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domenica 17 novembre 2024

da facebook

Ogni giorno su questa povera bacheca leggo stupidaggini del tipo che Trump, almeno lui, non ha mai fatto guerre, per questo è sempre meglio degli altri. Nemmeno Andreotti ha mai fatto guerre, eppure… Eppure Trump vi piace, e allora io penso che forse il problema non è Trump, ma siete voi e i motivi per cui vi piace. Leggo quelli che dicono che appoggiano Trump perché amano la pace e odiano una certa sinistra, e non li capisco, non ha senso per me questo aut aut, la trovo una forma di malattia. Credo che per una persona sana sia normalissimo odiare una certa sinistra così come è impossibile appoggiare uno come Trump, per gli identici principi; e penso che non c’è contraddizione più grande di dire di amare la pace e aspettarsela da un uomo così, uno intimamente convinto che le donne siano esseri inferiori, che i migranti siano esseri inferiori da deportare, che chi ha denaro conta di più di chi non ne ha, che l’ambiente e il mondo siano un ostacolo da abbattere invece di una risorsa da coltivare, che l’ignoranza dei popoli e la menzogna vincono sempre sulla verità, sull’informazione e sulla cultura, per quanto scomode e sgradevoli esse possano essere. L’unica vera contraddizione per me è questa, stare sempre a dire di odiare le menzogne del potere e poi sposare la causa dell’ennesimo re nudo, invece che del bambino che lo sbugiarda senza mezzi termini.

giovedì 7 novembre 2024

de andrè

Ieri un tipo su IG che pareva molto contento della vittoria di Trump perché finalmente avrebbe contrastato questo clima d'odio antirusso, anche se poi si scherniva dicendo (e citando il povero De Andrè) che lui è contro il potere tutto, a un certo punto ha fatto fra le righe allusioni a quei fessi tipo me che credono alle bufale sul clima e si fanno l'orto a casa per mangiare vegetariano a km 0 ecc. tutte cose molto inutili che non cambiano di una virgola quello schifo di potere che ci sovrasta, come se già mangiare bene non sia una forma sana di lotta. Leggendolo, però, mi è venuto da pensare che, per quanto io ci parli, davvero non capisco le posizioni di quelli che credono alle scie chimiche e poi mi dicono di non credere al surriscaldamento globale, definendola una bufala, io non capisco perché secondo loro l’uomo ha il potere di iniettare sostanze nell’aria che respiriamo ma non ha potere di influenzare la natura. Ma non è una contraddizione? Ho letto persone convinte che il disastro di Valencia sia stato provocato da inseminazioni di nuvole di pioggia in Marocco, e proprio per questo sostengono che è la prova che non c’è alcun cambiamento climatico in corso, ma è stato solo un “incidente” più o meno casuale (che già detta così, visto quello che è successo, fa abbastanza paura). Ma non è invece la prova che se l’uomo vuole può facilmente modificare il clima, sconvolgerlo e creare disastri ambientali? E che occorre quindi una regolamentazione etica di cosa si può fare o no, e come, e con quali scopi, in natura? Perché, se anche fosse vera la storia del Marocco, tu come ti comporti: vai in Marocco a dirgli di non provare mai più a far piovere sul loro stato, anche se magari hanno una grave siccità in corso? E dall’alto di quale gradino glielo puoi impedire? E sai dove ti mandano quelli in Marocco se provi a dirglielo? E allora che si fa, andiamo avanti con il "Liberi tutti" fino al prossimo incidente, alla prossima Valencia? Perché tanto non è vero niente? A me sembrano tutte cose molto reali di cui discutere, mica fantasie. E il fatto che non si riesca a discuterne pacificamente arrivando a una soluzione condivisa mi pare solo la controprova che il problema è veramente serio.

