L’amore da vecchia di Vivian Lamarque fa già dal titolo il paio col precedente Madre d’inverno, entrambi legati all’ultimo tempo della vita sviscerando i due temi fondamentali di ogni vita (la malattia e la perdita da una parte, gli affetti dall’altra). Come già il precedente, anche se a una prima lettura questo mi pare superiore, L’amore da vecchia non mi ha convinto del tutto, perlomeno non sono riuscito a entrare in molti testi, in altri risuona qualcosa di già sentito (vedi la pur bella Padre padre, ma del resto non si può chiedere a un autore di rivoluzionarsi ad ogni libro); però altri testi ancora sono assolutamente notevoli (su tutte la bellissima poesia in apertura e la lunga poesia per Myriam di cui condivido qui i primi versi). Come in ogni suo libro quelli della Lamarque sono testi pieni di calore umano e di ironia, della rara capacità di stupirsi e non mancano mai, comunque, di una certa tecnica. Assolutamente necessaria e nuova mi è parsa la sezione Come nel film che vale da sola, per quel che ne penso io, l’intero libro (se vi riesce leggete almeno quella). Impagabili infine i ringraziamenti finali che la Lamarque riesce ad elevare ad arte. Ne cito due che mi sono piaciuti: “Ad Alba Donati, che tutte le librerie chiudono e lei in cima a una collina come una gallinella ne ha appollaiata una”; “Ai poeti che sono giovani oggi, come ieri noi”. A Vivian Lamarque, va detto, non si può non voler bene.
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