sabato 27 luglio 2024

un ciuffo di peli

Alla fine della gatta grigia morta due settimane fa ci è rimasto solo un ciuffo di peli per ricordo. Dopo la sua morte, l’avevamo seppellita in un bel posto all’ombra sotto la siepe che corre intorno a casa, perché potesse riposare nel luogo che l’aveva accolta. Mi ero addirittura immaginato di farle una piccola lapide. Invece l’altra notte una volpe che bazzica regolarmente qui intorno è riuscita a infilarsi attraverso un buco nella rete e seguendone l’odore ha scavato sulla fossa e si è portata via il corpo grigio, ormai ridotto a carogna, lasciandoci soltanto un ciuffo di peli per ricordo. Il giorno dopo ho provato a seguirne le tracce attraverso i campi, ma è stato inutile, chissà dov’erano finiti, verso quale tana. Lascia stare, mi ha detto il mio vicino col suo concreto fatalismo, ormai è bruciata. Ma non so quietarmi. Da una parte mi avvilisce l’ingiustizia che non possa riposare nel giardino dove aveva vissuto la sua vita, né che sono stato in grado di proteggerla; dall’altra non riesco a non pensare che vi sia una spietata legge di natura a cui non ci si può sottrarre, e la morte della mia amata gatta, di cui ormai mi resta un ciuffo di peli per ricordo, abbia favorito l’esistenza della volpe.

venerdì 26 luglio 2024

il prologo

Piel Jutzi, regista tedesco adorato da Fassbinder ma poco conosciuto in Italia, nel 1929 gira quello che molti considerano il suo capolavoro, il film muto Mutter Krausens Fahrt ins Glück (Il viaggio di mamma Krause verso la felicità), considerato uno dei più rappresentativi della Nuova oggettività, di forte impianto sociale, e socialista (al punto da essere uno dei primi film censurati e distrutti dai nazionalsocialisti al potere), con alcune scene meravigliose per intensità e per l’uso così vivace ed espressivo del montaggio, di cui Jutsi era maestro. Al di là della storia, di chiaro impianto brechtiano, girato con attori non professionisti nel quartiere operaio di Wedding a Berlino (una madre che vive in un ambiente degradato viene schiacciata dalla povertà e dalla condotta irresponsabile dei figli, e in tal senso il viaggio verso la “felicità” del titolo ha un sapore beffardo), la nota più interessante del film riguarda il prologo, di circa 6 minuti, in cui una ripresa semidocumentaristica delle strade di Berlino viene intervallata da alcuni versi dell’artista Heinrich Zille, soffermandosi sui volti e sui gesti di alcuni dei suoi molti abitanti, sorvolando a volo d'uccello una delle grandi statue d’angelo che guardano dall’alto i casermoni e le strade brulicanti di bambini, operai, anziani, alcolizzati, disoccupati, i cavalli sfiancati che tirano le carrozze, gli artisti circensi e i musicisti di strada, per poi planare verso la finestra di una palazzina popolare, entrarvi e soffermarsi sulla storia in particolare di mamma Krause e dei suoi figli sfortunati. Qualcosa di molto simile a ciò che farà cinquant’anni dopo Wim Wenders, di ritorno dal suo periodo americano, ne Il cielo sopra Berlino, dilatando questi sei minuti per circa mezz’ora.

giovedì 25 luglio 2024

io non conosco nessuno

Ieri, dopo la presentazione, si parlava con Ezio Sinigaglia di alcuni scrittori. Io continuavo a chiedergli, lo conosci quello? La conosci quella? Ezio mi ha risposto con una franchezza disarmante: Io non conosco nessuno. E non era falsa modestia, bastano cinque minuti con Ezio per accorgersene, gli manca proprio quel tipo di appetito. L'ho presa come ulteriore riprova della sua grandezza. Voglio dire, non stiamo parlando di un esordiente, ma di uno scrittore riconosciuto che è arrivato in finale anche a grossi premi. Eppure non conosce nessuno. Fa la sua vita molto ritirata fra Milano e la Sardegna. Scrive. Traduce. Accudisce il suo zoo. Che è il suo modo di fare letteratura. Dalla parte opposta, ci sono scrittori che conoscono e mettono in rete così tante persone che alla fine l'unico vero capolavoro che hanno scritto è il loro indirizzario. E quello è un altro modo di fare letteratura. In mezzo ci sono quelli che ondeggiano fra i due poli, come me, e vivono di continuo nel dubbio che stiamo sbagliando qualcosa.

mercoledì 24 luglio 2024

colpa loro!

