s’indora
e screpola la crosta
prende sapore per te
perché tu possa mangiarne.

martedì 17 dicembre 2013

eccoci dunque vicini e in corsa per bari...

Eccoci dunque vicini e in corsa per Bari
tu cuore navigante e avventuroso
io gambe di vecchio marinaio
tu luce al sapore di cannella
io voce che ti canta buffa e bella
io vecchio cantastorie senza pace
tu orecchio che mi avvolge e dà riparo.

lunedì 16 dicembre 2013

e se non fosse amore ma...

E se non fosse amore ma
quel senso di pienezza
che i curiosi fa girare per strada
io pieno di te
tu piena di me
miracolosamente soddisfatti di noi
mai più solitari
detective del cuore ma dentro
invischiati nel caso.

domenica 15 dicembre 2013

l'astronauta

Nell’iperspazio che ci contiene
schizzano i pensieri come biglie
corrono e giungono carezze
fra le coperte stellari in cui siamo avvolti
come in un cielo caldo e denso
in cui tu manchi perfezione.

Un cuore coraggioso in tuta d’astronauta
è pronto ad affrontare il buio
per averti. Non mi capacito no
di non poterti stringere
e vagare poi nel tempo
cullati dal conforto dal silenzio.

venerdì 13 dicembre 2013

tre epigrammi sulla letteratura alla moda

1

A notte ci accompagnano
lo scandalo e gli eccessi
di giovani asservite dall’Amore
per un pubblico più attivo dentro ai cessi.

2

Con eccessiva supponenza mi dice:
“Non leggo poesia, non mi piace.” Rispondo:
“È un tuo limite, non un mio problema.”

3

Ognuno sta solo nel cuor della doccia
trafitto dal gettito d’acqua:
e di te rinnega ogni traccia

lunedì 9 dicembre 2013

siete come noi

Oggi, guardando un video che gira su youtube, ho ripensato alla battaglia di Valle Giulia e mi sono chiesto: chissà cosa avrebbe mai detto Pasolini guardando le forze dell'ordine togliersi i caschi antisommossa in mezzo alla folla? La folla che grida: "Siete come noi!"
Sono passati nemmeno 50 anni.

mercoledì 4 dicembre 2013

20 anni oggi

Minkia l’ho letto ora, se no non me ne sarei mai accorto. 20 anni oggi che è morto Frank Zappa. Io me lo ricordo quando è morto, facevo il liceo, e mi rendo conto di cominciare a diventare vecchietto perché posso fare la conta: mi ricordo quando è morto lui, e poi Kurt Cobain, Battisti, De Andrè, George Harrison, da poco Lou Reed (che con Zappa, fra parentesi, si odiava)... Mi ricordo dov’ero quando se ne sono andati, cosa facevo, che cosa ho pensato. Di Zappa mi ricordo il coccodrillo in tv, con lui che nel servizio correva come un matto sul palco con la bacchetta da direttore d’orchestra e i baffi ad ancora.
Ecco, a 20 anni di distanza posso dire che se c’è una cosa che ho imparata da lui è questa. Quando durante una intervista gli chiesero quale genere musicale preferisse fra i tanti che praticava, Zappa, che nei suoi concerti faceva di tutto, dal doo wop al jazz alla classica, da Ravel agli AC/DC passando per i Beatles, rispose semplicemente: “Per me è tutta buona musica”. Un atto di coraggio grandissimo che equiparava i vari generi, gli artisti in virtù non della loro nobiltà o storia ma della semplice bellezza, del batticuore che riuscivano a procurarti.
L’ho sempre trovata una lezione insuperata di stile e di intelligenza, oltre che di libertà senza pregiudizi.

domenica 1 dicembre 2013

come una poesia prende vita

Chapel, di Rothko

Breve storia di come nasce e si sviluppa una poesia in una comune domenica pomeriggio.
Tutto comincia con me che scrivo questo messaggio su Facebook, senza fare nomi ma all’indirizzo specifico di un amico che oggi mi ha dato bidone per un lavoro:

Avviso a tutti quelli che ogni giorno mi costringono a rincorrerli, procurandomi altri grattacapi e perdite di tempo oltre a quelli che già ho. Se nei prossimi giorni vi vengono i funghi alle parti intime non è perché la vostra igiene è scarsa (anche per quello magari), è perché ho fatto un patto col diavolo! Che vi venga la muffa lì dove non batte mai il sole, parti intime comprese.

Daniela, mia amica e lettrice, commenta così il post: “L’ispirazione catulliana di questa invettiva è disarmante!”

Stimolato da Daniela asciugo il messaggio e scrivo la poesia qui sotto, dibattendomi a lungo fra i vari sinonimi di “genitale” (pudenda, palle, ecc...) e la intitolo Catulliana:

Ti venga la muffa lì dove
non batte mai sole
per i giorni che costringi me
a incalzarti. Genitale compreso.

Sergio la commenta così: “Il caro Gaio Valerio ci andava giù anche più pesante”.
Lo stesso Sergio, però, si appassiona al progetto e decide di fare una traduzione in latino della poesia. Ne vengono fuori due esamentri assai più belli della mia quartina:

Mucor te corrumpat ubi lux semper perempta
propter perditos soles. Et lumbos ascribo.

Insomma, viene voglia a me di ritradurre la traduzione, ancor più essenziale e più ritmica del mio componimento.
Questa, alla fine, è la poesia:

Ti venga la muffa lì dove non batte mai sole
per i giorni perduti. Genitali compresi.

shadows in the rain

giovedì 28 novembre 2013

l'avventurosa avventura di uno che vorrebbe pubblicare libri: giornata tipo

Ore 8.00 circa: appuntamento di lavoro con un tipo che più tardi non può. Passi mezzora ad aspettare il tipo per strada prima di ricevere l'sms "ho avuto un contrattempo, rimandiamo a domani, stessa ora stesso posto".
Dalle 9.00 alle 11.00 circa: torni a casa, apri il pc e trovi la mail piena, come sempre. Ti metti a rispondere alle mail. Perdi molto tempo per discutere via mail con un tipo di un certo preventivo, perché sul preventivo ci sono 20 euro in più rispetto a quanto ci si era detti a voce.
Ore 11 circa: pausa caffè.
Dalle 11.00 alle 12.00 circa: tempo necessario a farsi passare l'incazzatura per il preventivo di stampa di un altro libro, troppo alto rispetto a quello che avevi calcolato. Perdi mezzora solo per rivedere tutto e trovare eventuali errori. Eventuale ipotesi: il prezzo della carta ha raggiunto sul mercato quello dell'oro.
Ore 12.00 circa: dovresti scrivere le note di copertina di un libro, ma a questo punto sei troppo stanco per concentrarti, così decidi di rimandare al pomeriggio e di dedicare il resto della mattina all'aggiornamento del sito. Ti mancano però dei dati necessari e non puoi fare che una piccola parte del lavoro. Bestemmi fra i denti.
Ore. 12.30 circa: ti chiama il tipo delle 8.00 che si è liberato per il primo pomeriggio e chiede se ci si può vedere ma verso le 15.00, non più tardi, per parlare del progetto importantissimo della mattina.
Alle 13.00 circa ti rendi conto che manca poco all'ora di pranzo e di libri ancora non si è vista nemmeno l'ombra.

sabato 23 novembre 2013

le previsioni

Le previsioni dicono pioverà
sul nostro tavolo a lungo
mentre seduti accanto siamo
senza toccarci. Tu sfili una scarpa
in silenzio con leggerezza
che invidio. Affetti omelette.
Perché mi chiedi perché
su tutto l’aceto balsamico?
Per nascondere il vuoto al palato
perché neppure le uova ormai
ci dicono più nulla di noi.

