Com’era prevedibile, ora che è scoppiato il caso della “gioventù meloniana” Piantedosi fa il giochino di mischiare le carte in tavola dicendo di essere più preoccupato dell’antisemitismo a sinistra che non di quello a desta. Chi legge il post con le sue dichiarazioni subito lo insulta rispondendo che non è mica la stessa cosa, che essere arrabbiati per ciò che succede a Gaza non è equiparabile a essere dei razzisti di destra. E detta così può essere anche vero, se non fosse che ho letto e sentito con le mie orecchie gente di sinistra piena di odio attaccare la Segre con parole molto più che offensive perché non prendeva una posizione netta contro Israele, gente che le faceva il processo mediatico arrivando a dire che rubava il suo stipendio da senatrice per una storia di prigionia durata pochi mesi dove in fondo non era neanche morta, gente che santificava Chef Rubio quando le si aizzava contro con l’hashtag di auschwitz, gente che insinuava che è brutto dirlo ma forse forse Hitler aveva ragione… Li ho sentiti con le mie orecchie, e non erano meloniani, erano solo persone che ragionavano con la pancia piena d’odio. Sono cose che fino alla settimana scorsa si leggevano serenamente sotto ogni post che ne parlava, gli ultimi li ho letti sotto un post del vignettista Mauro Biani, perché ciò che scrivi purtroppo resta, al di là di ogni possibile autodifesa. Il paradosso di una presa di posizione forte è che prima o poi il contesto cambia e ti ritrovi ad essere tu il processato che deve chiarire la sua posizione. Io non penso che certa sinistra, o certa gente incazzata, sia stata mossa a tali stupidi commenti dagli stessi motivi di certa destra, ma penso che alla fine le parole che dici ti classificano per quello che sei e l’odio quando arrivava a colpire fa male allo stesso modo, non c’è un odio che sia diverso e migliore di un altro perché si crede più puro nelle intenzioni. Se ti ammazzo di botte “perché ti amo” non è che le botte facciano meno male perché ci metto dentro il mio amore. O come direbbe Osho, per stemperare, può essere di mucca o di maiale, ma se c’è cacca sul fondo, sempre di cacca puzzerà quello che pesti.
Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
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martedì 2 luglio 2024
martedì 12 agosto 2014
l'ultimo battito del mondo
Uno dei motivi per cui oggi sono ciò che sono e faccio ciò che faccio è merito di un film che uscì al cinema quand'ero alle scuole medie e che per molti della mia generazione ebbe lo stesso impatto di Gioventù bruciata sui ragazzi degli anni '50. Il film era L'attimo fuggente, e parlava fra le altre cose di come opporsi al grigiore della vita attraverso la poesia. Senza quel film, che all'epoca mi colpì grandemente e poi ho in parte ridimensionato, non mi sarei mai iscritto al liceo artistico né avrei cominciato a scrivere io stesso.
Lo stupore, quando muore un artista, è vedere come, per motivi diversi, il suo impatto sugli altri è stato altrettanto forte, e come il suo lavoro ci renda un po' più simili, e uniti rispetto alla vita, ai suoi problemi e ai suoi misteri, di quello che pensiamo. Per questo ognuno di noi, quando muore un artista, si sente in dovere di condividere parte del suo amore, attraverso i suoi ricordi, le proprie emozioni che poi scopre essere emozioni comuni. Ed è come se i cuori di tutti battessero all'unisono per quella persona, perché possa sentire quell'ultimo grande battito del mondo anche dalla morte.
Lo stupore, quando muore un artista, è vedere come, per motivi diversi, il suo impatto sugli altri è stato altrettanto forte, e come il suo lavoro ci renda un po' più simili, e uniti rispetto alla vita, ai suoi problemi e ai suoi misteri, di quello che pensiamo. Per questo ognuno di noi, quando muore un artista, si sente in dovere di condividere parte del suo amore, attraverso i suoi ricordi, le proprie emozioni che poi scopre essere emozioni comuni. Ed è come se i cuori di tutti battessero all'unisono per quella persona, perché possa sentire quell'ultimo grande battito del mondo anche dalla morte.
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