Ascoltando al Tg le parole di Delmastro pensavo a com'è breve il passo da "Aiutiamoli a casa loro" a "Rimandiamoli a casa loro". In ogni caso è sempre colpa loro, mai della nostra gestione vergognosa di quelle strutture. Tanto che Delmastro ha la faccia tosta di venirci a dire che se non venivano qui "loro" nelle carceri si stava proprio bene, c'era tanto spazio arieggiato e si poteva pure assumere nuovo personale. Ma che possiamo farci se ci sono "loro" che vengono qui a rubarci il lavoro, il futuro, persino in carcere? Nulla, quando se ne andranno "loro", allora tutto si aggiusterà da sé. Sarà, io di persone che sono state in carcere, ma non da oggi, da anni, ne ho conosciute un bel po', e non me ne ricordo una sola che mi abbia detto: Antò, ma come si stava bene in carcere, soprattutto d'estate era così bello che guarda, io non volevo più uscire! E penso che ci vuole talento per riuscire con una sola frase a sputare in faccia a così tante persone in difficoltà. Caro Delmastro, chapeau.

martedì 23 luglio 2024

ti prego!

Ragazzino mi contatta perché vuole pubblicare un libro di poesie d’amore. Dice che la poesia come genere gli fa abbastanza schifo e nemmeno leggere gli piace, però c’è un però, si è innamorato di una. Da quando la ama le poesie gli vengono fuori da sole, maleducate, senza permesso. Il guaio è che pensa sempre a lei, per cui ne ha scritte tante, così ha pensato di fare un libro, così magari con un gesto eclatante riesce a conquistarla. Siccome non mi vede molto convinto, fa leva sulla mia complicità di maschio. Ti prego, se sei stato innamorato, mi devi aiutare. – Scusa, ma chi te lo paga il libro? – Ho già chiesto a papà, me li dà lui i soldi. – E se poi lei non ti vuole? – Ti prego. Me la sogno sempre ormai, non vedo l’ora di andarci a letto.

bacio

Mädchen in Uniform (Ragazze in uniforme) di Leontine Sagan è un film del 1931 passato alla storia soprattutto per questa scena, il primo bacio lesbico cinematografico. Bacio e amore lesbico censuratissimi, tanto nella Germania nazista che di lì a poco avrebbe costretto alla fuga la regista, che nei puritani Stati Uniti che chiesero di modificare il finale facendo in modo che la protagonista morisse, espiando in questo modo il proprio peccato. Anche per questo il film è diventato nel tempo un piccolo cult. La storia è ambientata in un rigido collegio femminile ed è recitato esclusivamente da donne. Ancora più della trama amorosa, quello che conta è il senso di ribellione e cameratismo sviluppato da queste giovani ragazze per sopravvivere alla solitudine di un’educazione anaffettiva e di una disciplina tesa all’emarginazione di ogni sentimento in un periodo della vita dove a prevalere sono il senso dell’amicizia e la scoperta disarmante dell’eros. Sarà proprio la ribellione di una delle studentesse, Manuela, che sfida la direttrice del collegio ubriacandosi e dichiarando apertamente di essere innamorata di una delle insegnanti e determinare il punto di rottura da cui scaturisce la denuncia che per le brave ragazze tedesche non basta “leggere i classici” per essere felici. In tal senso il film si pone in una serie ben precisa che comincia con Diario di una donna perduta di G.W. Pabst, del 1929, ambientano in un riformatorio femminile, e prosegue con Zero in condotta di Jean Vigo del 1933, quest’ultimo con un taglio più anarchico, mentre il primo è più realistico e “oggettivo”. E ancora, per certi versi anticipa alcune tematiche di L’attimo fuggente di Peter Weir, del 1989, segno che con il tema dell’educazione repressiva stiamo ancora facendo i conti.

lunedì 22 luglio 2024

i miei dubbi amletici del lunedì

Certe volte, quando la gente mi dice bellissime per delle poesie scritte vent'anni fa, da una parte sono contento, dall'altra mi pigliano i brividi perché mi dico: E se avessi già scritto tutto il mio meglio prima dei trent'anni? E mo che faccio fino alla morte? Comincio già da ora a riciclarmi?

