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lunedì 8 aprile 2024

trovarsi un lavoro serio

Da quando sono usciti i dati di vendita dei libri candidati allo Strega, che dicono precisamente quello che qualsiasi piccolo editore sa e ripete ai suoi autori da sempre: che gli editori non fanno i miracoli e che chi crede che basti scrivere un libro per menarsela sta prendendo una cantonata clamorosa, che chi ambisce al successo si deve sbattere come tutti, non basta il talento, tutte cose che prima dello Strega erano considerate scuse, e adesso sembrano un po’ più vero perché lo confermano quelli che stiamo sempre ad adulare per il loro successo; da quando sono usciti i dati, insomma, gli scrittori, quasi si sentissero accusati di aver peccato di vanità, si difendono e da più parti lanciano i loro buoni consigli: chi vuole scrivere si trovi un lavoro, perché con la scrittura non si campa. Questo detto da gente che fa corsi di scrittura, scrive sui giornali, fa i giurati ai premi, lavora in radio, fa editing per case editrici ecc. C’è persino gente come me e tanti miei amici che per stare dietro a questa cosa della scrittura ha fatto la cazzata di aprire una casa editrice – e aspetta io sono negato coi soldi, ma altri se la cavano meglio – perché alla fine voleva fare solo questo, lavorare con la scrittura, o nella scrittura, anche se un piano più in basso. E adesso viene lo scrittore di turno, sgamato, e dice a tutti, me compreso, di trovarsi un lavoro serio, proprio come farebbe mio fratello o uno qualsiasi della mia famiglia che non crede affatto in ciò che faccio e mi ripete: trovati un lavoro alle poste, o come insegnante, fatti raccomandare per un posto in qualche ufficio. La scrittura è un hobby! E no, caro il mio scrittore, va bene se me lo dice mio fratello, ma detto così da te mi pare quasi una truffa. Tu che comunque hai più chance di me di farcela, tu che bene o male ci metti la faccia, almeno tu dovresti essere quello che sì mi apre gli occhi, ma ci crede più di tutti. Non quello che dice quasi scocciato “si vende poco perché il sistema è questo e fa schifo”, ma quello che dice “si vende poco e fa tutto schifo ma io lo faccio uguale, perché sono un drogato della scrittura, e se sei un drogato come me saranno pure cazzi tuoi, ma fallo se vuoi, a tuo rischio e pericolo, io ti ho avvertito” e poi decide chi ti legge di che morte morire. (Scrivo questo mentre sto leggendo i racconti di Dashiell Hammett, considerato sulla carta il padre del genere hard boiled, quello su cui oggi campano centinaia di autori e sceneggiatori, uno che ha fatto una vita di merda ed è morto povero, tisico e dimenticato da tutti. Però quello voleva fare e l’ha fatto). Tanto, caro il mio scrittore, a dire che fa tutto schifo ci sarà sempre qualcuno più bravo e convicente di te.

sabato 23 marzo 2024

post strega

Stamattina volevo scrivere un post sul Premio Strega Poesia. Questo perché una ragazza mi ha scritto di aver letto uno dei libri proposti e avendolo trovato brutto e insignificante non si capacitava della cosa, com’è possibile che un libro così brutto sia finito allo Strega? Mi piaceva l’idea di spiegarglielo per bene, perché non pensasse che anche gli altri libri potessero essere altrettanto brutti e insignificanti, alimentando un’idea fin troppo diffusa che non ci sono più buoni libri di poesia in Italia, cosa ASSOLUTAMENTE NON VERA anche se i primi detrattori del genere sono proprio i poeti che comprano poco, leggono meno ma parlano male di tutti; poi mi è passata la voglia di giustificare meccanismi che nemmeno io capisco, né approvo, non il premio in sé che è un premio come tutti gli altri per quanto imbellettato, ma più vicino alla patacca che al prezioso, ma proprio per come viene fatto, con una serie di difetti alla base che non sto a elencare perché tanto è inutile, nel mondo della poesia tutti sanno tutto ma fanno finta di niente come la folla che applaude il re nudo, poi ogni tanto qualcuno dice qualcosa di un poco scomodo e tutti esultano “oh finalmente qualcuno lo ha detto!”, e tu mio caro esultante non lo sapevi già che avevi bisogno di qualcuno che facesse la voce per te? Quindi preso dallo sconforto, tanto più che ero in fila in farmacia, le ho detto per sommi capi la verità, che per me il Premio Strega Poesia è un premio di serie B al punto che non ha nemmeno amici della domenica bensì editori della domenica che presentano i libri al ribasso, tanto per dire che ci siamo, e l’ho chiusa lì con un lieve senso di colpa perché le cose andrebbero spiegate meglio di come ho fatto io, altrimenti diventano lamentazioni e giudizi sommari, ovvero “chiacchiere e distintivi” da poeti della domenica come ce ne sono anche troppi in giro.