domenica 17 novembre 2013

sabato 16 novembre 2013

dignità e matte risate



Per quanto sia indifendibile a più livelli, è difficile per un non pugliese riuscire a capire il profondo senso di tradimento che qui si prova per il comportamento di Nichi Vendola. Non riguarda l’essere o meno di sinistra, o anche quello certo, ma soprattutto Vendola per molti di noi (della mia generazione almeno) era la speranza di qualcosa di piccolo ma integro, qualcosa che aveva a che fare, una volta tanto, con le idee e con i sentimenti, prima ancora che con gli interessi di qualcuno e col cinismo sterile di tanti altri.
Persino di fronte agli scandali che di volta in volta sono venuti fuori negli ultimi anni, c’era ancora il dubbio che oltre gli errori politici e le brutte figure si potesse ancora trovare, quasi intatta, quella coerenza intima, profonda, dell'uomo. Invece, la risata quasi imbarazzata, untuosa, che abbiamo ascoltato nelle ultime ore, da lui non ce la saremmo mai aspettata e a molti di noi ha fatto male.
È vero, le cose sono sempre più complesse di come sembrano, tutti hanno diritto a difendersi, ma quella risata, più ancora di ciò che è stato detto, ha scavato un solco profondo, una ferita non rimarginabile.
Cade Vendola, sepolto sotto la sua stessa risata, e con lui vengono meno, ed è assai peggio, molte delle energie migliori che, bene o male, era riuscito a tirarsi dietro nella sua corsa. Perché, e questo va ricordato, Nichi Vendola non è (stato) semplicemente, come in molti ora sostengono per delegittimarlo, un uomo politico come tanti, è stato un simbolo, un leader, e anche per questo il danno è ancora più grave.
Speriamo davvero che si dimetta. Lo deve alla dignità di chi lo ha votato e difeso, almeno quanto alla sua.

martedì 12 novembre 2013

la mia storia



Ho appena concluso il libro che ho scritto per mio nonno. Titolo: Rivelazione. Due anni di lavoro più gli ultimi quattro mesi di revisioni. In verità non cambia molto rispetto al mio solito stile, e praticamente ogni singolo testo è stato già pubblicato su questo blog. Posso dire che ci ho messo più cuore che ho potuto.
Se a qualcuno va di leggerlo mi può contattare anche in privato e gli mando una copia in pdf, così mi dice che ne pensa e se vale la pena di sbattersi per pubblicarlo e soprattutto di proporlo in giro.

domenica 10 novembre 2013

crepano i poeti nel silenzio...

Crepano i poeti nel silenzio
nessuno mai userà per loro
“i migliori se ne vanno”
parole che sgorgano sentite
dal profondo e si innalzano
al ricordo dal cuore. Lo sanno
i poeti perciò scrivono epitaffi
riciclano il fuoco dei fogli.

sabato 9 novembre 2013

mai scrivere d’amore

Dicono che un poeta non dovrebbe
mai scrivere d’amore. Non oggi
almeno, che piove, che la crisi
ci uccide nelle strade. È chiaro
che la mia non è poesia d’amore.
È solo la mia mancanza
ogni giorno d’una tua parte.

(Alessandro Canzian)

Alessandro Canzian vive a Maniago (Pordenone), ha la mia età, e già da alcuni anni ha fatto la scelta che sto facendo io in questi mesi, di dedicarsi alla poesia non solo nella scrittura ma anche attraverso la pubblicazione degli altri: è infatti il proprietario della Samuele Editore, Samuele dal nome di suo figlio. L'impegno che mette nella promozione della poesia e dei suoi autori è enorme ed ammirevole, e spesso i suoi rapporti editoriali si trasfmormano in vera amicizia. In una serie di foto che ho pubblicato un po' di tempo fa su alcuni autori conosciuti quando sono salito in Carnia per un festival di poesia lui manca. Era troppo schivo per posare.
Oggi pubblico questa poesia, e linko QUI la pagina del suo blog da cui è presa e che contiene una serie di versi nello stesso mood. Chi mi conosce e ha letto il mio Viva Catullo immaginerà facilmente che non potevo restarne insensibile.

sabato 2 novembre 2013

lou reed e l'amore - anime in fuga

Due canzoni proposte in uno scambio fra due diversi autori, all’insegna dell’amicizia e del rispetto reciproco.
La prima, The power of the heart, scritta da Lou Reed nel 2008, viene reincisa nel 2010 da Peter Gabriel in un suo album di cover, Scratch my back. È un pezzo in cui, come ha acutamente osservato Paolo Vites su questo blog (QUI), Lou sembra voler ripercorrere le strade battute di Bob Dylan nel periodo Nashville Skyline, cioè di una rigenerazione del cuore attraverso il rinnovato contatto con il mondo campestre. Quest’idea, ancor più che nell’onirica versione di Reed, è evidente in quella più classica, orchestrale che ne fa Peter Gabriel, che non per nulla si accrediterà il plauso del suo autore.



Nel 2011 Lou Reed ricambia il favore a Gabriel incidendo una cover di uno dei suoi primi singoli, Solsbury Hill (QUI per sentirla). Il pezzo, scritto da Peter Gabriel subito dopo che aveva lasciato i Genesis è l’autoritratto di un uomo al bivio della vita, ma che vive però questa scelta in maniera positiva, costruttiva ed energica, per quanto vagamente malinconica. Viene riletto da Reed in chiave chitarristica e rimane una delle ultime e più convincenti registrazioni, pregno com’è di un alone ultraterreno, molto più notturno e inquieto dell’originale. In tutto e per tutto è il disco di un uomo che guarda alla sera che avanza ma non pensa al nuovo mattino, piuttosto al buio che di lì a poco pervaderà il cielo.



Un bell’articolo in proposito è stato scritto da Claudio Todesco e lo trovate QUI.

passa il corteo

venerdì 1 novembre 2013

lou reed e l'amore - laurie

PER LOU REED

Ai nostri vicini:
Che autunno meraviglioso! Tutto luccica e splende come oro e tutta quell'incredibile morbida luce. L'acqua ci circonda.
Lou e io abbiamo passato molto tempo qui negli ultimi anni, e anche se siamo gente di città questa è la nostra casa spirituale.
La settimana scorsa avevo promesso a Lou di portarlo fuori dall'ospedale per tornare a casa, a Springs. E l'abbiamo fatto!
Lou era un maestro di tai chi e ha passato i suoi ultimi giorni qui, felice, abbagliato dalla bellezza, e dalla forza, e dalla dolcezza della natura. È morto domenica mattina guardando gli alberi e facendo la famosa posizione 21 del tai chi, con le sue mani da musicista che si muovevano nell'aria.
Lou era un principe e un combattente e so che le sue canzoni sul dolore e la bellezza del mondo riempiranno molta gente dell'incredibile gioia che aveva per la vita. Lunga vita alla bellezza che scende, attraversa e si impadronisce di tutti noi.