lunedì 4 novembre 2024

l'attrice

Leggere post (per me) assurdi, scritti da gente che pubblica libri, in cui si lancia l’ipotesi che la ragazza che ieri si è spogliata per protesta in Iran forse è una attrice, una comparsa paracadutata lì e utilizzata dal “nemico” per favorire l’ostilità verso l’Iran e aumentare il consenso al prossimo attacco di Netanyahu. Come se servisse una comparsa, dopo anni che stanno combattendo in quel paese per un po’ di libertà, dopo Mahsa Amini, dopo che sono morti tanti giovani impiccati per strada, lontanissimi dalla nostra attenzione, come se servisse una comparsa a ricordarci che l’Iran è una dittatura feroce che odia la giovinezza e le donne. E se anche fosse vero, se anche fosse stata una comparsa? Quanto siamo meschini se abbiamo bisogno di una attrice per ricordarci del male vissuto in un paese? Quante attrici, quante serie Netflix, ci serviranno per ricordarci, che ne so, delle donne afghane? E così noi, invece di stare dalla parte di quei giovani che lottano, pensiamo solamente al “nemico”, il “nostro” nemico, al nemico che ci siamo dati fregandocene degli altri, così nell’ansia del nemico non pensiamo a niente altro che al nemico, il nostro, e arriviamo a sospettare di chiunque, anche di noi, perché il nemico è ovunque, anche in noi, finché il nemico diventiamo noi, e abbiamo finalmente un buon motivo per odiarci e invocare la nostra stessa distruzione col profondo e assoluto egoismo che ci è proprio. Ma cosa è vero e cosa è giusto, allora, agli occhi di chi non crede in nulla al di là del suo nemico?


martedì 2 luglio 2024

il giochino

Com’era prevedibile, ora che è scoppiato il caso della “gioventù meloniana” Piantedosi fa il giochino di mischiare le carte in tavola dicendo di essere più preoccupato dell’antisemitismo a sinistra che non di quello a desta. Chi legge il post con le sue dichiarazioni subito lo insulta rispondendo che non è mica la stessa cosa, che essere arrabbiati per ciò che succede a Gaza non è equiparabile a essere dei razzisti di destra. E detta così può essere anche vero, se non fosse che ho letto e sentito con le mie orecchie gente di sinistra piena di odio attaccare la Segre con parole molto più che offensive perché non prendeva una posizione netta contro Israele, gente che le faceva il processo mediatico arrivando a dire che rubava il suo stipendio da senatrice per una storia di prigionia durata pochi mesi dove in fondo non era neanche morta, gente che santificava Chef Rubio quando le si aizzava contro con l’hashtag di auschwitz, gente che insinuava che è brutto dirlo ma forse forse Hitler aveva ragione… Li ho sentiti con le mie orecchie, e non erano meloniani, erano solo persone che ragionavano con la pancia piena d’odio. Sono cose che fino alla settimana scorsa si leggevano serenamente sotto ogni post che ne parlava, gli ultimi li ho letti sotto un post del vignettista Mauro Biani, perché ciò che scrivi purtroppo resta, al di là di ogni possibile autodifesa. Il paradosso di una presa di posizione forte è che prima o poi il contesto cambia e ti ritrovi ad essere tu il processato che deve chiarire la sua posizione. Io non penso che certa sinistra, o certa gente incazzata, sia stata mossa a tali stupidi commenti dagli stessi motivi di certa destra, ma penso che alla fine le parole che dici ti classificano per quello che sei e l’odio quando arrivava a colpire fa male allo stesso modo, non c’è un odio che sia diverso e migliore di un altro perché si crede più puro nelle intenzioni. Se ti ammazzo di botte “perché ti amo” non è che le botte facciano meno male perché ci metto dentro il mio amore. O come direbbe Osho, per stemperare, può essere di mucca o di maiale, ma se c’è cacca sul fondo, sempre di cacca puzzerà quello che pesti.

martedì 28 maggio 2024

quale pace?

 Mi capita da un po' di giorni di leggere post che se la prendono con la Segre. La cosa straordinaria è che a me della Segre fino alla settimana scorsa non è mai fregato nulla, e invece da qualche giorno me la ritrovo mio malgrado dovunque e la cosa mi preoccupa. Oggi ne ho letti due. Uno più mite che insinuava che la suddetta venga pagata bei soldoni dai contribuenti per diffondere le sue idee sioniste in Italia (e senza contare che va pure nelle scuole, a raccontare cosa?) e un altro assai peggiore in cui si diceva che forse un secolo fa non avevano tutti i torti a prendersela con quelli come lei... Di fronte a cose così continuo a chiedermi quale particolare meccanismo associativo scatti nella testa di alcune persone, per cui la prima risposta a una forte commozione sentita per un popolo vessato sia quella di augurare il peggio ad altre persone, nemmeno le responsabili in prima persona di quell'ingiustizia, e tutto questo mentre ci si dice convinti che il desiderio più grande di tutti è la pace. Quale tipo di pace, visto che noi per primi ci odiamo così tanto, ancora non si sa.