venerdì 6 ottobre 2023

227 persone

Ieri, mi diceva il Corsi che l’ha seguita, la diretta del Premio Strega Poesia è stata vista in diretta streaming da ben 227 persone (!) una parte delle quali era lì soprattutto per vedere Rancore cui giustamente hanno dato il posto d’onore, poco prima della premiazione con vittoria annunciata dalla scorsa primavera. Nemmeno il brivido della sorpresa ci hanno dato. Così, schiacciato fra il Nobel Letteratura, Rancore e l’assoluta certezza che a vincere non fosse il libro più meritevole ma la carriera più meritevole – unica possibile giustificazione trovata dai lettori per assolvere una scelta che se fosse toccata a qualcun altro che all’amata Lamarque avrebbe scatenato molte più polemiche – direi che in fondo è giusto così per un premio “istituzionale” che non cambia nulla, non fa eccezioni, piuttosto chiede di confermare la regola. E infatti, se pensi alla parola Poesia 227 persone collegate in streaming (più quelle presenti dal vivo) sono tantissime per un evento di poesia. Se si pensa alla regola che fa il mercato e tutto il resto, con 227 persone non ci fai nemmeno la sagra della porchetta. Ed ecco perché noi siamo qui a parlarne, per dirci che nonostante tutto siamo ancora vivi, per quanto non ci sentiamo tanto bene.

sabato 8 luglio 2023

guardare la luna e non il dito

Come ogni volta che si parla del premio Strega, si finisce per guardare alla luna e non al dito che la indica, si dibatte sulla qualità letteraria della scelta e non del vero problema che sottende al premio, e il vero problema del premio non è il vincitore o la qualità del libro o dei libri proposti, il problema è stato che uno dei giurati ha ammesso pubblicamente di non aver letto i libri su cui "tecnicamente" si era espresso... capisco che per qualcuno il suo voto non conta, che lui è considerato un cretino messo lì per contentini politici, ma questo non significa nulla, era un giurato con un peso nel voto come tutti gli altri: a questo punto mi chiedo chi ha votato per lui, con che criterio, con che intenzione? Io non lo so, e se non lo so come faccio a pensare che la scelta è giusta, ponderata, che altri non abbiano adottato lo stesso metodo e che questo sistema "per delega" non abbia falsato il voto? In una gara sportiva, il giudizio sarebbe stato rimesso in discussione a questo punto. Perché nel mondo letterario, e senza nulla togliere alla qualità dell'opera, questo non si può fare senza sentirsi dire che si è invidiosi o di parte? Solo perché per alcuni uno dei giurati è cretino? Ma che valore ha una gara dove a giudicare il vincitore è un cretino?