Laurie Anderson
moglie innamorata e amica eterna

martedì 29 ottobre 2013

lulu e la visione

Due frasi mi vengono in mente pensando a Lou Reed in queste ore. Un commento letto su un blog (non ricordo di chi) che diceva più o meno “Molti sono i chiamati, pochi gli eletti. Lou Reed era un eletto”.
E poi questa: “Non è che non voglia suonare le vostre preferite, è che ci sono così tante preferite tra cui scegliere” immortalata nel live Take No Prisoners. Era un invito ad abbandonare quel sentimento di nostalgia inutile e spesso dannoso per un artista, che spinge il pubblico a tornare sempre sui soliti tre-quattro pezzi famosi di un repertorio. Nel caso di Reed il fatto che ci fossero già allora (quando ancora la sua immagine era quella di un tossico dai gusti sessuali assai discutibili) così tanti classici da rendere difficile la scelta era solo la prova della sua grandezza come autore di canzoni.
Non si può combattere col cuore, e in queste ultime ore, saputo della sua morte, migliaia di fan o semplici affezionati in tutto il mondo sono tornati più volte sui soliti tre-quattro pezzi, Perfect Day, Wild Side, Sweet Jane ecc. Non so quanto Reed, innovatore e soprattutto rompipalle come pochi, avrebbe apprezzato la scelta, però l’affetto disinteressato di così tante persone lo avrebbe di sicuro commosso, lui che per tutta la vita aveva combattuto per ottenere un po’ di quell’affetto.
Quanto all’autore di questo blog, da sempre devoto alla sua opera, mi piace qui ricordarlo attraverso l’ultimo dei suoi lavori, il controverso Lulu, basato sull’opera teatrale del tedesco Frank Wedekind e messo in musica insieme ai Metallica. Lo faccio proprio in onore del suo gusto per la provocazione.
Quando uscì questo disco difficile, lungo, urticante, fece incazzare davvero tutti, e così trovo adesso molto ironico che l’ultima opera discografica di Lou Reed, rimanga proprio questo affondo musicale nei territori dell’heavy metal. Quando uscì, Reed disse in più di una intervista che non c’era nulla di nuovo per lui, ma duro è duro da sentire tutto (87 minuti), né c’è la minima concessione ai gusti del pubblico.
Eppure, chi già seguiva Reed sapeva che negli ultimi anni i territori musicali da lui esplorati si erano fatti sempre più complessi, andando a ritroso dall’ambient di Hudson River Wind Meditations alle rivisitazioni live di album “difficili” come Berlin e Metal Machine Music, fino al capolavoro letterario di The Raven, omaggio all’opera di Edgard Allan Poe e per certi versi gemello “buono” di Lulu.
Forse Lulu, rispetto al romanticismo letterario di The Raven aveva fatto un passo in avanti, oppure indietro, a seconda del punto di vista da cui lo si guarda. Musicalmente è meno piacevole, eppure nel suo estremismo rimane un’opera d’arte assai più coraggiosa e rivelatrice della sua visione del mondo. Lo spirito dei nostri tempi, espresso nel suo ultimo lavoro, è rabbia frustrazione e rumore, sesso senza gioia, amore senza eleganza.


Purtroppo manca quell’affetto spontaneo, contenuto nel gesto delle migliaia di persone che in questi ultimi giorni hanno fatto dondolare, ancora una volta, la testa riascoltando Sunday Morning o uno degli altri suoi classici, ma quel tipo di visione consolatoria a Lou Reed, proprio perché un eletto, era preclusa dalla nascita.

i gattini

Poco dopo la tua morte due gattini randagi, grandi poco più della mia mano, hanno scelto il nostro giardino come casa. Dormono stretti per scaldarsi e si azzuffano come matti per il cibo. Sono sempre affamati e sempre insieme, indistinguibili e necessari l’uno all’altro come due gemelli. Tutti abbiamo bisogno di una spalla, penso. La tua mi manca sempre.

domenica 27 ottobre 2013

svanire



It must be nice to disappear, to have a vanishing act
to always be looking forward and never looking back.
How nice it is to disappear, float into a mist
with a young lady on your arm, looking for a kiss.

Dev’essere bello scomparire, avere la capacità di svanire
andare sempre avanti e mai guardarsi indietro.
Com’è bello scomparire, fluttuare nella nebbia
con una giovane dama al tuo braccio, cercandole un bacio.

sabato 26 ottobre 2013

350 lire

Luca mi regala una vecchia copia di un classico dell’hard boiled americano, La giungla di asfalto di William Burnett, edizione Oscar Mondadori, anno 1965, prezzo di copertina 350 lire.
Leggo con commozione il risvolto di copertina: “Gli Oscar sono i libri per gli italiani che lavorano: per gli operai, per i tecnici, per gli impiegati, per i funzionari, per i dirigenti, per i professionisti, per gli studenti, per la famiglia, per tutti i membri attivi e informati della società.”
Tutti equiparati di fronte ai libri, tutti sullo stesso piano, perché tutti avevano la possibilità di acquistare i volumi: ho fatto il calcolo e 350 lire del 1965 sono circa 3,20 euro di oggi.
Continuo a leggere il risvolto: “Il prossimo volume degli Oscar: Il diavolo al Pontelungo, di Riccardo Bacchelli.”
Sfoglio gli altri titoli della collana, non ce n’è uno solo brutto o insignificante, Hemingway, Cassola, Sartre, Buzzati, Steinbeck, Gogol, Saroyan, il meglio della letteratura internazionale a poco più di 3 euro. Proprio come succede in molti paesi dell’Europa dell’Est, dove i libri si vendono, l’Editoria non ristagna.
Ecco a cosa penso quando parlo di cultura del libro. Peraltro un discorso redditizio, visto che la Mondadori sulla collana degli Oscar ci ha costruito un impero.
I tempi sono cambiati, e in peggio. Non si legge più, si pubblicano troppe porcherie, a volte a prezzi assurdi, che hanno definitivamente allontanato le persone dalla realtà. Chi dice che i libri non abbiano alcun nesso con la vita sbaglia di grosso, mente sapendo di mentire.
Ma cos’è successo? Com’è stato possibile? Chi lo ha permesso?
Io so i nomi dei responsabili. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so, perché sono uno scrittore, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.

venerdì 25 ottobre 2013

il cantautore

Sono un uomo che non fa più miracoli
né spera che l’amore o l’amicizia
possano salvarlo dall’urgenza della fine.
Non c’è fede né futuro, i grandi
scrittori non pensano che a edificare
ponti palazzi rubare il mestiere
agli architetti ai politici. Io mi tengo
a galla con fatica o più semplicemente
mi piace definirmi un cantautore
senza chitarra né voce, ancora più stonato.

mercoledì 23 ottobre 2013

con rima semplice

Ci sono fiori che andranno a male con le piogge
altri seccheranno per il sole.
Il mio amore no, sta fermo al centro del giardino
i suoi colori fatti di sale, i petali di pane senza lievito.

martedì 22 ottobre 2013

la fine di un sogno

basta

“Non ne posso più di sentire parlare di PD, di rottamazione, di Matteo Renzi e di Pippo Civati, di giovani, di Letta e di D'Alema, di quel mafioso di Napolitano, della vera sinistra e della finta sinistra, di quelli che stanno dalla parte della gente e poi stanno solo dalla loro, non ne posso più! Abbiate pietà di me, non ne posso più! È tutto chiaro, è tutto evidente, è tutto palese! Basta, basta basta!”

