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venerdì 7 febbraio 2025

tette e corpi

Devo essere sincero, non ho mai visto l'esposizione di così tante tette sui social, con conseguente sessualizzazione persino delle mentine per l'alito o della carta igienica, come da quando si è cominciato a parlare di movimento metoo e patriarcato, sembra quasi che più le donne lottino contro il patriarcato e la sessualizzazione del corpo, e più tette si vedano in giro, al punto che uno si chiede chi le mette in giro e per che scopo, se siano le donne stesse, a cui le tette sono attaccate, per rivendicare la propria libertà di mostrarsi, oppure i medesimi patriarchi che occultamente detengono il controllo dei social, così che da una parte mostrano tutto quello che si può mostrare e dall'altra ti impongono le loro regole di censura per rimarcare di avere loro il controllo sia dell'immagine che, di conseguenza, del corpo. A furia di guardarle, a volte ti viene pure il dubbio, e se fossero finte? Magari sono tette rifatte con l'AI. Fatto sta che se tutto questo è frutto di una reazione inversamente proporzionale alla lotta per la liberazione dell'immagine, c'è quasi da sperare una esasperazione incontrollabile dei toni, dove gli integralisti islamici da burqa prendano il controllo dell'Europa! A quel punto, immagino, ci sarà sì una esplosione tremenda e io mi vedo già l'Europa sprofondare inghiottita fra due immensi tettoni materni come quelli della gigantessa di Baudelaire o della tabaccaia di Fellini, o all'opposto capiterà come nell'Invasione degli Ultracorpi di Don Siegel, o in quel delizioso racconto satirico di Philp Roth, che le tette, stanche di noi, si faranno finalmente corpo reclamando la loro indipendenza, e le vedremo andare in giro per il mondo sulle loro gambe, in piena autonomia fra uomini e donne, ma senza più appartenere a nessuno dei due, e senza che nessuno possa più negare la loro esistenza, nemmeno un bigotto contorto come Trump.

sabato 14 maggio 2022

primo spettacolo

Ieri sera ho visto il mio primo spettacolo in teatro da quando è scoppiata la pandemia. Mi sono accorto così che anche per fare lo spettatore occorre una disciplina che dopo più di due anni a casa va riconquistata. Lo spettacolo, Museo Pasolini di Ascanio Celestini – due ore assai belle ma impegnative, com’è giusto, perché uno spettacolo serio deve dare ma deve anche chiedere – si è trasformato presto in una lotta fra immaginazione e corpo, con la mia immaginazione che spingeva per uscire e sollevarsi e il mio corpo che mi rimproverava, e faceva i capricci, per riprendere peso. Ma quanto è scomoda questa poltrona? Mi fa male la schiena, mi si sta addormentando la gamba! E questa mascherina quant’è odiosa! Mi sembra di portare una museruola! Mi manca l’aria, mi sta salendo il mal di testa, ecco che mi sta pulsando un occhio, è la prova che sta per partirmi un vaso sanguigno, maledetta museruola! Oddio, devo riprendere fiato, mi serve una pausa, fatemi alzare, non riesco più a seguire cosa dice… e se l’abbassassi piano piano sul mento e mi prendessi una boccata d’aria, mi noterà qualcuno? Ma non c’è storia, devo, o quello o vado in ipoventilazione! E così avremo due poeti morti stasera, Pier Paolo Pasolini e Vitantonio Lillo, uno ammazzato dal fascismo e l’altro dalla mascherina. Ma quella che mi scalcia dalla poltrona dietro che vuole, starà soffocando anche lei? Madonna, meglio non pensarci, meglio concentrarsi sulle parole… Ma qui mi sta venendo fame, sono due ore che Ascanio parla di maritozzi nel caffè, di caciare e caciotte, di mangiarsi gli elefanti del circo! E se comincia a brontolarmi lo stomaco si sentirà in sala? Ma come fa a parlare così tanto senza incepparsi? Gli verrà mai sete? E il mal di gola? Si scorderà le parole qualche volta? E con un corpo così piccolo, dove le terrà nascoste?