domenica 21 luglio 2024

silenzio

Una di quelle guerre di cui nessuno parla mai, e forse nemmeno si conosce o ci interessa. Io stesso ho cominciato a interessarmene dopo la scoperta del poeta Abdel Wahab Yousif, morto nel Mediterraneo nel 2020. In Sudan, dilaniato da una guerra civile, si contano oggi 25 milioni di persone che stanno morendo di fame e 11 milioni di sfollati che presto cercheranno di arrivare in Europa. La città di Omdurman che fino a pochi anni fa era uno dei poli commerciali del paese non esiste più, in alcuni quartieri sono morti tutti, le strade sono piene di cadaveri e non c'è rimasto più nessuno a seppellirli. Ora le RSF, equivalente africano del gruppo Wagner, hanno ordinato a tutti i sudanesi che vivono a Khartoum, la capitale, di abbandonare la regione entro il prossimo 26 luglio, o ci sarà una nuova strage nel silenzio (più o meno interessato) della politica internazionale... Ma perché nessuno ne parla?

sabato 20 luglio 2024

il grande freddo

Io la dico così come la penso, l'ecoterrorismo no, è inaccettabile. Che faccia caldo perché siamo a luglio è assolutamente vero e chi si spaventa per questo è un fesso. Ma il problema vero non è che fa caldo a luglio, il problema vero è che fa caldo da novembre a marzo. Gli inverni sono sempre più caldi e piove sempre di meno, e se l'inverno fa caldo l'agricoltura va a puttane, è questo il problema. Poi uno può dirmi che è nella norma, che l'uomo non c'entra nulla, e chi lo sa, io sono di quelli che pensa che noi c'entriamo sempre in qualche modo, ma non pretendo di saperne più degli altri, potrei sbagliarmi. Io so solo che quando avevo vent'anni l'inverno qui faceva così freddo ed era così umido che dovevo mettere maglione e dolcevita sotto un bel cappotto pesante e sciarpa per uscire, se no mi si congelava tutto, pure il cicì, mentre adesso che ne ho quasi cinquanta me la cavo tutto l'anno con un maglioncino leggero e un cappottino mezzopeso, basta. Adesso, se ti vesti come mi vestivo io a vent'anni sembreresti un montanaro fuori moda, ma la moda di oggi la si fa sull'evidenza che oggi fa più caldo di ieri. Se prendessi uno di quelli che si vestono alla moda oggi e lo mettessi in una macchina del tempo per farlo tornare indietro di soli trenta/quarant'anni, secondo me non sopravviverebbe a una serata fuori: o lo ammazzerebbe il gelo, oppure si rifugerebbe in qualche pub per morire soffocato dal fumo delle sigarette che allora si fumavano impunemente nei locali pubblici. Io, oggi, in un locale come quelli di allora non riuscirei più a entrare.

venerdì 19 luglio 2024

i ruoli

Ho grossi problemi, io, con i ruoli. Va da sé che, dal mio punto di vista, sono gli altri ad avere problemi con i ruoli: per me non dovrebbero esistere. A ben guardare, è solo in questo che sono davvero un ribelle: nella caparbietà con cui mi rifiuto di prender parte ad una recita. I ruoli sono una finzione teatrale. La vita dovrebbe essere autentica. Invece accade che il teatro sia alquanto più autentico e versatile della vita. A teatro, infatti, due attori potranno essere padre e figlio per una stagione. Poi saranno magari, per un’altra stagione, vecchio servo e giovin padrone. Tanto per dire. Senza contare quei casi esemplari in cui, specie in passato, due grandi attori si scambiavano ogni sera le parti di Iago e di Otello. Nella vita, invece, sempre padre e figlio, marito e moglie, medico e paziente, padrone e servo, collega e collega, carnefice e vittima. Tutti blocchi di ghiaccio rappresi intorno alla sagoma un po’ indistinta, un po’ approssimativa, ma assolutamente non sostituibile, di una parte surgelata, insapore. Niente di genuino, questo lo sappiamo tutti: ma con i surgelati, almeno, si va sul sicuro: i rischi di intossicazione sono minimi.
 
