giovedì 14 novembre 2024

il fascismo

Il fascismo in questi giorni mi rode dentro, è tutto intorno a me e permea ogni mio pensiero. Non è solo per tutto ciò che si vede al Tg e che già basterebbe, ma risuona come una campana d’allarme attraverso il mio lavoro. In questi giorni sto chiudendo un libro di Mario Gianfrate sugli anni che precedono la guerra nel nostro paese e passo le giornate scannerizzando vecchie foto dal suo archivio, di adorabili famiglie in camicia nera e ragazzi e ragazze in divisa militare che fanno esercizi ginnici nelle nostre campagne in trepidante attesa di venire armati coi fucili. In quella scia ieri sera ho visto Anni difficili di Luigi Zampa, film molto bello e troppo poco conosciuto, tratto da un racconto di Vitaliano Brancati, che parla di un uomo costretto a iscriversi al partito fascista per non perdere il suo posto di lavoro, ma questa adesione lo corrode dentro e lo porta, una volta che ha perso tutto, al suo discorso finale agli amici, dissidenti a mezza voce che fanno orecchio di mercante: “Vigliacchi, siamo tutti vigliacchi, sia quelli che per strada applaudivano il duce, sia quelli che invece fischiavano nascosti in casa, mentre avremmo dovuto uscire fuori e lamentarci a voce alta, come quei pochi che sono finiti ammazzati, o al confino, ma almeno si sono opposti a tutto questo”. Anche un bellissimo libro che sto leggendo in questi giorni, Un paese di Paul Strand e Cesare Zavattini, modello ineguagliato di reportage ambientato nell’Emilia del dopoguerra, porta i segni del fascismo nelle vite di questi poveri contadini senza futuro: lo porta fisicamente, sui muri su cui si vedono ancora i segni delle pallottole di chi è stato fucilato senza processo, e nei ricordi, in quelli di una donna che dopo la guerra denuncia, senza riuscire a farlo condannare, l’uomo che le ha infilato una pistola in bocca poco prima di ucciderle il marito; e in quelli di una vecchia contadina a cui il marito è stato invece ammazzato a forza di botte, lasciandola da sola a crescere 11 figli, che dice: “Nel ’45 mi hanno domandato se avevo voglia di vendicarmi, ma non avevo voglia di vendicarmi.”

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