sabato 30 gennaio 2021

arti

Qualche settimana fa leggevo un articolo (su Internazionale) in cui Robert Wyatt diceva che più ancora della caduta dalla finestra che lo ha reso paralitico, a causargli qualcosa di simile alla sindrome dell’arto fantasma era stata la cacciata dai Soft Machine, la band di cui era stato cofondatore. I Soft Machine, da allora, passano sempre per i cattivi della situazione, ma se vai a vedere le date avevano tutti fra i 25 e i 28 anni, erano giovanissimi, e rigidi idealisti. La cosa straordinaria, secondo me, viene fuori proprio confrontando le date. Ti accorgi che sia Soft Machine che Wyatt, per i successivi trent’anni, andranno avanti per la loro strada, spesso al singhiozzo e senza più una formazione definita, seguendo percorsi quasi perfettamente paralleli, persino nelle pause e nei silenzi discografici. Come se l’uno non potesse muoversi senza il riflesso dell’altro, proprio come fanno appunto due arti, per quanto separati, dell’identico corpo.

giovedì 9 luglio 2020

mantenere la giusta distanza

Ho fatto un incontro in presenza
di me stesso
tenendomi a adeguata distanza
dal corpo

una parte di me mi diceva
vien qua fatti avanti
stringiti pure a me se hai paura

l’altra
si rifiutava di obbedire

come si fa con un genitore assillante
o con un amante
che ci ha troppo deluso

siamo ancora assuefatti al suo corpo
un fringuello di terra
la sua ombra.

sabato 4 aprile 2020

bisogni

Straordinario come il corpo sopperisca ai suoi bisogni. Sono giorni che sogno ogni notte di fare lunghissime passeggiate. Mi sveglio addirittura coi dolori alle gambe, come se avessi camminato tanto. 
O è quello, oppure sono sonnambulo...

mercoledì 11 settembre 2019

da che parte sto

Non voglio dire che sia una cosa sbagliata, ma pensavo a questa cosa di chi oggi festeggia Facebook perché ha oscurato CasaPound e solo ieri protestava per il fatto che sempre Facebook censura immagini (persino artistiche) inneggianti al corpo nudo delle donne, ritenendole volgari e offensive. Pensavo che il più importante social del mondo ha lanciato questo messaggio: che fascismo e corpo delle donne sono orribili allo stesso modo e per questo censurabili. E mi ponevo il dubbio se c'è da fare un più comodo due pesi e due misure, sacrificando il "male minore" per far fronte al fascismo, oppure cercare di capire, in questo meccanismo, da che parte sto.

venerdì 9 giugno 2017

il corpo di chi scrive

La scrittura che non dice il corpo di chi scrive, che non dice la luce che risalta sull'opacità del testo rendendolo possibile, che cosa potrà mai rivelare?

[Alessandro Carrera, I poeti sono impossibili, Sossella 2016]

mercoledì 3 agosto 2016

la grinza

Spunta un’altra grinza sotto l’occhio.
S’accocchia con le altre nella rete
di tutti quei sorrisi silenziati
per troppa timidezza a dirsi vivi.

S’accocchia e mette un soldo
dentro gli anni che invecchiano
pian piano negli affanni del corpo
che non più riconosco se lo vedo

maneggiato dal tempo senza cura
e dagli schianti del cuore. Ancora mio
e non proprio mio se lo ricordo

quando speravo di potermi poi salvare.
Mai stato mio quando realizzo
di non essere mai stato salvato.

venerdì 22 gennaio 2016

pensiero di mezzanotte sulle tette

Certe volte, quando leggo commenti come quelli che hanno scritto sulle ragazze che si sono fatte i selfie col nome dell'università sulle tette, ringrazio di non essere nato donna, per non cadere come loro nel peccato di essere donne, perché le donne intelligenti si sa non mostrano le tette, studiano, e il corpo non ce l’hanno proprio, e se ce l’hanno non lo fanno vedere a tutti, ancora meno se per fare della stupida goliardia. Ma poi mi dico, in un paese libero saranno pure cazzi loro se mostrano o meno il corpo, è il loro corpo alla fine, cioè il corpo delle singole ragazze, non il corpo di tutti (anche se a molti piacerebbe averlo). Tu mi dirai: ma ci mettono in mezzo anche il nome dell’università, lo infangano. Ma con quello che spendono in tasse universitarie, avranno anche diritto di metterselo dove gli pare il nome dell’università, è un diritto che si sono comprate come tutti gli altri. (Scrivo questo mentre ascolto Renzi in tv che parla di lavoro, scuola, di Europa e di banche, ma davvero preferirei evitarlo, e allora scrivo di tette perché le tette non fanno male a nessuno).