Ezio Sinigaglia, Sillabario all’incontrario (TerraRossa, 2023)

anche i nodi vengono al pettine

Che ci sia stata una incomprensione di fondo fra elettori di AVS ed elettori/follower di persone così fuori dagli schemi politici come Lucano o Salis, mi pare sia venuto fuori nelle ultime ore, con Lucano che ha detto apertamente di aver votato e di votare, anche contro l'indirizzo del suo stesso partito di riferimento, contro un certo tipo di Europa che non gli piace, ma in cui il partito pare invece, in parte, riconoscersi. Gli elettori di Lucano si stupiscono delle scelte del partito, che però è sempre stato coerente con una determinata linea, bastava leggersi i programmi; quindi chi ha votato per AVS guardando solo a Salis/Lucano ora si trova spaesato di fronte a un partito a cui chiede: ma voi siete con Lucano/Salis, sì o no? Mentre gli elettori di AVS guardano i loro nuovi acquisti e si chiedono dove andranno a parare, pur nel rispetto delle diverse posizioni, come battitori liberi. A me personalmente, pur nell'ammirazione che provo per Lucano, viene in mente una cosa che disse Travaglio della Meloni, ovvero: "una volta riconosciuto che sei afascista e che tu non credi nei valori costituzionali, trovo incostituzionale che tu faccia la presidente del consiglio perché non credi nei valori di questo stato". Io allora, facendo mio questo pensiero, mi chiedo: ha senso per una persona che non crede nell'Europa stare all'Europarlamento, provando ad agire su di esso attraverso dei metodi di gestione del potere in cui non crede? Certo, può dare fastidio, sputtanare alcuni meccanismi, ma (salvo ovviamente metterci una bomba) quanto può influire la presenza di due/tre illustri dissidenti su 700 deputati, senza nemmeno un partito dietro che sposa con convizione la loro posizione, ma che anzi ne ha, in certi frangenti, una chiaramente opposta?

giovedì 18 luglio 2024

le percoche

Il mio vicino in campagna mi dice che secondo lui la prova più evidente del fatto che il clima sta cambiando la vedi nelle percoche sugli alberi. – Prima, io mi ricordo, raccoglievi delle percoche grosse così, succose, saporite. Adesso è un po' di anni che sono percoche secche secche, nervose, che non sanno di nulla. O ci hanno i vermi. Il frutto non si è abituato al nuovo clima, il verme sì e si mena al frutto. – E quindi? – Quindi nulla, prima qui ci coltivavi le percoche, adesso le percoche insieme ad altre piante non vanno più bene per questo clima. Andrebbero cambiate le colture per adattarle al clima. Non ti credere, sono cose che si sono sempre fatte, dalla notte dei tempi. Il vero problema è che prima qui era pieno di gente che zappava la terra, adesso bisogna capire se c'è ancora qualcuno che lo sa fare, o che lo vuole fare. Perché a me di gente che gli piace zappare la terra non ne vedo tanta. Ecco perché poi prendono i gnùre.

lunedì 15 luglio 2024

per la morte della gatta grigia

Dopo 16 anni di vita insieme stamattina è morta la mia gatta grigia con lo sguardo antipatico, a cui non ho mai dato un nome. Era entrata nella mia vita in un giorno d’estate come in un romanzo di Gabriel Garcia Marquez, attraversando la porta di casa e gettandosi in un angolo con un lungo gnac che voleva dire Eccomi a casa, la casa che aveva scelto lei per se stessa, io l’ho accolta e da allora non è più andata via, prendendosi un pezzo alla volta tutto quello che poteva, in ultimo la mia sedia che era diventata la sua. Ho passato gli ultimi due giorni seduto per terra accanto a lei terrorizzata dal buio che veniva, con la mano sulla sua testa per farle sentire che c’ero, le parlavo e lei mi rispondeva a sibili e sospiri, e se mi allontanavo mi chiamava, e quando è morta qualcosa finalmente si è rotto e ho cominciato a piangere insieme tutte le lacrime della nostra amicizia e quelle che non ho mai pianto per la morte di mio padre.

venerdì 12 luglio 2024

devi scrivere

Una figa mi ha scritto su Instagram di scrivere una poesia sulle sue tette. Io la seguo perché fa dei selfie buffi in bagno in cui si mette in equilibrio su una gamba davanti allo specchio. Nulla di strano, ormai, c’è chi gira per ore intorno a un palo e chi fa lo yoga in bagno. Ieri però mi scrive, dopo un mio post sul cinema muto, che il suo film preferito è “Il gabinetto del dottor Caligari”. – Io sono estasiato, abbiamo due cose in comune, il cinema espressionista tedesco e le tue foto al cesso. E siccome l’assonanza tedesco/cesso mi piace abbastanza, credo che ci scriverò una poesia. – Lei allora mi dice “dovresti scrivere una poesia sulle mie tette”. – Io resto di sasso, non so bene che risponderle. – Te l’ho scritto, mi chiarisce, perché ti seguo anche su FB e ora mi aspetto che ci scriverai una delle tue storie. – Quasi ci resto male, pensavo mi mostrasse le tette, invece le posso soltanto immaginare. – Anzi, continua, devi scrivere “Una figa mi ha scritto su Instagram di scrivere una poesia sulle sue tette” così se scrivi figa fa più effetto. Mi puoi anche taggare, dice. – Insomma, certe volte mi sento come l’autore di Pirandello, dove i personaggi delle sue storie prendono il sopravvento su di lui e fanno tutto loro, dal suggerirmi le battute al taggarsi nei miei post. A me, proprio come l’uomo-camera di Christopher Isherwood, non resta che registrare ciò che vedo, senza nemmeno il conforto delle tette. Che vita ingrata.

