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domenica 29 settembre 2024

tulip

TULIP, di Dashiell Hammett, è il suo ultimo postumo romanzo, incompiuto, pubblicato nel 1966 a cinque anni dalla morte. Ha qualcosa di certe storie di Hemingway, impostato come un lungo dialogo fra lo stesso Hammett, ormai stanco della vita, e un vecchio “compagno” di guerra. Nella sua non finitezza, invece di essere monco, ha la particolarità di avere due possibili finali, lasciati aperti, fra i quali Hammett non ebbe il modo, il tempo o la forza di scegliere. Uno era meno conciliante e finiva molto male. L’altro, che mi piace di più, si chiudeva con questa battuta: “If you are tired you ought to rest, I think, and not try to fool yourself and your customers with colored bubbles”, ovvero “Se sei stanco dovresti riposare, credo, e non cercare di ingannare te stesso e i tuoi clienti con bolle colorate”. Certi giorni la sento molto mia.

giovedì 2 maggio 2024

incontro

Arrivato oggi questa grandissima figata che raccoglie la serie completa di fumetti pubblicati fra 1934 e 1935 e dedicati all'agente segreto X-9, personaggio ultranoir creato da Dashiell Hammett nel periodo di massimo successo in cui sta lasciando la narrativa per il cinema, ma poco prima di finire in galera come comunista, e disegnati da un giovanissimo e quasi sconosciuto Alex Raymond che di lì a poco inventerà Flash Gordon. Due mostri che si incontrano a un incrocio delle loro vite. La parola d'ordine qui è Giustizia, implacabile perché motivata dalla vendetta per il brutale omicidio della famiglia di X-9, uno schema che tornerà poi in Batman quando vedrà la luce quattro anni dopo.

domenica 21 aprile 2024

hammett


 

Wim Wenders mi fa sempre uno strano effetto. Alcuni suoi film sono bellissimi, altri, persi come sono nel loro lento divagare, mi sembrano più che altro noiosi. Così lo rispetto, ma non riesco ad amarlo. So che c’è del metodo in ciò che fa e che lo guida una sana ispirazione poetica, ma certe volte quando questa ispirazione non è messa bene a fuoco, quando cioè non c’è uno sceneggiatore adeguato che lo affianchi, non si capisce dove voglia andare. Anche per questo ho sempre avuto il desiderio di vedere la prima versione di un suo film più famoso per la storia che si porta dietro che per il risultato in sé, “Hammett”, che da ciò che raccontano ha sofferto proprio a causa della sua ambivalenza autoriale. Wenders viene chiamato a dirigerlo da Coppola, dopo aver realizzato uno dei suoi film più belli, “L’amico americano”, però di fronte a un soggetto già scritto che non lo prendeva, l’adattamento di un romanzo giallo di Joe Gores in cui lo scrittore noir viene coinvolto in un fittizio caso investigativo che attinge alle atmosfere dei suoi racconti – quindi utilizzando un procedimento inverso a quello di Hammett, che attingeva alle sue esperienze di vita per scrivere storie di pura invenzione – lo rielabora completamente realizzando un film, tutto girato in presa diretta a Chinatown, sull’eterno rapporto/conflitto fra vita e invenzione e ne tira fuori un’opera che, raccontano, è talmente cerebrale e noiosa che persino Coppola è costretto a bocciarla. E così Wenders, costretto a riscrivere da capo la sceneggiatura, rigira tutto ricostruendo l’intera ambientazione in studio e cambiando l’intero cast all’infuori del protagonista impostogli dalla produzione, un Frederic Forrest immenso, che però Wenders non ama – gli avrebbe preferito Sam Shepard, che poi per lui scrisse “Paris, Texas”. Questo rifiuto, però, lo portò soprattutto a vivere un malessere esistenziale che Wenders traspose in un altro film cupissimo e a tratti avvelenato, “Lo stato delle cose”, e che si portò dietro per quattro anni, fino a che non riuscì a completare un rifacimento soddisfacente della pellicola, vicino ai desideri della produzione e il meno wendersiano dei suoi film, tanto che secondo i maligni ci mise lo zampino lo stesso Coppola. Questo non si sa, ma oggi penso che sarebbe bello vedere anche la prima versione del film così come l’aveva concepita Wenders, ignorando l’aspetto noir e concentrandosi soprattutto sull’Hammett autore. Di quella pare sia stato riutilizzato solo il 10% nel remake, presumibilmente l’intro e l’epilogo del film, lì dove si vede Hammett malato e alcolizzato, seduto alla macchina da scrivere con lo spettro dei propri fantasmi, che batte sui tasti mugugnando, all’inizio e alla fine, le stesse due parole: THE END.