martedì 8 ottobre 2013

tenersi in luce

Mi scricchiola il corpo quasi una vecchia casa
che regge di quest’acqua il peso. A due a due
a tre a quattro vengono come sull’arca
a ripararsi gli insetti, invadono il tetto
dal giardino, intasano le porte le finestre
aperte. Spalanco le mie braccia come posso
muri per difenderli dal tempo dalla storia
che impietosa li guarda trascinarsi sul ventre
zampettare verso l’asciutto, tenersi
il più possibile in luce per non venir pestati.

lunedì 27 maggio 2013

la conta

Se n’è andato prima il braccio e poi le gambe
l’appetito dalle ossa scricchiolanti
il mignolo amputato e il calore dalla guance
poi la ragione ma non il sentimento
non il dolore quando lo voltiamo
sul fianco per lavarlo
se il suo corpo si scioglie nel panno
come l’uovo di cioccolato.

martedì 21 maggio 2013

quando muore un poeta

tutto di lui si fa corpo nei versi
ogni amore
ogni sospiro o malanno
ogni dubbio o illuminante passione
ogni malumore
ogni voce o quell’unico grande sorriso
il suo braccio armato di penna
lo stesso suo viso immaginato
il riflesso di chi lo ha fissato
e toccato nel buio profondo del cuore
nel suo corpo-poesia
negli anni forgiato a piccoli morsi
del mondo
il suo corpo che tutto ha mangiato
ogni briciola lasciata nel bosco
a salvarla.

venerdì 15 febbraio 2013

per una bibliotecaria, il 13 febbraio

L’amore mi ha punito
iniettandomi in pancia un nodo duro
d’invidia – grosso quanto una noce –
per chi t’ama
straordinaria ragazza che mi guidi
fra corridoi e scaffali verso i bagni
per sederci infine a una finestra
a mangiare cioccolato. Fuori
in un grande prato verde
sta un albero isolato
ignaro del tempo del destino
suo di re senza un abbraccio.
Eccoci lì noi due – io re
e tu mio prato non arato – domani
la vita ci ritrova sempre uguali
non cambia. Ma oggi ti canto
del nostro anticipato
San Valentino. – Mi sciolgo d’amore
nell’ultimo bacio negato
all’orecchio lucido puntato come radar
delle tue colleghe ficcanaso.
Mi sciolgo d’amore per te
punito perché il solo toccarti
mi altera il corpo mi uccide
se mia non posso dirti. Oppure
Dio chissà vuole purgarmi.

mercoledì 5 dicembre 2012

da domani ci stanno le ore...

                                                                               A Claudio Catalano
 
Da domani ci stanno le Ore a dar significato al tempo/mondo.
Unico punto fermo è l’esistenza del CORPO.

Esistono corpi senza ragione ma esistono. Sono corpi umani
che nel mare del nulla si ostinano ad essere: assurdo!

Da domani si muovono verso quel punto (che) da domani
possono anche/non sempre/comprendere.

mercoledì 7 novembre 2012

strano come il corpo assuma propria vita...

Strano come il corpo assuma propria vita
e si muova lentamente contro l’io
si sbricioli in pezzetti e come mine vaganti
si sparpagli a colpirsi a
autodistruggersi pian piano
attraverso le fessure i nascondigli
le zone franche o di pudore
sgherro del tempo o di un caso
feroce intriso di dolore.

domenica 8 aprile 2012

segnalazione

Come regalo di Pasqua il poeta Vito Russo ha scritto una recensione del mio primo libro sul blog del poeta Antonio Spagnuolo. Insomma Pasqua poetica la mia. O, se preferite, al cioccolato. Qui il link al blog di Spagnuolo. E qui un bel pezzo di musica da ascoltare mentre leggete.