domenica 14 gennaio 2024

gli intelligenti

Non ho mai capito perché spesso i più diffidenti verso l'intelligenza (degli altri) sono proprio gli intelligenti. Ogni tanto ci si racconta che sono i cretini o i brutali a fare ostruzionismo, ma non è vero, sono gli intelligenti i peggiori avversari di un altro intelligente con vere e proprie punte di antipatia che possono sfiorare l'odio, e se invece ne riconoscono il valore e se lo prendono a cuore è sempre per affinità del discorso o simpatia innata, raramente perché vanno oltre se stessi.

domenica 26 novembre 2023

pensierino sulla rimozione di certa memoria storica

 Ho visto la registrazione di un intervento di Barbero all’università di Bologna dove parlando dei vari conflitti fra israeliani e palestinesi o fra russi e ucraini dice che spesso ci riesce così facile parlare di “pace” rispetto a loro perché fondamentalmente non ci ricordiamo che fino al secolo scorso avevamo in Europa situazioni molto simili per intensità di risentimenti fra paesi e popoli che scatenavano guerre sanguinose e narrazioni interne votate alla divisione e all’odio dello “straniero” (dove per straniero si intendeva l’austriaco, il francese, il tedesco, l’inglese, lo spagnolo, il musulmano, l’ebreo, ecc.). La seconda guerra mondiale e ciò che ne è seguito hanno innescato in noi un processo congiunto di “rimozione della memoria” o “del conflitto” che ci ha portato un lungo periodo di pace e per il quale non riusciamo più a concepire che simili “narrazioni” possano determinare delle guerre fra popoli. Se succede, anzi diciamo, è sempre perché qualcuno – il cattivo di turno – ci mette lo zampino, altrimenti tutti i popoli per loro natura vogliono vivere in pace. Non è proprio così (vedi serbi e croati). O non per tutti è così. Prova ne sia anche ancora in Russia e Ucraina si rivanghino oggi, come motivi d’odio bruciante, dei fatti che almeno ai miei occhi, ma evidentemente non ai loro, sembrano storia vecchissima. Mi fa sempre specie, ad esempio, vedere Zelensky, che ha la mia età e quindi non ha realmente vissuto quella storia, appellarsi alla sua nazione parlando di lotta al nazismo: eppure nel suo paese quel racconto non è solo retorica, ha un senso, ha un peso determinante. Esattamente come per i miei nonni o per mio padre poteva averlo parlare di Risorgimento, di Garibaldi o di Cavour, quando ormai per buona parte di noi la storia del Risorgimento non solo è acqua passata, inutile a raccontare un’unità italiana ancora aperta, al massimo viene ridiscussa per svalutarne l’importanza (come ben si sa all’epoca ci hanno messo lo zampino gli inglesi, che erano "gli americani" dell’epoca). Non parlo nemmeno delle lotte sociali di ieri i cui temi tornano oggi alla ribalta perché nel frattempo ce ne siamo dimenticati le conquiste. Ancora il discorso di Barbero implica un altro scorcio interessante, quando dice che le nazioni europee di oggi “apparentemente” sono in pace. Questo perché la rimozione della memoria ha una contropartita a cui non vogliamo pensare. Così come il Risorgimento, anche la Resistenza, che per la mia generazione ancora significa qualcosa, per quello stesso processo di “rimozione della memoria” o “del conflitto” a breve verrà inevitabilmente messa da parte, dimenticata, o accantonata, dai più giovani. Questo, mi si dirà, è un processo inevitabile del tempo; invece, ci insegnano proprio i conflitti in corso che vivono su retoriche vecchie di ottant’anni, è un problema di trasmissione culturale di determinate narrazioni. Così come le storie che si tramandavano oralmente i nostri nonni analfabeti per secoli anche noi avremmo il potere di trasmetterle, ma abbiamo abdicato quel tipo di trasmissione della memoria ad altri mezzi più veloci, rapidi, inoffensivi, che passano senza lasciare traccia. A questo punto tutta la retorica del “per non dimenticare” su cui da anni le uniche a far fortuna sono le case di produzione cinematografiche che ne traggono dei film tanto istruttivi e commoventi quanto inapplicati nel concreto (vedi il trattamento dei migranti), non avrà più senso, non uno agganciato alla nostra comprensione della realtà. Il rischio è ovviamente uno e uno soltanto: se, al riparo nel tuo angolo di confort, ti scordi cosa è stato il fascismo quando era ferocemente presente, cosa ti fa pensare che un giorno non si possa ripresentare alla tua porta per ricominciare tutto da capo?