lunedì 8 aprile 2024

trovarsi un lavoro serio

Da quando sono usciti i dati di vendita dei libri candidati allo Strega, che dicono precisamente quello che qualsiasi piccolo editore sa e ripete ai suoi autori da sempre: che gli editori non fanno i miracoli e che chi crede che basti scrivere un libro per menarsela sta prendendo una cantonata clamorosa, che chi ambisce al successo si deve sbattere come tutti, non basta il talento, tutte cose che prima dello Strega erano considerate scuse, e adesso sembrano un po’ più vero perché lo confermano quelli che stiamo sempre ad adulare per il loro successo; da quando sono usciti i dati, insomma, gli scrittori, quasi si sentissero accusati di aver peccato di vanità, si difendono e da più parti lanciano i loro buoni consigli: chi vuole scrivere si trovi un lavoro, perché con la scrittura non si campa. Questo detto da gente che fa corsi di scrittura, scrive sui giornali, fa i giurati ai premi, lavora in radio, fa editing per case editrici ecc. C’è persino gente come me e tanti miei amici che per stare dietro a questa cosa della scrittura ha fatto la cazzata di aprire una casa editrice – e aspetta io sono negato coi soldi, ma altri se la cavano meglio – perché alla fine voleva fare solo questo, lavorare con la scrittura, o nella scrittura, anche se un piano più in basso. E adesso viene lo scrittore di turno, sgamato, e dice a tutti, me compreso, di trovarsi un lavoro serio, proprio come farebbe mio fratello o uno qualsiasi della mia famiglia che non crede affatto in ciò che faccio e mi ripete: trovati un lavoro alle poste, o come insegnante, fatti raccomandare per un posto in qualche ufficio. La scrittura è un hobby! E no, caro il mio scrittore, va bene se me lo dice mio fratello, ma detto così da te mi pare quasi una truffa. Tu che comunque hai più chance di me di farcela, tu che bene o male ci metti la faccia, almeno tu dovresti essere quello che sì mi apre gli occhi, ma ci crede più di tutti. Non quello che dice quasi scocciato “si vende poco perché il sistema è questo e fa schifo”, ma quello che dice “si vende poco e fa tutto schifo ma io lo faccio uguale, perché sono un drogato della scrittura, e se sei un drogato come me saranno pure cazzi tuoi, ma fallo se vuoi, a tuo rischio e pericolo, io ti ho avvertito” e poi decide chi ti legge di che morte morire. (Scrivo questo mentre sto leggendo i racconti di Dashiell Hammett, considerato sulla carta il padre del genere hard boiled, quello su cui oggi campano centinaia di autori e sceneggiatori, uno che ha fatto una vita di merda ed è morto povero, tisico e dimenticato da tutti. Però quello voleva fare e l’ha fatto). Tanto, caro il mio scrittore, a dire che fa tutto schifo ci sarà sempre qualcuno più bravo e convicente di te.

sabato 30 gennaio 2021

la bestia rara

Da pochissimo Mondadori ha ripubblicato, nella collana baobab, tutti i racconti di Dashiell Hammett dedicati al detective privato Continental Op, suo alter ego narrativo (prima di Sam Spade) per 2 romanzi (Piombo e sangue e Il bacio della violenza) e 28 racconti pubblicati nell’arco degli anni ’20 su varie riviste pulp fra le quali svetta Black Mask. All’epoca si considerava letteratura di evasione, ma fu talmente dirompente il linguaggio proposto da Hammett da creare un vero e proprio stile ed influenzare anche scrittori di fama come Fitzgerald, che attinse alle sue atmosfere per Il grande Gatsby, e Hemingway, che si cimentò in prima persona col genere noir per una serie di racconti di successo poi confluiti in Avere e non avere. Al di là della qualità d’autore di Hammett però, la raccolta si segnala, secondo me, perché recupera gli strilli originali con cui le riviste presentavano i vari racconti, e che sono ancora oggi freschissimi e spesso divertenti. Un esempio per tutti: «Ormai conosciamo tutti la tipica ragazza moderna. È una bestia rara, ed eccola qui in tutta la sua gloria, se così si può dire. Quello che segue è un ottimo poliziesco, pieno di azione e di personaggi autentici. Leggetelo.» Segue racconto in cui la tipica ragazza moderna è non solo una femme fatale come poche ma anche un’assassina coi controfiocchi nella migliore tradizione – appena appena venata di misoginia – del genere.