sabato 25 marzo 2023

altre due cose sullo strega

Mi sento di dire due ultime cose sul premio Strega Poesia. Prima cosa, che magari farà bene alla causa della poesia come business editoriale, ma non a quella dei poeti come persone, e si è rapidamente trasformato in un premio divisivo perché funziona idealmente come quella cosa di gettare le brioches ai poveri così i poveri si scannano fra loro per mangiarle, cioè sollevando il velo e mostrando che la poesia non è poi quella cosa alta e nobile che tutti descrivono ma è fondamentalmente una guerra fra poveri, in cui siamo tutti succubi, anche chi ne sta fuori e sente il bisogno di parlarne come faccio io, che sono poverissimo. Seconda cosa, che ho letto proposte in cui si suggerisce di creare, come per la prosa, un comitato di amici della domenica che presentino i libri invece di chiedere agli editori di autocandidarsi, e pensandoci mi è sembrata un'idea fuori dal mondo, perché chi è che legge così tanti libri di poesia oggi in Italia, compresi gli addetti ai lavori? Ma voi vi rendete conto di quanti libri in versi vengono pubblicati ogni anno? E chi li vede tutti? Come, senza una reale circolazione? Chi sa il meglio che c’è, se oramai la poesia gira in semiclandestinità e gli unici titoli che leggi, a parte i soliti nomi, sono quelli che ti regalano gli amici poeti? Io per primo, che per lavoro leggo moltissima poesia spesso prima ancora che diventi libro, più di metà dei titoli proposti non li conosco, magari conosco gli autori, ma se non ho un’idea precisa del quadro, come faccio a presentarne uno solo? Con che criterio? Con che faccia? E a scapito di chi? Nella poesia non ci sono abbastanza amici per tutti.


giovedì 23 marzo 2023

comunicazione

A ribadire che qualcosa non ha funzionato nella comunicazione del premio, un amico editore mi ha fatto leggere adesso una email che gli è arrivata dalla segreteria del premio Strega in cui la segreteria rammenta agli editori che i 135 titoli iscritti al premio non sono finalisti né un bel nulla, quindi intima a tutti gli editori di non usare il logo (registrato) del premio Strega a fini pubblicitari. Insomma, cari autori, vi hanno indicato sul loro sito con nome cognome e titolo dell'opera, ma se provate a fare un post in cui dite che state allo Strega aggiungendo il logo del premio, state facendo un abuso perseguibile a termini di legge, perché per il premio Strega non siete ancora nessuno che riconoscano. Contenti voi.

martedì 21 marzo 2023

menomale che è lo strega!

Non voglio sembrare polemico, anche perché ci partecipano degli amici per i quali faccio il tifo, ma non riesco ad entusiasmarmi per questo Premio Strega Poesia che non smentisce la cattiva opinione che già ne avevo a pelle. Riconosco che di suo rende benissimo l’idea dell’odierno panorama poetico italiano, dove si presentano senza alcun criterio critico “135 partecipanti” fra autori di talento e illustri o infimi sconosciuti; piccole, grandi e grandissime case editrici affianco a realtà editoriali che dire al limite del truffaldino o del self-publishing è poco; due case editrici di quelle importantissime che sono presenti con ben 4 titoli a testa e altre sette importanti presenti con 2 titoli a testa, con praticamente quasi tutto il comitato scientifico che pubblica o lavora con queste case editrici! Non sarebbe così grave, se non fosse che il regolamento richiedeva esplicitamente agli editori di presentare un solo titolo per ciascuno, escludendo in questo modo anche bellissime penne che sono state sacrificate alla regola dell’uno per uno, coi risultati di cui sopra. Invece, si spiega nella pagina di presentazione, i titoli aggiuntivi sono stati “richiesti dal comitato scientifico”, ovvero imposti dalla giuria, e fra questi si nascondono probabilmente i nomi dei vincitori più o meno annunciati, quelli per cui chi li ha proposti voterà. A me fa incazzare e farà incazzare sempre questa cosa, la solita disparità fra i partecipanti, che da una parte vengono presi nel mazzo a casaccio, per far numero, e senza troppi filtri o distinzioni purché non si allarghino, e dall’altra si avvantaggiano sempre e soltanto i soliti, i più quotati, quelli che vincono sempre perché sono nati per vincere. E menomale che è lo Strega. Come direbbe Piero Ciampi: ma vaffanculo!

martedì 18 gennaio 2022

il successo (due tempi)