sabato 12 agosto 2023

vendetta

A forza di sentire parlare dello sputtanamento pubblico dell’imprenditore torinese ai danni della sua fidanzata che lo avrebbe tradito, e se sia stato giusto o no vendicarsi così, mi sono chiesto cosa avrei fatto io al posto suo. Ecco che, come ho sempre fatto in vita mia ogni qualvolta mi sono sentito tradito, sarei partito all’attacco scrivendo di pancia una poesia che avrei immediatamente pubblicato così da sputtanare in grande, ma filtrando il tutto con la scusa dell’arte. Posso dire che, versi o bellissimi o meno, le persone coinvolte non ci sono state bene, dunque la vendetta è arrivata, anche se poi, a mente fredda, non posso dire di sentirmene fiero. In effetti, tutta la storia dell’arte è piena di artisti che hanno sputtanato i propri partner fedifraghi, da Catullo a BZRP Music di Shakira, ogni nostra manifestazione artistica, in pittura o scultura come nella letteratura, nel cinema e nella musica, dal melodramma alla musica pop, è tutta un pullulare di corna e tradimenti, sputtanamenti feroci, rivendicazioni, arrovellamenti e vendette sanguinarie, spesso infantili e odiose, altre studiate fin nei minimi particolari, da gustare fredde. Ma vogliamo parlare del più grande di tutti? Giacomino Leopardi, che col ciclo di Aspasia ha sputtanato nei secoli dei secoli, o almeno negli ultimi due secoli, e senza possibilità di replica, la fedifraga Fanny Targioni Tozzetti colpevole di essere finita a letto con l’assai più prestante Antonio? Ecco, rispetto all’imprenditore torinese, Giacomino Leopardi che matura la sua vendetta in versi meravigliosi e assoluti come la lapidaria A se stesso cos’è, un fuoriclasse senza pari o uno stronzone d’uomo talmente grande al cui confronto l’imprenditore, nella sua povertà espressiva, non è che un dilettante? E dunque, lo perdoniamo perché è stato un grandissimo poeta, Giacomino, o cancelliamo i suoi versi dai libri di scuola in nome di un “politicamente corretto” che rinnega ogni espressione animale, nata nel groviglio delle viscere umane – e le viscere umane sono sporche – per avvicinarsi sempre più ai versi pulitini dell’AI, che non conosce tradimento? E di contro, alla povera Fanny che nel nostro immaginario di lettori passa ormai – e passerà per sempre – per la bugiarda seduttrice che non era, cosa diremo? Come faremo a farci perdonare?

lunedì 31 luglio 2023

odio

Ho appena capito, quasi come un lampo improvviso sotto il sole, che il motivo principale per cui ho amato tanto e amo le poesie di Bordini è la naturalezza con cui ammette che si odia, qualcosa che mi mancava per pudore, o paura di sembrare stucchevole. Attraverso lui ho scoperto questa libertà, che mi fa bene, di poterlo scrivere nei miei versi che mi odio, che ci si può odiare con tale leggerezza che alla fine non senti più la distanza, nessuna differenza con gli altri corpi vuoti che occupano il mondo.