[cit. tipo con barba che scrive cose inutili e se la tira un sacco]

domenica 20 ottobre 2013

us and them


Ascolto le dichiarazioni di Alfano in tv (sugli scontri di piazza durante le manifestazioni di protesta a Roma), e mi rendo conto di come ormai si sia passato il segno. Ormai, se ci fate attenzione la formula ricorrente nelle dichiarazioni ufficiali è: “Stato contro chi non rispetta le sue regole”, come per rimarcare un confine netto, definitivo. Non più popolo, né Italia, ma Stato: impersonale e blindato.
Prima, per un breve attimo, siamo stati noi ad additarli sdegnati e definirli Casta. Ma loro sono stati più furbi, più bravi, più duri, hanno rivoltato la frittata e ora è lo Stato che non ammette più noi, intendendo per “noi” qualsiasi voce contro. Noi e loro, noi contro lo Stato.

venerdì 18 ottobre 2013

una giornata

perduta nell'attesa di qualcosa ancora una.
Niente capita per caso
ma non essendoci più il caso a governare
– per mia scelta – la mia vita squilibrata
niente capita più e basta.

reato di libertà di pensiero

L'idea di istituire il reato di negazionismo, punibile dai 5 ai 7 anni di carcere, mi pare la prova più evidente che le destre, quelle pure e dure, stanno tornando al potere, segno che i tempi cambiano, ma in peggio. È sempre così: prima fanno una battaglia all'apparenza etica, appoggiandosi a opinioni e sentimenti diffusi, di facile presa sul pubblico (vedi le botte intorno al carro funebre di Priebke, episodio tristissimo di inciviltà senza scopo), per istituire un reato che sotto sotto è contro la libertà di pensiero, poi ti diranno cosa devi pensare e se non lo pensi rientri prima ancora di accorgertene nel suddetto reato, e senza nessuna distinzione fra te, i negazionisti, gli immigrati, gli zingari, i gay ecc.
Più nazista di così quest'emendamento non potrebbe essere.

questa è una sedia


Linko QUI un articolo molto intelligente, a firma di Guido Cupani, sulla più classica delle domande: cos'è poesia (l'arte in genere) e a che serve?

martedì 15 ottobre 2013

half of what i say...

Uno degli ultimi lavori discografici di Bill Frisell, chitarrista americano fra i più grandi in circolazione, è del 2011 e riguarda una rivisitazione del songbook lennoniano. Il disco si intitola All we are saying ed è bello, secondo me, perché è uno di quegli omaggi che danno nuova linfa a un lavoro creativo ma col massimo rispetto, senza necessariamente doverlo snaturare per tirarne fuori il tuo messaggio.
Qui pubblico un live tratto dal tour di promozione di quel disco, a La Villete Jazz Festival del 2012, consigliato soprattutto a coloro che ritengono che John Lennon fosse, anche musicalmente, qualcosa di più un autore di canzoni pop. I pezzi richiedono un pizzico di concentrazione in più rispetto agli originali, ma nemmeno troppa. Dalla seconda metà del concerto poi la musica diventa superlativa, in particolar modo nella fusione magica, fluttuante di In my Life e Strawberry Fields Forever, pezzi centrali dell'opera e del cuore di Lennon, e della storia musicale del secolo passato.



List: You've Got To Hide Your Love Away; #9 Dream; Come Together; Julia; Please Please Me; In My Life; Strawberry Fields Forever; Imagine

Bill Frisell: guitar; Greg Liezs: pedal-steel guitar; Tonny Scherr: bass; Kenny Wollesen: drums

lunedì 14 ottobre 2013

nymphomaniac


Traggo la notizia dal sito oltreuomo.com. Vi si parla della prossima uscita di questo discusso film di Lars von Trier:

“Finalmente potremo andare a vedere un porno al cinema usando la stessa scusa che inventiamo quando andiamo alle mostre di Helmut Newton: sono un intellettuale.
Di Nymphomaniac usciranno due versioni, una soft e una hardcore ma se andate a vedere la prima delle due e come non leccarsi le dita dopo aver mangiato le Fonzies.”

Ecco, volevo aggiungere, lo sanno tutti che gli intellettuali sono per deformazione dei segaioli impenitenti, così, se fossi in voi, andrei a vedermi la versione hard, ma poi eviterei di leccarmi le dita.

trappola per topi

domenica 13 ottobre 2013

mediterraneo


Parlavo con una mia amica poco fa. Ha qualche anno più di me e mi raccontava della storia della sua famiglia, nonna turca, nonno sardo, incontratisi su un'isola greca durante la campagna di colonizzazione italiana della Libia, e poi trasferitisi in Puglia. Parlavo con lei e mi rendevo conto di come tutta questa paura dell'immigrazione (definita da qualcuno un reato) sia in realtà una stronzata grossa come una montagna, nata dall'egoismo e di alcuni e fomentata dall'ignoranza dei più. Gli spostamenti di gente nel Mediterraneo, i flussi di interi popoli ci sono sempre stati, molto prima dell'idea stessa di Europa, e hanno determinato i mutamenti della Storia, ciò che siamo oggi. I mutamenti comportano sempre sacrifici, ma negarsi la possibilità di cambiare, di rinnovarsi equivale ad ammette la propria volontà di escludersi dal flusso della vita e quindi di morire.

incipit per un racconto che non verrà mai scritto

Non siamo noi a viaggiare ma solo i sentimenti. Stiamo fermi a guardarli andare per il mondo e ad aspettare che rientrino, e se fanno tardi poi ci preoccupiamo.

sabato 12 ottobre 2013

due pesi senza misure

12 ottobre. Muoiono 36 negri e 1 nazista, e nessuno al mondo vuole prendersi la responsabilità dei loro corpi. I morti in quanto morti sono tutti uguali, ma qualcosa nel conto dei morti non torna: la loro somma è sempre uguale a zero.

venerdì 11 ottobre 2013

passare sulla terra

Sono convinto, Lucas, che ogni essere umano è nato per scrivere un libro, per nient'altro. Un libro geniale o un libro mediocre, non importa, ma colui che non scriverà niente è un essere perduto, non ha fatto altro che passare sulla terra senza lasciare traccia.

(Agota Kristof, da Trilogia della città di K.)

monumento ai caduti

martedì 8 ottobre 2013

tenersi in luce

Mi scricchiola il corpo quasi una vecchia casa
che regge di quest’acqua il peso. A due a due
a tre a quattro vengono come sull’arca
a ripararsi gli insetti, invadono il tetto
dal giardino, intasano le porte le finestre
aperte. Spalanco le mie braccia come posso
muri per difenderli dal tempo dalla storia
che impietosa li guarda trascinarsi sul ventre
zampettare verso l’asciutto, tenersi
il più possibile in luce per non venir pestati.

domenica 6 ottobre 2013

dalle porte del sonno

L’idea per questo pezzo è nato alcune sere fa, mentre non riuscivo a dormire, come ogni tanto mi capita e, per passare il tempo, cercavo su youtube un pezzo dei Fugazi fra i miei preferiti, I’m so tired, contenuto in Instrument Soundtrack, del 1999. I Fugazi sono una band alternativa di Washington, fra le più influenti degli anni ’90, che da alcuni anni non è più in attività, e praticano un genere parecchio aggressivo, definito post-hardcore, ma I’m so tired mi piace in particolar modo proprio perché non c’entra nulla con quel sound, è una lenta ballata pianistica, cantata in solitudine da Ian MacKaye, fondatore del gruppo e suo leader insieme a Guy Picciotto, scritto in uno di quei momenti in cui l’ansia e l’insonnia prevalgono sulla notte. La sua voce arranca nel fango, alla ricerca di uno spiraglio di luce.
Di lì a un paio di anni i Fugazi avrebbe sospeso qualsiasi attività musicale, i suoi membri avrebbero intrapreso altri progetti solistici e questo pezzo così malinconico pare quasi annunciare, in privato, quella fine mai realmente annunciata.