Condivido qui una fra le tante bellissime pagine di Un uomo pieno di gioia, biografia dello scrittore dimenticato Antonio Delfini a opera di Cesare Garboli, riedita da minimum fax nel 2021 con introduzione di Emanuele Trevi, a cavallo del suo successo allo Strega. Con quel premio è venuto fuori una sorta di cortocircuito in cui il riconoscimento di Trevi con Due vite, libro tutto sommato minore (almeno rispetto al precedente Sogni e favole che parlava proprio di Garboli) ha permesso la riscoperta del semidimenticato Garboli, che non solo tanta evidente influenza ha avuto su Trevi (e si vede), ma credo gli sia addirittura superiore; il quale Garboli a sua volta scrive un breve saggio su un altro dimenticato, Delfini, che in parte aveva la grave colpa di non scrivere romanzi ma frammenti e diari (alla maniera di Flaiano), in parte era un disadattato del successo, come ammette lo stesso Garboli. E io, che manco del tutto di umiltà, leggo questa pagina su Delfini e mi ci riconosco: sono io quest’Antonio qui sotto. E quindi spero che un giorno venga a salvarmi un Garboli – salvato a sua volta da un Trevi che vince uno Strega – dall’oblio a cui mi sono condannato per la mia incapacità a essere un Moravia.

Da Un uomo pieno di gioia, pag. 57: «Non credo che «scrivere» (e quindi l’esercizio della letteratura) sia classificabile fra i desideri infantili. Ma il bisogno di farsi largo, l’affermazione di sé? Delfini amava il successo, ma lo amava puerilmente, fuori da ogni realtà, come fonte inesauribile di sogni (facendo quindi pochissimo per ottenerlo). Fra il bisogno di realizzarsi e l’attività letteraria si era creata in lui un’identità negativa: non solo il desiderio di successo, ma lo stesso rapporto con la letteratura era vissuto e praticato, come un rapporto magico. Che il successo premii delle qualità professionali, o che si possa ottenere con le proprie forze, era un pensiero da cui Delfini non fu sfiorato mai. Il successo era per Delfini un rumore, un boato confuso e lontano, l’eco di applausi che non ci spettano; e se non era questo, non era il caso d’inseguirlo. Ma quello che vale per il successo, vale anche per la letteratura. Delfini non aveva alcuna idea professionale di se stesso; solo negli ultimi anni la cercò, ma per stanchezza, per darsi un’identità. E per la verità, come «scrittore», non era una bottega che sfornasse libri o racconti; la letteratura lo visitava e lo possedeva malgré soi, come un vizio o una malattia. «Credeva ch’io fossi Moravia», mi disse un giorno per spiegarmi la fatalità, e il fallimento, dell’amore con Luisa B.; e in queste parole (dove c’era una grande tristezza) non c’era nessuna invidia per Moravia, ma appunto la sincera sorpresa che si fosse potuto creare un simile equivoco».

venerdì 9 luglio 2021

contentezza

Sono contento, per una volta ha vinto lo Strega l'unico libro che avevo letto fra quelli proposti. Ora non devo correre a comprarlo per sentirmi alla pari.

venerdì 3 luglio 2020

mi sorprende

E soprattutto mi sorprende che ci sia ancora gente che dallo Strega, che è notoriamente un premio senza alcuna profondità se non nell'atto stesso di operare il miracolo di creare marketing intorno a un libro spesso di media qualità, quindi passando dal piano del pensiero critico a uno puramente ecclesiastico, si riescano ancora ad attingere degli argomenti di discussione culturale che vadano oltre il dogma che lo Strega è, persino quando sai che non è vero o dubiti, lo Strega è, come la Chiesa o Matrix. Veramente ha ragione Augias, allora, che chiunque se ha un minimo di testa può discutere di tutto, anche del sesso degli angeli se gli gira.