martedì 3 gennaio 2023

tempo sospeso

Nell’ultimo capitolo del suo saggio su Proust e Céline, Magrelli parla diffusamente dei rapporti che i due ebbero con Gallimard, che fu editore di entrambi, facendo con entrambi a distanza di un decennio lo stesso errore: li rifiutò quando gli presentarono il loro manoscritto, salvo poi scusarsi per l’errore commesso e recuperarli nella propria casa editrice in un secondo momento, quando cioè il successo arrise ai due scrittori che nel frattempo avevano pubblicato con editori misconosciuti o a pagamento. La cosa divertente è che per entrambi ci fu un rifiuto dettato non da motivi estetici, ma personali: in quanto il manoscritto di “Dalla parte di Swann” di Proust pare non fosse stato nemmeno letto in casa editrice, bollato da Gide come il capriccio letterario di un ricco sfaccendato, e quello di “Viaggio al termine della notte” di Céline venne letto e apprezzato ma rifiutato per motivi politici in quanto opera di un collaborazionista: è divertente perché le opere di entrambi gli autori oggi sono considerate le due colonne portanti (dunque l’anima) del catalogo di quell’editore. Ma qui Magrelli evoca anche la domanda delle domande del mondo editoriale: ci sono moltissime opere che parlano dell’iniziazione di un autore che attraverso le proprie vicende personali scopre in sé la vocazione di scrittore, e queste vicende nella nostra immaginazione sono quasi immediatamente premiate dal successo, come se ci fosse un salto: io scopro in me lo scrittore e due capitoli dopo sono già un artista riconosciuto. Pochissime invece ci parlano di quello che succede nel mezzo, o subito dopo che ho scritto, di tutto quel tempo sospeso, degli sbattimenti che ogni scrittore deve affrontare per diventare “scrittore pubblicato”, fra lettere e rifiuti, risposte preconfezionate, silenzi, incomprensioni, fallimenti, anche economici, ritardi e dimenticanze, lo scoraggiamento di tutte le volte in cui vieni semplicemente ignorato, quelle in cui devi ringraziare per una brutta recensione, e poi i riconoscimenti negati, quelli tardivi o addirittura postumi. Quanti di questi libri abbiamo letto finora? Chi li ha scritti? E con quali sentimenti addosso? Chi li ha pubblicati? Hanno venduto delle copie? Chi li ha letti? E cosa ne ha pensato?


giovedì 29 dicembre 2022

l'odio di céline

Riassumo per note e appunti il terzo capitolo del saggio “Proust-Céline. La mente e l’odio” di Valerio Magrelli (assai bello). Scrive Céline al suo massimo: «Nelle Scritture è scritto: “All’inizio era il Verbo”. No! All’inizio era l’emozione». Ma come osserva George Steiner: «come in Jonathan Swift, in Céline la sorgente dell’immaginazione e dell’eloquenza sfrenata è l’odio. Di solito, e relativamente a ciò che pertiene alla forma estetica, l’odio ha il fiato corto; non copre grandi spazi. Ma in un gruppo ristretto di maestri – Giovenale, Swift, Céline – una misantropia furiosa, una nausea contro il mondo, dànno luogo a progetti di notevoli proporzioni. La monotonia del disgusto diventa sinfonica». Cèline si scaglia contro cinesi, neri, comunisti, omosessuali, per fare infine convergere tutto il proprio risentimento sulla figura dell’ebreo. Eppure, noterà Sartre, nell’ebreo urbano c’è qualcosa in cui si concentra con un’intensità particolare la fragile umanità dell’uomo. L’ebreo non è solo umano, ma un po’ più umano degli altri uomini. In questa luce torbida, l’odio verso di lui appare come il distillato di un generale disprezzo verso la razza umana. Come dimostrato da varie ricerche storiche, Céline fu un agente della Germania nazista, non un provocatore bensì un militante, tanto fervente da lavorare gratis. Membro del gruppo ultra-minoritario degli antisemiti razzisti pro-hitleriani tra il 1938 e il 1939, autentica guida ideologica, egli fu l’unico scrittore celebre a essersi impegnato totalmente nella propaganda nazista, arrivando a denunciare sei o sette persone per appartenenza ebraica e due per affiliazione al partito comunista, una delle quali contro un medico di cui aspirava a carpire il posto di lavoro. Il suo odio fanatico contro gli ebrei nasceva dalla convinzione che gli ebrei stessi – capi occulti di un complotto globale secondo pregiudizi diffusi anche in Francia, vedi il caso Dreyfus – odiassero e cospirassero per la fine della civiltà francese ed europea. Quando la Germania perse la guerra Céline ritrattò in parte le proprie convinzioni, non arrivando mai a disconoscerle, ma scegliendo di «ebreare», ovvero, preso atto che gli ebrei non potevano essere battuti, scegliendo di passare dalla parte del nemico, e così unirsi a loro nell’odio contro l’umanità tutta. In questo modo l’odio di Céline si fece universale. Il disconoscimento del nazismo, però, consentì alla sinistra francese di non epurare la sua opera che viene ancora letta ed apprezzata con l’istituzione di un culto per lo stile céliniano che perdona o fa finta di non vedere la profonda volontà di morte e d’odio determinati anche dal razzismo.