È stato dunque così, per caso, che mentre cercavo I’m so tired dei Fugazi, ho trovato Sleep rules everything around me, dei Wugazi, che sembra quasi integrare e amplificare il discorso, spostandolo su un livello meno esistenziale e intimo ma più duro, quasi epico, spietato, fortemente calato nella realtà urbana e razzista di una metropoli, New York, vista attraverso gli occhi di un nero. Il brano apre 13 Chambers, del 2011, primo e (ad oggi) unico disco dei Wugazi, al secolo Cecil Otter e Swiss Andy, ovvero i nuovi araldi di un genere nato una decina di anni fa e definito molto simpaticamente bastard pop.
Cos’è il bastard pop, di che si tratta? È un’operazione di mashup, molto vicina a certe contaminazioni dell’hip hop ma anche agli esperimenti di musica concreta della prima metà del 1900, in cui si fondono insieme alcune parti o frammenti di due (o più) brani musicali per ottenerne un terzo. Per un certo periodo è stato un genere abbastanza diffuso, tanto da meritarsi addirittura una trasmissione su MTV. Poi è un po’ finito nell’ombra, fino alla recente uscita di 13 Chambers, dichiarato omaggio alla musica dei Fugazi e del gruppo rap Wu Tang Clan di New York, dalla fusione dei cui nomi nasce la sigla Wugazi.



Tornando indietro, alle sue origini, il primo capolavoro assoluto del bastard pop, e quello che rimane ancora oggi il miglior esempio di quel genere è un album del 2004, il Grey Album di Danger Mouse, musicista e produttore statunitense fra i più noti, che fondeva insieme frammenti sonori e loop musicali del White Album dei Beatles con le parti vocali dell’assai più arrabbiato Black Album del rapper Jay-Z. Realizzato in clandestinità e diffuso illegalmente sul mercato, il Grey Album di Danger Mouse conquistò subito l’attenzione del pubblico, scatenando l’entusiasmo degli stessi Paul McCartney, Ringo Starr, e di Jay-Z, e al contempo le ire delle loro case discografiche, che fecero di tutto per censurarlo, senza mai riuscirci.
Da un certo punto di vista la cosa è affascinante, perché a ben vedere i Beatles, anche per merito del Grey Album, sono stati in assoluto il gruppo più saccheggiato dal genere bastard pop, e ci sono svariati dischi in cui il loro lavoro viene fuso con quello di altri gruppi, soprattutto nell’ambito del rap. A tal proposito McCartney, in una intervista del 2011, si disse “onorato” dalla cosa, rimarcando come i Beatles avessero spesso rubato alla musica nera degli anni ’60 e come vedesse in questo tipo di furto al contrario la perfetta chiusura del cerchio.



Tornando al disco dei Wugazi, io non ho nessuna prova a sostengo di questa mia affermazione, anzi, potremmo definirla la classica visione da fan, ma mi sono fatto l’idea che, in un certo senso, la loro scelta di utilizzare Sleep rules everything around me per aprire il loro disco, sia un omaggio trasversale al Grey Album, proprio attraverso il legame sotterraneo che c’è fra bastard pop, rap e Beatles. I Fugazi, come gruppo, sia per sonorità che per contenuti non hanno nulla da spartire coi Beatles, se non fosse che la lenta ballata di MacKaye, in effetti, non ha nulla a che fare coi Fugazi. È un pezzo che, oltre a discostarsi dal loro solito sound, ha per spirito e persino nel titolo un chiaro riferimento al brano omonimo dei Beatles, I’m so tired, contenuto proprio nel White Album, ed espressione di un momento molto particolare della vita di John Lennon, in ansia a tal punto da farsi venire delle crisi di insonnia: di lì a poco avrebbe annunciato al mondo la sua relazione con Yoko Ono, e poco dopo sarebbe venuta la fine della sua collaborazione coi Beatles.



Quelli di Lennon e MacKaye sono due brani molto simili nelle intenzioni come nell’atmosfera. Per riprendere la definizione usata dal critico Geen Lees per la musica di Bill Evans, possiamo definirli “lettere d’amore scritte al mondo da qualche prigione del cuore”. Magari quella di Lennon è più ironica e mossa, ma entrambe generano fantasmi. Va detto che quella sorta di viaggio in una terra indistinta fra sogno e veglia, alla ricerca del proprio io più nascosto, è in realtà uno dei motivi fondamentali della poetica di Lennon. Andando a ritroso attraverso pezzi come Strawberry Fields Forever o I’m only sleeping, si può arrivare al suo primo capolavoro autobiografico, Help!, che proprio del principio di quel viaggio parla, dalle porte appena spalancate del Sonno.
Ascoltando un demo del 1970, in cui cerca di riportare il brano al tempo originale in cui lo aveva composto (prima che esigenze commerciali lo rendessero più ammiccante, velocizzandolo) si ritrova nel suo grido scomposto, nel suo lento trascinarsi nel buio alla ricerca di una via d’uscita, la stessa ansia e paura del brano di MacKaye, nessuna differenza fra i due. Dimostrazione di come un lungo filo sottile possa stendersi, anche nella più completa diversità della voce, fra i cuori degli uomini soli.

giovedì 3 ottobre 2013

se c'è

Il segreto di questa canzone l’ha rivelato lo stesso Venditti, mi pare durante una intervista televisiva, quando disse che in origine voleva scrivere un pezzo che cantasse: “Ci vorrebbe un compagno”. Poi, però, cambiò idea, perché voleva qualcosa di meno politicizzato, di più adeguatamente intimo e personale. A me a pensarci viene da ridere, perché, come dico sempre io, nel mio dialetto non c’è nessuna differenza fra amico e compagno, sono la stessa cosa. Anzi, il compagno (u cumpagne) è un amico più forte, perché non lo è solo di partito, ma di vita e di avventure. Uno, insomma, che non ti lascia mai solo. Se c’è, lì tutto torna, pure Venditti.

lunedì 30 settembre 2013

e se ottobre incontrasse maggio...

E se ottobre incontrasse maggio
e la temperatura salisse ai
margini dell’estate
confondendo l’inverno
non sarebbe la chiusura perfetta
del cerchio la prova
che il tempo può sconvolgere il cuore
e ridare ragione alla speranza?

sabato 28 settembre 2013

per te le canzoni non valgono

“Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”
recita la canzone. Vorrei poterlo dire per consolarti
ma non è così. Da te non nascerà un bel niente.
Sei solo uno stronzo cacato sull’asfalto, senza radici.
La gola piena solo di te. Senza più amici.

dov’è il nemico

Ci sono volte che penso che tutta questa storia dell’omofobia sia solo una scusa, che certa gente non picchia o discrimina i gay solo perché sono “gay”, ma più che altro perché ha bisogno di un nemico, qualcuno da odiare e accusare, su cui riversare i propri peggiori istinti. Ne siamo affetti tutti, poi ognuno sceglie i suoi nemici. A volte tocca ai gay, ma se non ci fossero loro quella gente verrebbe a picchiare me perché sono ateo (oppure perché porto gli occhiali), così come se la prendono con gli africani che arrivano sui gommoni a rubarci il lavoro, o con quelli che mangiano o non mangiano carne, o che sono per l’aborto, o contro la violenza sulle donne, o che credono ancora a una sinistra e a una destra senza passare dal centro. Io personalmente odio con tutto me stesso chi abbandona gli animali, e i presuntuosi: quelli che pensano di saperne più degli altri, e ancora quelli che invece sono affetti da ciò che chiamo la “presunzione dell’ignoranza”: gente che meno sa e più è contenta, gli basta qualcuno che gli dica cosa fare. Magari non li picchierei, ma solo perché non ho la giusta dose di rabbia per realizzare certe mie visioni. Mi frega l’indolenza insomma, un altro motivo per picchiarmi.

