Riassumo per note e appunti il terzo capitolo del saggio “Proust-Céline. La mente e l’odio” di Valerio Magrelli (assai bello). Scrive Céline al suo massimo: «Nelle Scritture è scritto: “All’inizio era il Verbo”. No! All’inizio era l’emozione». Ma come osserva George Steiner: «come in Jonathan Swift, in Céline la sorgente dell’immaginazione e dell’eloquenza sfrenata è l’odio. Di solito, e relativamente a ciò che pertiene alla forma estetica, l’odio ha il fiato corto; non copre grandi spazi. Ma in un gruppo ristretto di maestri – Giovenale, Swift, Céline – una misantropia furiosa, una nausea contro il mondo, dànno luogo a progetti di notevoli proporzioni. La monotonia del disgusto diventa sinfonica». Cèline si scaglia contro cinesi, neri, comunisti, omosessuali, per fare infine convergere tutto il proprio risentimento sulla figura dell’ebreo. Eppure, noterà Sartre, nell’ebreo urbano c’è qualcosa in cui si concentra con un’intensità particolare la fragile umanità dell’uomo. L’ebreo non è solo umano, ma un po’ più umano degli altri uomini. In questa luce torbida, l’odio verso di lui appare come il distillato di un generale disprezzo verso la razza umana. Come dimostrato da varie ricerche storiche, Céline fu un agente della Germania nazista, non un provocatore bensì un militante, tanto fervente da lavorare gratis. Membro del gruppo ultra-minoritario degli antisemiti razzisti pro-hitleriani tra il 1938 e il 1939, autentica guida ideologica, egli fu l’unico scrittore celebre a essersi impegnato totalmente nella propaganda nazista, arrivando a denunciare sei o sette persone per appartenenza ebraica e due per affiliazione al partito comunista, una delle quali contro un medico di cui aspirava a carpire il posto di lavoro. Il suo odio fanatico contro gli ebrei nasceva dalla convinzione che gli ebrei stessi – capi occulti di un complotto globale secondo pregiudizi diffusi anche in Francia, vedi il caso Dreyfus – odiassero e cospirassero per la fine della civiltà francese ed europea. Quando la Germania perse la guerra Céline ritrattò in parte le proprie convinzioni, non arrivando mai a disconoscerle, ma scegliendo di «ebreare», ovvero, preso atto che gli ebrei non potevano essere battuti, scegliendo di passare dalla parte del nemico, e così unirsi a loro nell’odio contro l’umanità tutta. In questo modo l’odio di Céline si fece universale. Il disconoscimento del nazismo, però, consentì alla sinistra francese di non epurare la sua opera che viene ancora letta ed apprezzata con l’istituzione di un culto per lo stile céliniano che perdona o fa finta di non vedere la profonda volontà di morte e d’odio determinati anche dal razzismo.
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