giovedì 20 ottobre 2022

mistero

Il mistero di mio padre che quando parla ormai non si capisce più nulla, ma ogni volta che in TV viene fuori un qualsiasi rappresentante politico comincia a gridare ANIMALI! PORCI! PORCI! e la voce gli torna nitida, accesa dal suo odio di classe.

sabato 5 febbraio 2022

odio

Alcuni poeti prima o poi finiscono in TV o nei cuori dei lettori, altri si muovono rasoterra, con un passaparola appena appena sussurrato. Ho cominciato a leggere la Annino perché me ne ha parlato Roberto R. Corsi, che l'amava quasi col pudore di un figlio. Proprio come ho conosciuto Bordini per l'amore di Francesca Santucci. Sono quegli incontri che restano perché si basano sulla condivisione di un segreto. Oggi leggo questo ritratto di Siti, e mi ritrovo scoperto e quasi liberato in questa frase della Annino: “la poesia mica bisogna amarla, bisogna odiarla”. Perché io la odio la poesia, con tutto me stesso, o meglio, la vivo in questo limbo lacerante di amarla e odiarla insieme, come Catullo. E non capisco chi dice di amarla e basta, perché se la ami e basta forse non ti ha fatto abbastanza male.

martedì 18 gennaio 2022

volgarità

Ho appena visto delle persone che condividevano delle foto di Emilio Fede ridotto non proprio bene dopo una caduta (ha 90 anni) e ridevano di lui senza pietà. È pur vero che si raccoglie cosa si semina, e la volgarità che ha seminato Fede in anni e anni di giornalismo infetto loro l'hanno assorbita diligentemente e ora gliela restituiscono. Mi hanno disgustato.

sabato 20 novembre 2021

il nemico

Oggi più che mai che dovunque tendo l’orecchio non sento altro che astio e ancora astio, e presunzione, scagliati da tutti contro tutti in una gara a chi ha più ragione sugli altri, persino nel fallimento generale, mi pare che il libro più importante, quello che ancora lascia un interrogativo aperto, imprescindibile e irrisolto sul nostro presente e sul futuro sia La Casa in collina di Pavese, quando nell’ultima pagina Pavese si chiede cosa ne faremo dei morti, a prescindere dalla loro bandiera. Mi sembra la domanda delle domande questa. Ecco che sappiamo perfettamente chi è il nostro nemico, ce lo hanno insegnato come si deve, e il primo che ha un dubbio è nemico egli stesso, ma di cosa faremo del nemico nei fatti, e non solo a parole, una volta che lo avremo abbattuto, nessuno ha la più pallida idea.

mercoledì 28 luglio 2021

la storia siamo noi

Io e mio fratello guardiamo un servizio in Tv sulle proteste dei NoVax nelle città. Ma guardali, mi dice mio fratello irritato, persone così mi danno fastidio, un esercito col telefono in mano a farsi le foto o i video. Io non li avevo nemmeno notati ma in effetti è vero, non ce n'è uno solo che non sventoli il telefono in mano come un'arma. Il terzo stato (il quadro) è del 1901. Nel giro di 120 anni siamo passati dall'immagine del popolo in marcia che fa la Storia a quella del pubblico in massa che fa la storia su IG.

martedì 15 giugno 2021

giocare al ribasso

Ho appena letto (non lo sapevo) che Nick Cave pensa che Bukowski come uomo fosse un cretino e come poeta faccia schifo. Mi è venuto da ridere perché ho pensato che Bukowski (che notoriamente ascoltava solo musica classica) avrebbe detto lo stesso della musica di Cave e di tutti quelli che preferiscono l'insalatona rock a Beethoven e Sinatra. E voi che ne pensate, chi fa più schifo dei due? O si equiparano?