a dario

A Dario una quartina senza meta
per lui di cui rimangono due fogli
poesie scritte per me e ancora oggi
notizie della morte di suo padre.

venerdì 27 settembre 2013

una bella giornata

Pierluigi Cappello è un grande poeta, ma soprattutto è una persona rispettabile. Da poco sono usciti per Rizzoli il suo primo romanzo e la raccolta di tutte le sue poesie. Oggi, a Udine gli hanno dato una laurea honoris causa in Scienze della formazione primaria e io mi sento felice. Per una volta, dopo tanto tanto tempo, si riconosce il fatto che con la poesia si possa fare cultura attiva, e ancora di più che l'onestà e l'integrità intellettuale hanno uno spazio, per quanto piccolo, nelle università, sui canali di informazione e persino nel cuore del pubblico. È davvero una bella giornata.

giovedì 26 settembre 2013

caffè in piazza

Se avessi dato retta a mio padre
invece che scrivere versi
(ma preso diploma da geometra
poi posto al Comune
chiedendo favori opportuni
al cugino assessore) adesso
invece che poetare in piazza sulle scale
aspettando nel sole uno stronzo
che m’offra un caffè
me ne stavo in ufficio a lavoro
a grattarmi beatamente lo scroto
come in tutti gli uffici del globo
fiero di me e del mio penare
dietro a un salario di fame
senza più l’ansia di un domani
ancora non accatastato. Amaro caffè
invecchiato.

mercoledì 25 settembre 2013

per cappello

Fratello, non so più che ci spinga alla vita
né riesco a inventarmi vie d’uscita
dal dubbio se il risveglio sia meglio
del sonno o solo un imbroglio protratto
un pochino più a lungo. E scrivo.
Ma non ho da opporre che un No
a questo gioco e No è poca cosa sul piatto
già quasi un assaggio di vuoto.

martedì 24 settembre 2013

ripostiglio per le stelle

the happiness project

Nella scia di un certo sperimentalismo wyattiano, The Happiness Project è uno di quei dischi che, con molta semplicità, si può definire belli. Alla sua base sta la molto poetica convinzione che la felicità è racchiusa nella voce delle persone che amiamo, nel modo in cui muovono le labbra e ne fuoriesce un suono unico, ma imitabile, capace di indirizzare il cuore. L’idea nasce all’autore dalle esperienze della sua infanzia, e dal particolare rapporto che aveva con suo padre, cieco. Charles Spearin, polistrumentista canadese, attraverso la sua musica cerca di catturare il suono e la magia nascosta nella voce di alcune delle persone che ama o che danno un senso alla propria vita. Confesso che non conoscevo l'autore. Ho scoperto il suo primo e unico disco (registrato fra 2007 e 2008 e pubblicato nel 2009) solo stamattina e l'ho già sentito due volte. Come ogni buon concept, va ascoltato nella sua interezza per essere compreso appieno, ma ne vale la pena. Lo consiglio a tutti, consapevole che non tutti riusciranno a penetrarlo. Provarci però non costa nulla. E poi, il progetto della felicità, qualche volta, richiede anche sacrifici.

giovedì 19 settembre 2013

quasi 40

Sono nato nel 1977. Ho 36 anni, ma con gli amici per scherzo dico che ne ho quasi 40. Il primo ricordo che ho della mia infanzia riguarda un mio compagno d’asilo che ingoia una moneta e poi viene portato d’urgenza in ospedale. Forse è per questo, mi dico, che ho un pessimo rapporto col denaro. Un altro ricordo molto vecchio che ho riguarda un disegno che feci alle elementari. Il disegno rappresentava un uccellino in gabbia. Era molto bello, mi dissero, così bello che la maestra e tutta la classe mi fecero l’applauso e io pensai, pieno di orgoglio, che forse quello era il mio destino.
Avevo talento per il disegno, ho studiato, ho fatto anche delle mostre. Oggi che sono sempre stanco, e sovrappeso, quasi calvo e la mia barba non è più tanto lunga, uno potrebbe anche non crederci, ma c’è stato un lungo periodo della mia vita in cui le mie giornate erano tutte a colori e non solo in bianco e nero, ed ero bellissimo, magro come un chiodo, e portavo barba e capelli lunghissimi.
Barba e capelli, a ripensarci, li portavo così per un motivo. L’ho capito tardi anche se era facile: volevo assolutamente non assomigliare ai miei, a mio padre, a mio nonno, non ereditare le loro debolezze, le loro fisse, la riservatezza che si sfalda in risata se sono in imbarazzo.
Più crescevo, invece, e più gli assomigliavo. Per quanto lo negassi ero la loro copia fotostatica, e nascondevo il viso sotto la barba. Ma la natura, la forza genetica che ci accomuna persino nel cadere dei capelli, alla fine ha vinto: mi guardo allo specchio e nelle occhiaie frutto dell’insonnia rivedo quelle un po’ più grigie di mio padre. Non si sfugge.

berlinguer era una brava persona

Lo dice mio padre di là, mentre si scalda. Lo ascolto mentre parlano male, lui con un amico, dei politici di oggi e del discorso di Berlusconi di iersera. Discorso che sinceramente non ho nemmeno visto. Non me frega nulla di Berlusconi, né di Berlinguer, lo ammetto, ma quella frase mi fa sorridere, mi scalda il cuore, perché l'ho sentita per tutta la vita da mio padre, e ormai per me ha il sapore della mia infanzia.

mercoledì 18 settembre 2013

poesia per persone sole

Vorrei esserti padre e madre
fratello, il gatto e il nonno
vicino e spalla, compagno
fidato e confessore, oppure l’altro
per proteggerti dal freddo
di certe sere, da questa luna
cieca che affila le sue unghie
sopra i tetti, dalla solitudine
stanchezza, dal desiderio
che uccide l’amicizia e si fa
carne sanguinante, cuore e cazzo
gratitudine per te che mi resisti
e cresci nella lotta d’amore
ascolti il pianto delle notti
e condividi comuni passioni
doni, perversioni fatali
un disco per ballare fino a tardi
anche distanti. La tua forza
nel mio abbraccio stupido
ché sai che quando dico
t’odio io ti amo, quando dico
t’amo t’amo ancora. Quando dici
sono io sono con te.

martedì 17 settembre 2013

coleman in coleridge

Sposa mi manchi il tuo vestito rosso
tuttora infiamma nel mio occhio
d’ospite più atteso al matrimonio
non avrei dovuto abbandonarti
voltando le spalle alla tua casa
per dar retta ai consigli d’un pazzo
ricordo il giorno areonautico in cui nuda
sul parapetto attese per la pioggia
il ventre teso come un tamburino
lei cantò e attese di bagnarsi
ascoltata la sua voce persi la testa
per quel suono l’ho stregata con lo sguardo
l’ho presa sul suo velo ed ora
mi manchi quando s’oscura il cielo
lei mi ha scritto da Belfast dove alleva bambini
lancia bombe agli inglesi e ti manda i suoi saluti
potrei essere impiccato in qualsiasi momento
l’albero della fortuna è lì che aspetta
ho mentito a me stesso per tornarmene a casa
ho aperto la cassa e ho scoperto una pipa
vorrei solo accertarmi che tu m’abbia amato
vorrei dimenticare il tuo lutto violento
sposa mi manchi mi manca il tuo vino
lascia stanotte che pensi
e improvvisi per te ricambiando
il mio assolo di sax a Picasso

