Leggere post (per me) assurdi, scritti da gente che pubblica libri, in cui si lancia l’ipotesi che la ragazza che ieri si è spogliata per protesta in Iran forse è una attrice, una comparsa paracadutata lì e utilizzata dal “nemico” per favorire l’ostilità verso l’Iran e aumentare il consenso al prossimo attacco di Netanyahu. Come se servisse una comparsa, dopo anni che stanno combattendo in quel paese per un po’ di libertà, dopo Mahsa Amini, dopo che sono morti tanti giovani impiccati per strada, lontanissimi dalla nostra attenzione, come se servisse una comparsa a ricordarci che l’Iran è una dittatura feroce che odia la giovinezza e le donne. E se anche fosse vero, se anche fosse stata una comparsa? Quanto siamo meschini se abbiamo bisogno di una attrice per ricordarci del male vissuto in un paese? Quante attrici, quante serie Netflix, ci serviranno per ricordarci, che ne so, delle donne afghane? E così noi, invece di stare dalla parte di quei giovani che lottano, pensiamo solamente al “nemico”, il “nostro” nemico, al nemico che ci siamo dati fregandocene degli altri, così nell’ansia del nemico non pensiamo a niente altro che al nemico, il nostro, e arriviamo a sospettare di chiunque, anche di noi, perché il nemico è ovunque, anche in noi, finché il nemico diventiamo noi, e abbiamo finalmente un buon motivo per odiarci e invocare la nostra stessa distruzione col profondo e assoluto egoismo che ci è proprio. Ma cosa è vero e cosa è giusto, allora, agli occhi di chi non crede in nulla al di là del suo nemico?
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