martedì 18 maggio 2021

la polemica del fo

 Poco fa leggevo un post fra i tanti, in cui si riportava un aneddoto di Battiato che rispondeva male a Dario Fo, il quale gli diceva di non apprezzare i suoi testi. Sotto il post, fra i soliti commenti sprezzanti, ce n’era uno che scriveva che quello di Fo era un Nobel immeritato. È un pensiero che serpeggia questo. E, lo confesso, io non l’ho mai capita questa cosa del Nobel a Fo che offende tanto gli italiani. Penso che se fosse successo a un artista francese, in Francia sarebbero stati contenti di quel Nobel a un connazionale. Invece noi no, noi per pura onestà intellettuale diciamo che non se lo meritava, era meglio darlo a Philip Roth. Non parlo manco di Luzi, altro grande sconfitto, perché chi lo legge più Luzi? Una volta l’ho consigliato a un amico che mi fa: è bravo, ma puzza di cattolicesimo. Così è visto Luzi in Italia. E questi siamo noi, un popolo di stronzi (Monicelli). Ma tutti quanti appassionati di musica, cinema, opera e teatro, al punto che ci possiamo permettere di dire chi merita cosa oppure no, o quanto è giusto o meno il giudizio della commissione di Stoccolma, in base alla nostra vasta conoscenza dell’arte che però ci guardiamo bene dal sovvenzionare (anche semplicemente pagando il biglietto). Me ne capitano di continuo di persone così, che mi vengono a parlare del mio lavoro, dei miei libri, a dire quanto è bello o brutto quel libro e poi hanno letto solo poche cazzatine d’amore di Neruda o di Tagore. Hanno letto un solo libro e per questo credono di conoscerne altri mille. Sono sincero, io non lo conosco così bene il lavoro di Dario Fo, non abbastanza da potermi esprimere su di lui, non conosco nemmeno bene il contesto sociale e politico in cui si è espresso, che pure credo conti qualcosa, non c’ero e nessuno me lo ha detto, e a nessuno ha interessato raccontarmelo. Sarebbe stato bello capire meglio quel contesto anche attraverso Fo, ma non è successo. Posso solo dire, da appassionato di Enzo Jannacci, che piaceva tanto anche a Battiato (meno agli italiani: troppo triste), che senza Fo quelle canzoni sarebbero state diverse, e solo per quelle (Ho visto un re, La luna è una lampadina, Ohè sunt chi, Veronica, L’Armando, persino Vengo anch’io no tu no che Jannacci fece esattamente come Fo non la voleva, perché l’arte spesso succede per reazione a qualcosa e non soltanto per approvazione), solo per quelle magari il Nobel no, ma un minimo di rispetto in più a Fo potremmo anche darglielo.

sabato 13 febbraio 2021

ma i leghisti che dicono?

Tutti che parlano da giorni della spaccatura avvenuta nei 5 stelle, soprattutto alla base, dopo l'ennesimo voltafaccia dei loro rappresentanti politici. E io mi chiedo, ma i Leghisti che dicono? I bravi vecchi leghisti che per anni gli hanno raccontato che Roma ladrona, terroni di merda, “Senti che puzza, scappano anche i cani: stanno arrivando i napoletani”, e poi l'euro ci affama, i nigger ci stuprano le donne, l'Europa ci odia, i cinesi ci portano il virus in casa, Draghi è il capo della mafia delle banche, che nel 2019 volevano la secessione dall'Italia ecc. ecc. ecc. Ecco, tutti quei bravi poveri leghisti incazzati col mondo, ma nulla nulla hanno da dire ai loro capi? Hanno capito tutto, ogni singola parola? Hanno compreso? O hanno detto e detto male, come sarebbe anche giusto, e nessuno ha riportato i loro insulti sui giornali? O sono tutti morti per lo choc?

giovedì 17 settembre 2020

gli sfaccendati

Bellissimo vedere come, dopo aver scoperto che prendevano il reddito di cittadinanza, ora la destra italiana dice che i ragazzi che hanno ucciso Willy sono in realtà il frutto della politica sbagliata dei Cinquestelle che regala i soldi agli sfaccendati invece di investirli in cose più utili come, ad esempio, una più efficiente forza dell'ordine che contenga la violenza degli sfaccendati stessi. Nessuno che parli di investire nella scuola, perché agli sfaccendati la scuola non serve. Ecco che, ancora una volta, nessuno li vuole con sé, nessuno si assume la responsabilità delle loro colpe, ma sono tutti concordi nel capire che gli sfaccendati (meglio se criminali) sono un ottimo argomento di strumentalizzazione politica.