(Agosto 2002)

lunedì 16 settembre 2013

angelo e mosca

A dispetto delle apparenze o dei referti lasciatici in foto sparse o nei suoi versi, si sa come Montale fosse essenzialmente un pigro ed un pettegolo senza pentimenti, e avesse una bella risata luminosa e sottile, singhiozzante come il canto degli uccelli all’alba. La contraddizione lo pervadeva, fu ostinatamente avverso al Regime e allo stesso tempo di temperamento ironico, pronto alla burla e allo sfottimento più o meno giocoso, altro che il burbero solitario e integerrimo, che molti immaginano.
Anche per quanto riguarda i suoi amori, nonostante abbia raramente toccato la piena felicità, si sa che furono tanti e disparati, che nella sua costante ricerca di un punto fermo a cui aggrapparsi riuscì a disegnare intere costellazioni di percorsi sentimentali capaci di spalancare la comprensione dell’universo, passando con maggiore o minor coinvolgimento da una donna all’altra (Esterina, Gerti, Dora, Paola Nicoli), molte delle quali poi salvate, come schegge, suggestioni, senza un ordine preciso, nel libro Le Occasioni. Si sa che il più grande di questi amori, Irma Brandeis, ebrea fuggita in America durante le persecuzioni naziste, venne trasfigurata ne La Bufera, per il potere immaginifico della poesia, nell’angelo sterminatore Clizia, venuto a far giustizia della Storia, e tanto più grande perché, oltre ad essere spietata, era anche inafferrabile: altro suo nome era infatti Anguilla.
Di questo complesso rapporto ci rimane un carteggio pieno di risvolti dolceamari che svela la vigliaccheria del poeta ad abbandonarsi completamente all’amore, i suoi calcoli e i suoi timori che gli costarono la più grande delusione della sua vita: Irma, che gli chiedeva di lasciare l’Italia e partire con lei in America, di fronte ai tentennamenti di lui, lo lasciò. Lui in Italia aveva già una compagna, Drusilla Tanzi, detta Mosca, che riuscì a legarlo definitivamente a sé minacciando il suicidio. Montale poi dedicò a Drusilla la sua poesia più bella (a mio avviso), Ballata scritta in un clinica, cronaca sottintesa di un amore allo sfascio, e allo stesso tempo trasfigurazione di uno sfascio più grande, storico, cui solo l’affetto pone rimedio. Ma Mosca, con la sua morte, ispirò anche una serie di poesie domestiche splendidamente accorate che aprivano Satura e che poi ispirarono le gelosie di Volpe, Maria Luisa Spaziani, poetessa a lungo amata ma senza speranze (almeno a detta di lei) da Montale.
Lei era Volpe, diceva, non un insettucolo fastidioso come Drusilla, che comprensibilmente mal sopportava. E Montale? Montale, diceva, era tirchio, bugiardo, incapace di tutto (di nuotare, di guidare una macchina, persino di andare in bicicletta o capire la differenza fra una rosa e una violetta) eppure proprio per questo, nel suo genio senza mediazioni, nella sua continua volontà di sapere e nel suo cinico candore di fronte alla vita, splendido.
Così la moglie venne ridotta a uno spettro minuscolo e ronzante, commovente nella sua fragilità e inadeguatezza, mentre l’amante a una sinuosa e affilata predatrice, fiera di sé ma pur sempre una predatrice di pollai. Nulla a che vedere, comunque, con l’angelo nero Clizia o ancora con Arletta (o Annetta), suo primo innocente amore, cui sono dedicate molte delle sue ultime poesie e soprattutto quella posta, per sua stessa volontà, a chiusura della sua opera poetica, Ah!, inno elegiaco alla chiusura del cerchio, alla chiusura di una vita e di una scrittura continuamente in bilico fra cuore e universo.
Gli amori senili di Montale, invece, non hanno vita facile. Quello per Laura Papi, molto più giovane di lui, verrà richiuso dal poeta in manicomio, come per salvarlo attraverso la mediazione della follia, da qualcosa che più non gli competeva se non con un pizzico di commiserazione e ironia, nella suite Dopo una fuga, nelle ultime pagine di Satura. Mentre all’altro per Annalisa Cima verrà affidato, da pubblicare dopo la sua morte, l’ultimo suo libro, Diario Postumo, quasi che, traghettata attraverso le correnti del tempo, anche la sua poesia potesse per forza d’amore sopravvivergli.

domenica 15 settembre 2013

ritratto di mia nonna

cover lover


Se c'è un patrimonio estetico della seconda metà del '900, è quello legato alla grafica dei vinili anche dei fumetti in verità ibrido insuperato e perfetto fra vari linguaggi artistici.
BIRKA JAZZ (clicca qui) è un sito che ne raccoglie un'intera collezione, tutta legata al mondo del jazz e suddivisa per etichette discografiche: ovviamente ognuna ha una sua precisa cifra stilistica che la identifica rispetto alle altre.
Una collezione splendida, da guardare attentamente, con stupore e gratitudine.

sabato 14 settembre 2013

out on the weekend



Probabilmente non mi abituerò mai a sentire Neil Young che presenta Old Man come il suo "nuovo pezzo", ma alla fine che importa, è bella musica, che accarezza la pelle e che pubblico per un buon motivo che voglio condividere con voi. I più attenti dei miei amici si saranno accorti che sono stato "fuori" per un breve periodo, diciamo il tempo di un lungo weekend di distrazione dal mio blog o, come lo avrebbe chiamato John Lennon, un weekend perduto. Pubblicavo, ma pensando ad altro. Ora ho intenzione di tornarci più spesso, e di rimetterci il cuore (quello e fare un po' di sport sono i miei buoni propositi per l'inverno). Alla fine qui ci sto proprio bene, meglio che in qualsiasi altro posto. Questa è casa mia.

mercoledì 11 settembre 2013

lamento

Settembre
ricominciano le fitte
nella schiena
come pugnalate inferte
dal lavoro
quando a sera
ho spremuto le speranze
e non ho più
che luce negli occhi.
Settembre
mese mite e infame
che promette
sconti sul destino
e si perde
nell’afa di un ricordo
e sono appena
sono appena
11 giorni.

martedì 10 settembre 2013

epitaffio

Ecco, se muoio, mi piacerebbe che sulla mia tomba ci mettessero questo verso di Pierluigi Cappello:
“Nonostante tutto il tempo speso a sopravvivere, ho fatto delle cose.”

una rosa

Venti giorni fa ho messo una rosa nel bicchiere
sopra il tavolino vicino alla finestra.
Quando mi sono accorto che tutte le foglie
erano appassite e stavano per cadere,
mi sono seduto davanti al bicchiere
per vedere il momento che la rosa moriva.

Sono stato un giorno e una notte ad aspettare.

Il primo petalo si è staccato alle nove della mattina
e me lo sono fatto cadere nelle mani.
Non ero mai stato al letto di un moribondo
neanche quando moriva mia madre,
e io stavo in piedi, lontano, in fondo alla strada.

(Tonino Guerra, da Il miele)

domenica 8 settembre 2013

dev’essere difficile...

Dev’essere difficile
sentirsi madre di un poeta
guardare il male
che si arrovella in lui
senza più soluzione
e il bene che parla
ma in sanscrito
e perciò senza più effetto
che emerga dal buio.
La domenica specialmente
aggirarsi per le stanze
senza tregua
cercando quello che non ha
la sensazione
che si avverte da bambini
rifugiati nel lettone dei grandi.

martedì 3 settembre 2013

prospettiva

Si sono incrociati come due estranei,
senza un gesto o una parola,
lei diretta al suo negozio,
lui alla sua vettura.

