A me di questa storia del Jova Beach Party che rovina le spiagge la cosa che più mi dà fastidio non è Jovanotti che fa la doppia morale, ma le 50 mila persone che vanno puntuali a ogni concerto giustificandolo nei numeri. Invece mi pare sempre più evidente che l’oggetto del contendere non sia la salvezza delle spiagge, ma la falsità di Jovanotti. Del resto lo dice l’articolo uno della costituzione: prima di tutto viene il lavoro, e chi se ne frega della salute delle spiagge quando c’è il lavoro? Sarà, a me comincia a sembrare troppo facile questo modello di pensiero per cui siamo sempre pronti a puntare il dito verso lo stronzo di turno, ma poi quando c’è da fare autocritica o boicottaggio stiamo zitti. La verità è una sola ed è semplice: vuoi salvare le spiagge? Allora boicotta il concerto. Perché se al concerto non ci va nessuno, il concerto non si fa, la spiaggia è salva. Invece tutti vogliono andare al mare, tutti al concerto perché il concerto sulla spiaggia è più figo, e se la colpa se la prende un altro meglio ancora. Forse non è nemmeno una colpa, perché manchiamo totalmente di sensibilità verso l'ambiente. E qui parlo per la Puglia, le nostre spiagge erano già zozze molto prima che arrivasse Jovanotti, e lo erano perché ci vanno i pugliesi, che sono zozzi perché vivono immersi nella bellezza della natura fin da quando sono nati, senza essersela conquistata, e per questo non la rispettano come dovrebbero. Come mi disse una volta un friulano che viveva in montagna e faceva il bagno in un fiumiciattolo sassoso, ma limpido: Chi ha i denti non ha il pane e chi ha il pane non ha i denti.
Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
lunedì 8 agosto 2022
giovedì 17 settembre 2020
gli sfaccendati
Bellissimo vedere come, dopo aver scoperto che prendevano il reddito di cittadinanza, ora la destra italiana dice che i ragazzi che hanno ucciso Willy sono in realtà il frutto della politica sbagliata dei Cinquestelle che regala i soldi agli sfaccendati invece di investirli in cose più utili come, ad esempio, una più efficiente forza dell'ordine che contenga la violenza degli sfaccendati stessi. Nessuno che parli di investire nella scuola, perché agli sfaccendati la scuola non serve. Ecco che, ancora una volta, nessuno li vuole con sé, nessuno si assume la responsabilità delle loro colpe, ma sono tutti concordi nel capire che gli sfaccendati (meglio se criminali) sono un ottimo argomento di strumentalizzazione politica.
venerdì 14 agosto 2020
che succede?
Questi ultimi giorni, confesso, sono stato maluccio, con mal di gola, tosse ecc. ma senza certezze che fosse un male di stagione o altro, e nel giro di pochissimo sono passato per tutti gli stadi sociali possibili, dal mio vicino che vedendomi arrivare mi ha “circumnavigato” per non avere contatti diretti con me a mio fratello che mi ha minacciato (come fa di solito): “Se mi attacchi qualcosa ti uccido prima del COVID!”, agli amici che mi chiamavano al telefono preoccupati: “Che succede? Come stai? Ti hanno già ricoverato?” o più convintamente: “Non voglio tirarti i piedi, ma secondo me è proprio COVID!” Non ho il COVID, non mi ha ricoverato nessuno, ma fra gli altri c’è stata anche moltissima gente che ha minimizzato con grande tranquillità: “Ma va che non è nulla!” oppure “Scià che il raffreddore ce l’ho avuto anch’io!” Il che è certamente possibile, anzi si spera che sia sempre raffreddore. Il punto secondo me è un altro: è che tutti questi amici minimizzavano non perché sapevano – ché nessuno sa nulla di certo a questo punto e tutti schizziamo impazziti da una teoria del complotto all’altra – ma perché semplicemente non potevano e non possono pensare che toccasse a me e di conseguenza a loro. E ho pensato che, al di là delle polemiche sulla strumentalizzazione del virus, è questo che, a un certo punto, ci ha fregati tutti: non il nostro innato ottimismo, ma questa idea che non può mai toccare a me, non può semplicemente MAI toccare a me, perché tocca prima sempre agli altri e gli altri NON siamo NOI. Tutto questo pensiero si è sposato oggi a una dichiarazione di Pier Luigi Lopalco che ho letto poco fa e che in un certo senso mi ha aperto gli occhi, perché sinceramente non l’avevo capita fino in fondo (con tutto che con le parole ci lavoro): cioè che chi prende il virus ma non si ammala e viene chiamato “asintomatico”, termine pulito e quasi asettico che serve a non creare il panico, ci viene quasi presentato dall’informazione come uno che l’ha passata liscia ed è ormai esentato dal danno. Ma questa è una verità parziale che riguarda il danno personale, non quello comunitario (vedi sopra). Un asintomatico, dice Lopalco, altri non è che un “portatore” sano, uno che porta il virus senza conseguenze per sé ma con possibilità di trasmetterlo. E ho pensato che forse, se invece di chiamarli “asintomatici” cominciassimo a chiamarli “sieropositivi” come si usava quanto ero ragazzo io per spaventarci da un altro terribile virus, con l’idea che eri comunque “positivo” a qualcosa e non negativo, ovvero emendato dal male e da responsabilità, qualcosa nella comunicazione cambierebbe.