martedì 15 ottobre 2024

l'avversario

Ieri sera a cena parlavamo di Limonov di Carrère e della Russia in cui aveva cominciato a scrivere poesie, una Russia in cui – come diceva Silvio – un ragazzino di 13 anni e senza i giusti agganci era già condannato, sapeva già che la cosa migliore che gli poteva capitare era diventare un alcolizzato di vodka, oppure se gli riusciva fuggire, e questa visione della Russia era l'unica cosa che Limonov avesse in comune con Brodskij, il suo avverario di sempre, quello che voleva battere a tutti i costi diventando più bravo, più famoso, più grande. Perché in arte, più importanti degli amici sono i rivali, reali o immaginari che siano. Lo dice proprio Limonov, in una intervista del 2014 (tradotta da Davide Brullo e Fabrizia Sabbatini), in cui confessa quanto gli manchi il suo avversario: “C’è stato soltanto un uomo il cui talento letterario era commisurabile al mio – benché diverso e minore del mio. Iosif Brodskij. (…) Mi sento un po’ solo a causa della sua assenza, ho pure scritto una poesia su quanto mi senta solo al mondo senza di lui. Può o meno fa così: Senza Brodskij, la noia mi devasta. (…) Brodskij era un Maestro, abbiamo vissuto una complicata relazione di amore-e-odio. Non gli piaceva il mio primo libro, invidiava alcune pagine di Diario di un fallito. Ho invidiato la sua ode In morte di Zukov. Quando, nel 1998, uscì il mio libro, Anatomia di un eroe, avevo fisicamente bisogno che Brodskij leggesse quel libro. O uno simile a Brodskij. Ma Brodskij giaceva conficcato nel suolo di Venezia. (…) Non era brillante, Iosif, ma era un Maestro, sapeva apprezzare, sapeva sentire. È una rara apparizione, un Maestro, dunque, ora, chi cazzo mi leggerà?”

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