Forse in ansia
o distratti
o senza più memoria
di essersi, per un breve istante,
per sempre amati.

D'altronde non c’è garanzia
che fossero loro.
Sì, forse, da una tale distanza,
ma da vicino per niente.

Li ho visti dalla finestra
e chi guarda dall'alto
sbaglia con più facilità.

Lei è sparita dietro la porta a vetri,
lui si è messo al volante
ed è partito in fretta.
Come se nulla fosse stato,
anche se qualcosa c’era stato.

Ed io, solo per un istante
certa di quel che ho visto,
cerco, con versi d’occasione,
di persuadere Voi, Lettori,
che fu triste.

(Wislawa Szymborska)

lunedì 2 settembre 2013

mi ha detto chinaski

Non ti puoi improvvisare scrittore.
Puoi imparare a scrivere.
Puoi avere del talento.
Puoi inventarti delle storie.
E aggiustarle per bene.
Ma essere scrittore è un’altra cosa.
Significa plasmare il mondo. È chiaro?
Se non ce l’hai lascia perdere.
Il mondo non ha bisogno di te.

venerdì 30 agosto 2013

la caccia delle anguille

Ecco come comincia così finisce
in un sussulto d’acqua
uno spasimo del cuore della mazza
per me battitore libero
ma immobile slegato
legato quando serve e muto
se non nel pianto se non nelle parole.
A che serve una risposta – ti capisco –
se incrociandoci nel traffico
perdiamo l’attimo il contatto
se la vera gioia si fa incontro fugace
fuga e poi ricordo che non tace.
Andrai vivrai sarai e io sarò per me
ci sfioreremo ancora lungo i vortici
che fanno le distanze attorcigliandosi
sul cuore. Avrai gambe sottili e veloci
la distrazione solita negli occhi
sarò in salute e forte
ancora un poco triste un poco audace
e mi dirai di te di come appena poco fa
leggevi una poesia le davi ascolto
le davi spazio in corpo
a causa mia. Mi chiederai di me
e ti dirò mentendo
che la vita senza te non è cambiata
continua mollemente ma crudele
e siamo soli – tu sei sposata –
né la caccia delle anguille è mai finita
mai nemmeno cominciata
sono anni che aspetto il loro arrivo
in armi esposto al vento alle maree
che arrugginiscono le giunte
e non imparo non metto radici. Invecchio
un po’ sul mento.
E tiro colpi contro i rami di passaggio
i relitti delle navi
le carogne dei cani trascinati a largo.

martedì 27 agosto 2013

ritratto con tenda

indifferenza e solitudine

Leggo una notizia su la Repubblica riguardante il papa che chiama una ragazza argentina vittima di stupro. Più della notizia, però, mi stupiscono i commenti dei lettori, che fanno a gara a chi dice la cosa più sarcastica o cattiva possibile contro il papa e quel suo gesto. Mi irrita qualcosa di questi commenti, perché partono tutti da una premessa di fondo, in cui il papa è in malafede e non gliene frega nulla della ragazza. Il punto è che, nella loro ansia di colpire Lui, anche loro rivelano una totale indifferenza verso la ragazza. Alla fine, insomma, fra giusti e corrotti, di questa poveretta violentata da un poliziotto e che ha chiesto conforto a Francesco scrivendogli una lettera, pare non importare proprio nulla a nessuno. E questo mi infastidisce non tanto per il papa, che in buona o cattiva coscienza almeno la cornetta l'ha sollevata, mi irrita perché il nuovo pubblico della Sinistra (che poi chiede a gran voce prese di posizione forti per i gay o l'aborto, ma in nome di chi?) si rivela in tutto e per tutto quello che è: cinico, furbo e non poco stronzo verso il prossimo, il che personalmente me lo fa sentire lontano. Ho sempre pensato che l'essenza del socialismo fosse la fratellanza, l'amicizia. Invece più vado a Sinistra e più mi sento solo. C'è qualcosa che non va.

lunedì 26 agosto 2013

incomprensibile

Potessero mai tradurti in note
direi che sei di Monk al piano solo
così semplice e gentile al suono
fra le dita incomprensibile.

domenica 25 agosto 2013

per poter scrivere

Uno deve avere soldi e una sedia comoda e due buone cuffie per isolarsi dal mondo, per poter scrivere. Potendo chiedere, anche una macchinetta del caffè. Una stanza tutta per sé, oggi, è già troppo lusso.

a volte a giudicare dal numero di gomme...

A volte a giudicare dal numero di gomme
che punteggiano le piazze e i centri storici
corrodono la pietra e spesso con fastidio
appiccicandosi alle scarpe ho l’impressione
che i bimbi del sud non siano che vitelli
figli di vacche e tori da monta addestrati
alla masticazione perpetua della gomma:
abituarli così alla sensazione del lattice
fargli capire da subito che sono nati
non per gestire il mondo ma solo ad abitarlo
trascinandosi intorno come manzi masticando parole
alimentando l’impero di sale dei dentisti.

giovedì 22 agosto 2013

amorale

Oggi mi hanno raccontato una storia di giustizia fatta in casa, di quelle che normalmente non passano al tg. È successo in primavera, in un paese qui vicino. C’è una famiglia che ha un cane da guardia e lo tiene alla fame, in modo da renderlo cattivo. Una vicina, preoccupata per le condizioni del cane, li denuncia per molestie sugli animali. Così le forze dell’ordine portano via il cane. Allora la famiglia, per la legge del taglione dove se “tocchi il mio animale io tocco il tuo”, prende il gatto della vicina, gli tagliano la testa e la appendono a un albero davanti alla casa di lei. Fine.
In questa storia, come si vede, non c'è nessuna morale.

domenica 18 agosto 2013

sabato 17 agosto, muore un amico...

Sabato 17 agosto, muore un amico
e a noi non rimane che una domenica per ricordarlo
e questo sole malato che ha svuotato la piazza
lasciando tutti stremati dopo un’altra
festa inutile, senza più musica ma chiasso
coi gradini dove una volta siedevamo
macchiati per sempre di rosso. Non c’è silenzio
necessario ai ricordi per dispiegare le ali
per ripetersi ancora una volta. Sulla lingua
la tua voce quando salivamo il corso e t’informavi
di me del mio lavoro, m’informavo io della salute
e mi dicevi ogni volta “sto bene, l'abbiamo presa
in tempo” e intendevi la vita.

ritratto di federico rossignoli



Costruisso chebe torno
al to corpo col me corpo
e anca ti te fa conpagno
par veder rugnar la bestia
serar de denti svodi.
Sbrissa via da la to lingua
la favela e resta el fià
drìo del batito del cuor
chel ne par corsa de bolpe
che la ga scampado el can.

Costruisco gabbie attorno/ al tuo corpo col mio corpo/ e anche tu fai lo stesso/ per vedere ringhiare la bestia/ serrare di denti vuoti./ Scivola via dalla tua lingua/ la parola e resta il respiro/ dietro al battito del cuore/ che sembra corsa di volpe/ che ha scampato il cane.

Cò te cavi le muandine
suade, le se intorgola
a mò de corona, finché
no le toca i piè par tera,
ndo che te speto: col far
de na nina che la soga
a canpana te le lassi
in drìo, cò un saltìn.

Quando togli le mutandine/ sudate, s'attorcigliano/ a mò di corona finché/ non toccano i piedi per terra/ dove ti aspetto: col fare/ di una bimba che gioca/ a campana le lasci/ indietro, con un saltino.

(Le poesie qui riprodotte, in veneto, sono opera di Federico Rossignoli).