Ci sono tante cose che mi hanno particolarmente colpito nell’incontro dell’altra sera con Elisa Gestri, che fa la fotoreporter a Beirut. Forse l’immagine più forte che mi ha lasciato è quella della speculazione edilizia – puro capitalismo di guerra – che già si sta facendo a Beirut così come a Gaza: intere aree cittadine vengono bombardate a oltranza, anche se non ci vive più nessuno, ma non per odio, quanto per fare piazza pulita in attesa della ricostruzione, mentre a conflitto in corso vengono già lanciati annunci pubblicitari che dicono ad esempio: Vendesi 9 appartamenti sul lungomare a prezzi d’occasione! Così si portano avanti col lavoro. Un’altra immagine riguarda il fatto che i libanesi odiano storicamente i palestinesi quanto gli israeliani, per cui non li riconoscono nemmeno come cittadini, persino se sono nati lì (esattamente come da noi che si rifiuta lo ius soli ai figli degli immigrati che nascono in Italia). Ci si trova così a convivere oggi, in uno stato grande quanto l’Abruzzo, col problema degli sfollati di diverse etnie ognuna delle quali ritiene l’altra responsabile delle proprie sventure secolari creando un clima di tensioni interne difficile da gestire: gli sfollati palestinesi in Libano, ad esempio, non hanno diritto ai letti per cui devono dormire per terra. Su questo clima d’odio c’è chi ci specula. Ecco che gli unici che oggi vanno d’accordo, nel nome del comune odio antiisraeliano, sono Hamas ed Hezbollah, che trovano i soldi per la guerra (santa): nel mercato nero (dove spesso vengono rivenduti medicinali e aiuti umanitari europei che non arrivano mai alla popolazione perché in uno stato corrotto com’è il Libano vengono intercettati prima e rivenduti alla stessa popolazione a peso d’oro); nella prostituzione, nella vendita di organi (!), nella produzione e vendita di droga: e lì noi, mi dispiace dirlo, in quanto consumatori attivi di quel mercato siamo corresponsabili di molte atrocità. Perché qualsiasi stronzo d’Europa che compra droga anche per uso personale, partecipa alla guerra finanziandola in prima persona, poi magari scende in piazza a protestare contro le violenze del potere, ma intanto le finanzia attivamente, grammo per grammo, e nemmeno per aiutare il popolo vessato, ma solo una delle forze militari in campo che sulla guerra ci campa esattamente come tutte le altre. E infatti, una delle poche immagini positive che ci ha raccontato Elisa riguarda una camionetta di Hezbollah arrivata in un paesino del Libano dove i militari Hezbollah sono stati fermati dalla popolazione esausta per la guerra e picchiati a sangue.
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