lunedì 23 ottobre 2017

le stelle fredde

Un uomo, un pubblicitario di successo abbandonato senza motivo dalla compagna e sofferente per alcuni problemi all’udito decide, di punto in bianco, di mollare il lavoro e la città e di trasferirsi nella sua vecchia casa in campagna, col padre con cui ha un rapporto di amore-odio. Viene qui minacciato da un uomo con cui aveva antichi rancori e quando questi viene misteriosamente ucciso, senza una logica apparente – essendo egli sospettato del delitto, ma non l’assassino – rifiuta di parlare con la polizia e si nasconde in un capanno poco distante dalla casa. Qui viene prima scovato da un poliziotto che però solidarizza con lui, poi incontra Dostoevskij redivivo che gli racconta com’è la vita nel regno degli oltrepassati. In questo suo rifugio lo raggiunge la notizia della morte di suo padre. Decide quindi di tornare a vivere da solo nella casa dove, per darsi ragione della sua stessa esistenza, comincia a stendere un lungo elenco di oggetti che lo circondano, poi a rievocare le immagini dei suoi morti, non riuscendo più a distinguere alla fine fra ricordi e fantasmi che ora occupano l’intera casa insieme a lui. Pubblicato nel 1970, vincitore dello Strega, Le stelle fredde di Guido Piovene, giornalista, è uno degli ultimi suoi libri, scritto quando Piovene era già venuto a conoscenza della malattia che di lì a poco lo avrebbe ucciso. Il linguaggio utilizzato è secco e duro, incisivo, senza fronzoli, esclude volontariamente qualsiasi possibilità di coinvolgimento emotivo da parte del lettore, che resta come stordito, meglio ancora raggelato dallo scorrere senza ragione dei fatti riportati. In tale nitore formale però, l’autore raggiunge a tratti una meditata eleganza poetica, soprattutto nelle ultime pagine che non offrono alcuna speranza, soltanto nuove dichiarate illusioni. È questo, in tutto e per tutto, un romanzo sulla fine della vita. Nota a margine: questo è il terzo libro scritto negli anni ’60 che leggo, in cui il protagonista è un pubblicitario scoppiato. Evidentemente all’epoca i pubblicitari non erano considerati persone frequentabili.

sabato 21 ottobre 2017

la poesia allo strega, lo strega alla poesia

Una delle esperienze più umilianti che ho avuto come editore mi è successa circa due anni fa – se la memoria non inganna – quando scoppiò quel mezzo scandalo sul Premio Strega che, date le quantità di libri gratuiti richiesti agli editori per l’iscrizione, era democratico di nome ma di fatto escludeva tutti i pesciolini come me. Mi contattò allora la giornalista di una testata nazionale, me come altri micro editori, per farmi le sue domande su cosa ne pensassi del premio. Io risposi alle sue domande con tutto il garbo possibile, le passai anche dei nomi di altri possibili intervistabili poi, quando venne fuori il fatto che fossi prevalentemente un editore di poesia – cosa di cui la giornalista non si era informata – venni con poche imbarazzate ma rapide scuse liquidato, e la mia intervista cancellata, perché il premio Strega è notoriamente un premio indirizzato alla narrativa e non mi riguardava. Fu come sentirsi ghettizzato due volte, primo perché piccolo e secondo perché votato alla pubblicazione di un genere sfigato come la poesia, dove persino chi prendeva posizione polemica contro le regole del premio, come appunto la giornalista, alla fine mi faceva fuori in nome del senso comune che vuole la poesia genere a parte – e la mia opinione ininfluente perché non interessata dal premio. Né però avevo le armi per darle torto, perché di fatto quando mai la poesia ha vinto allo Strega? Così salutai e incassai lo scorno. 
Fino a stamattina, quando mi è capitato fra le mani, dono dell’inestimabile Eva Hide, uno smilzo volumetto di dodici prose poetiche, ordinate come le stazioni della Via Crucis in una sorta di poemetto intitolato Nottetempo, casa per casa, scritto da Vincenzo Consolo e vincitore dello Strega nel 1992. Ecco che, per quello che sembra essere diventato il premio nell’immaginario comune, sembra quasi un miracolo. Il miracolo della poesia che vince, per quanto rivolto al passato. Il libro comincia così:
“E la chiarìa scialba all’oriente, di là di Sant’Oliva e della Ferla, dall’imo sconfinato della terra sorgeva nel vasto cielo, si spandeva – ogni astro, ogni tempo rinasce alle scadenze, agli effimeri, ai parenti si negano i ritorni, siamo figli del Crudele, pazienza”.
E va avanti per circa 140 pagine in questa lingua che è poesia fino alla chiusa, bellissima e consolatoria: 
“Avrebbe dato ragione, nome a tutto quel dolore”.