Alcuni libri maturano col tempo nella percezione del lettore. Capita anche quando con l’autore, tra i saliscendi della Valle d’Itria, si è percorso un bel pezzo di strada, con la lentezza che la poesia e l’amicizia meritano.
Ho riletto di recente “L’innocenza del male” di Antonio Lillo, edito da Lietocolle nel 2009.
Lillo è un poeta non laureato, per dirla alla Montale, ma è anche un poeta che utilizza i mezzi espressivi dei maestri del secondo Novecento con impeccabile padronanza. Operazione condotta con consapevolezza e sfacciataggine, come quando ad esempio Lillo rivela il rapporto con la poetica di Vittorio Sereni, soprattutto. Ma sono tanti i contatti “nobili”, espliciti e non, come con Pasolini, Fortini, Penna, Pagliarani, lo stesso Montale e la cosiddetta Linea Lombarda.
Nel solco di questa tradizione, accade che i sentimenti, nominati, prendano invece la forma immaginifica del verso, come la sofferenza, che, “caricandosi, s’aggruma a tappo in gola”. È come se il reale, attraverso l’azione, e, soprattutto, attraverso la parola, e grazie alla parola, prenda realmente corpo, al punto da pensare che prima della parola ci sia solo il nulla. Così l’amore “si / presenta tuo durante il bacio / in ascensore. Poi sparisce all’ora di / sciacquare / i peli caduti sul fondo della doccia”. Pare essere questa la conclusione umana e poetica del poeta di Locorotondo: “E se / la poesia la politica il semplice fare / non fossero altro che un esserci in fondo?”
È il movimento delle cose, degli oggetti, degli animali prima che delle persone, l’azione insomma, che rivela l’esistenza, come il semplice incresparsi della carta, o la fuga terribile di un ratto che scava gallerie dentro il corpo, e al poeta non resta che cercare di lasciare un’impronta nell’altro. In fondo, l’azione poetica, atto solitario, rivive solo nel momento in cui stabilisce un contatto con l’altro. Lillo è infatti anche un poeta narcisista, che si compiace del suo modus vivendi et scribendi, ma al tempo stesso ha l’umiltà di non prendersi troppo sul serio, come quando semplicemente scrive “Forse mi do troppa importanza”. Se il soggetto dominante infatti è l’io, non mancano molte forme impersonali, e soprattutto, spesso sono gli animali (ratti, cani, gatti, anitre, canarini, pesci), le piante, o altre volte anonimi vicini di casa, o pescatori, o clandestini, a occupare cinematograficamente la scena poetica.
Sul piano del predicato invece, è frequente l’uso dell’imperfetto o del passato remoto, ma pare trattarsi solo di un espediente stilistico o retorico, perché domina appunto l’azione, lenta, lentissima, ma continua, sulla stasi, quasi che il poeta viva un eterno presente, tempo per attualizzare il passato e immaginare il dispiegarsi del futuro. Lo spazio in cui il fare, la vita, trionfano, è la provincia, con la sua incantevole distanza e indifferenza dal e al potere, e questo spiega anche l’uso frammentario di un dialetto che dà voce a personaggi buffi ed eroici, come nel cinema felliniano: un poeta che suona nella banda ai funerali, o il soggetto stesso che si ritrova chiuso in un portone assolato ad aspettare un amico e il mondo intero.
“L’innocenza del male” è un libro che, nella sua ricercata disomogeneità, si rivela in continuo movimento, in costante tensione estetica e umana, a significare un crescente, incontenibile, innamoramento per la vita: “balliamo sgraziati / da lento fuoco / abbracciati”.
Ma se qualcuno chiedesse all’autore il motivo per cui scrive, Lillo, col suo cinico romanticismo, risponderebbe che conta solo di conquistare qualche bella ragazza, magari citando Simone Cattaneo.

(Vito Russo)