mercoledì 10 luglio 2024

the man who laughs

The man who laughs (1928) di Paul Leni, con lo straordinario Conrad Veidt come protagonista, in una delle scene di sensualità e corruzione più potenti del cinema muto poco prima dell’avvento del sonoro, quello fatto tutto di sguardi fra due mostri, uno solo nell’aspetto, Gwynplaine, deformato nel ghigno dalla tortura, e l’altro rappresentato dalla viziosa duchessa Josiana. Lei, dopo averlo visto esibirsi in uno spettacolo di freaks, lo inviterà al suo castello e lui, a sua volta morbosamente sedotto, mollerà la fidanzata per correre da lei che lo aspetta a letto discinta. L’incanto finirà poco dopo quando si scoprirà che lui è ricco e di nobili natali, quindi da mostro inconsueto per lei diventerà un mostro del suo stesso ambiente, uno dei tanti, e perderà ogni attrazione. Un personaggio iconograficamente così potente, ai suoi tempi, da ispirare il Joker di Batman.







 

martedì 9 luglio 2024

ciò che il pubblico vuole

Oggi è la Munro, ieri erano i "fascisti" Pirandello e Ungaretti, alcuni anni fa toccò a Montanelli con la sposa bambina, prima ancora a Penna e Pasolini coi loro fanciullini marchettari, e prima ancora a Céline o Malaparte ecc. in questa lunga catena dei peccati e delle colpe. Periodicamente viene fuori questa discussione per cui si scopre che gli artisti sono fondamentalmente uomini e donne pieni di difetti e tutt'altro che perfetti e si mette in discussione il valore esemplare della loro opera. Impregnati di ideologia romantica ci si dice che se l'artista non assomiglia all'opera allora l'opera è falsa. Ciò mostra sempre, implicitamente, la doppia morale del pubblico, la sua incapacità di leggere un'opera al di fuori del biografismo spicciolo e gossiparo della vita dell'autore e il suo bigottismo di fondo. Tutto questo però, mi dicevo stamattina, è destinato presto a finire. Fra un po' i romanzi li scriveranno direttamente le AI su commissione e allora non ci saranno più problemi morali con le debolezze e i lati oscuri degli artisti, perché l'AI non ha pulsioni sessuali, politiche o ideologiche. Le AI daranno al pubblico esattamente ciò che il pubblico vuole, glielo cuciranno addosso chiedendo il pagamento anticipato, e il pubblico forse finalmente per una volta chiuderà il becco.

lunedì 8 luglio 2024

vaso

Ieri, mentre un amico assai più scafato di me mi apriva gli occhi e mi faceva i nomi dei tanti che pur facendo gli amiconi un po’ distratti hanno in mano il potere editoriale e se lo tengono stretto anche parlandone male, o negando di avere degli amici, pensavo che anche io in fondo volevo stare lì con loro, essere dei loro, non proprio un amico, più un complice, fare il finto modesto invece di essere soltanto bravo, avere il mondo delle lettere in mano e qualche volta menarmelo per sollazzarmi nel mio ego, al pensiero che tanto, anche pisciando fuori dal vaso, se ci hai il potere editoriale in mano c’è sempre qualcuno disposto a pulire per te ciò che cade intorno al vaso.

