Stromboli, terra di Dio, girato da Roberto Rossellini nello stesso anno di Francesco, giullare di Dio, il 1949, ha in comune con l’altro la parola Dio nel titolo, ma sviscerato da un altro punto di vista. Tanto quello di Francesco è un film in cui l’alienazione della santità fa da ponte fra individuo società e natura, quanto il film su Stromboli è tutto giocato sulla lucidità dello sguardo, quello di Karin, interpretata da Ingrid Bergman, che lo esclude. In tal senso va interpretato il finale dell’opera, dove Karin riesce sì a trovare una comunione col divino inteso come mistero e natura – rappresentata dall’aspro paesaggio vulcanico dell’isola – ma non con la comunità che vi risiede, incontaminata e selvaggia ma non priva di preconcetti, di cattiverie e di ingiustizie, a cui persino incinta si rifiuta di tornare, così come prima ancora aveva rifiutato la ben più elegante ma non meno crudele società europea che aveva portato alla guerra. Karin, insomma, non riesce a trovare un suo posto fra gli uomini, ma non le viene meno l’orgoglio di chi rifiuta di soccombere alle regole sociali e integrarsi, e in tale rifiuto arriva a conoscersi nella natura dell’isola, a riconoscersi in essa. Da ciò lo scandalo del film. Mancando, dopo la rappresentazione della crisi dell’individuo, qualsiasi pentimento o volontà di accettazione sociale che è insito in tutti i lieto-fine, col protagonista che cerca di trovare un compromesso con la comunità di appartenenza, non stupisce che il film non sia piaciuto negli Stati Uniti, dove l’individualismo è sempre ammesso purché ammantato di patriottismo (ovvero spirito di comunità), e per il quale venne rimaneggiato con una voce fuori campo che lo “spiegava” al pubblico.
La foto, assai celebre, è di Federico Patellani da un reportage sul set (Stromboli 1949).
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