venerdì 5 luglio 2024

tischreden welles


Ho appena terminato “A pranzo con Orson” libro a cura di Peter Biskind che recupera l’ultima serie di chiacchierate/interviste di Orson Welles poco prima della morte, col regista indipendente Henry Jaglom, che fanno un po’ da seguito a “Il cinema secondo Orson Welles” di Peter Bogdanovich, altro regista indipendente a lui molto vicino. Bogdanovich presenta Welles a Jaglom che lo assume come attore nei suoi ultimi film e prova a fargli da agente senza successo. Così il libro di B. raccoglieva una serie di interviste in giro per gli alberghi di mezzo mondo in un periodo convulso di progetti in cui Orson emerge ancora come un grande maledetto ma vitale, mentre quello con J., assai più malinconico e a tratti rancoroso, registra una serie di discorsi fatti a tavola (Tischreden) in un ristorante di Hollywood dove spesso pranzavano da parte di un Welles ormai stanco, amareggiato e terribilmente sovrappeso che per buona metà del libro non fa che sparlare con perfidia di colleghi registi e attori che gli hanno voltato le spalle o di critici in cattiva fede (“ebreo” è uno degli aggettivi che usa più spesso), o rivangare più o meno acidamente alcune pagine del proprio passato, e per l’altra metà continua a rimaneggiare preventivi insoddisfacenti per dei film che non verranno mai realizzati, finché, nelle ultime pagine, ammette di avere un disperato bisogno di soldi e di essere invidioso di un suo vecchio socio meno talentuoso che fa soldi a palate con la pubblicità mentre lui non riesce a trovare uno straccio di produttore che voglia investire nella sua versione cinematografica del Re Lear. Eppure, anche alla fine, Orson Welles sembra un grande perdente shakespeariano: “Noi registi siamo dei poveracci. Arriviamo con una borsa per la notte e ce ne andiamo a mani vuote.” Oppure: “Per me la posterità è volgare come il successo. Non mi fido della posterità. Il bello non viene necessariamente riconosciuto a distanza di tempo. Troppi ottimi scrittori sono scomparsi.” Ma quella che preferisco perché mi sento rappresentato in pieno è: “Miro all’impossibile: far soldi con un genere di film che non fa soldi”.

giovedì 4 luglio 2024

buona notizia?

Ho letto adesso che ieri ha aperto una nuova Feltrinelli a Taranto dove pochi mesi fa chiudeva la Ubik. L'altro ieri Feltrinelli acquistava il 10% di Adelphi. Io stesso, per non fare quello nudo e puro che non sono, spesso compro libri con le offerte su IBS Feltrinelli. Ecco, mi sforzo, ma non riesco a capire dov'è la buona notizia se tutto finisce in mano a uno solo.

martedì 2 luglio 2024

il giochino

Com’era prevedibile, ora che è scoppiato il caso della “gioventù meloniana” Piantedosi fa il giochino di mischiare le carte in tavola dicendo di essere più preoccupato dell’antisemitismo a sinistra che non di quello a desta. Chi legge il post con le sue dichiarazioni subito lo insulta rispondendo che non è mica la stessa cosa, che essere arrabbiati per ciò che succede a Gaza non è equiparabile a essere dei razzisti di destra. E detta così può essere anche vero, se non fosse che ho letto e sentito con le mie orecchie gente di sinistra piena di odio attaccare la Segre con parole molto più che offensive perché non prendeva una posizione netta contro Israele, gente che le faceva il processo mediatico arrivando a dire che rubava il suo stipendio da senatrice per una storia di prigionia durata pochi mesi dove in fondo non era neanche morta, gente che santificava Chef Rubio quando le si aizzava contro con l’hashtag di auschwitz, gente che insinuava che è brutto dirlo ma forse forse Hitler aveva ragione… Li ho sentiti con le mie orecchie, e non erano meloniani, erano solo persone che ragionavano con la pancia piena d’odio. Sono cose che fino alla settimana scorsa si leggevano serenamente sotto ogni post che ne parlava, gli ultimi li ho letti sotto un post del vignettista Mauro Biani, perché ciò che scrivi purtroppo resta, al di là di ogni possibile autodifesa. Il paradosso di una presa di posizione forte è che prima o poi il contesto cambia e ti ritrovi ad essere tu il processato che deve chiarire la sua posizione. Io non penso che certa sinistra, o certa gente incazzata, sia stata mossa a tali stupidi commenti dagli stessi motivi di certa destra, ma penso che alla fine le parole che dici ti classificano per quello che sei e l’odio quando arrivava a colpire fa male allo stesso modo, non c’è un odio che sia diverso e migliore di un altro perché si crede più puro nelle intenzioni. Se ti ammazzo di botte “perché ti amo” non è che le botte facciano meno male perché ci metto dentro il mio amore. O come direbbe Osho, per stemperare, può essere di mucca o di maiale, ma se c’è cacca sul fondo, sempre di cacca puzzerà quello che pesti.