Lo sapete, vero, che a furia di dire che siamo già in guerra poi alle fine in guerra ci finiamo per davvero? Nel senso che una cosa è dirla e una cosa è farla, non è la stessa cosa. Io per me dico che noi in guerra non ci siamo ancora (io almeno, in base ai miei valori, non sono in guerra con nessuno e non credo di essere il solo) ma credo che è in atto una chiara volontà mediatica (e politica e economica) di inculcarcela la guerra, di parlarcene e farcene parlare a tal punto che poi la guerra ci sembrerà una conseguenza inevitabile. Quasi tutto si può evitare, se si vuole, soprattutto una cosa grossa come una guerra. Bisogna vedere se e quanto si vuole. Io per me, lo confesso, quando ho saputo dei morti di Parigi, la prima cosa che ho pensato è stata: ecco, ci stanno apparecchiando una guerra. E non ero tanto addolorato, quanto arrabbiato, e non con l’Isis. Poi sarò cinico in queste cose, ma per me vale ciò che scrive Bertold Brecht in quella poesia citata da Gino Strada, lungimirante, il giorno dopo gli attentati: in guerra, sia dalla parte dei vinti che dalla parte dei vincitori, quelli a soffrire sono i poveri. Ancora più, aggiungo, degli stupidi.
Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
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giovedì 19 novembre 2015
martedì 5 novembre 2013
sabato 6 ottobre 2012
pellaccia
ecco che resta poi
pellaccia gialla e ossa
quando si svuotano le braccia
quando persino recidere
l’erbaccia pesa
e si resta lì impalati a fissarla
come chi dalla morte
spera ancora
d’essere più sulla terra che una voce
e intervenire.
pellaccia gialla e ossa
quando si svuotano le braccia
quando persino recidere
l’erbaccia pesa
e si resta lì impalati a fissarla
come chi dalla morte
spera ancora
d’essere più sulla terra che una voce
e intervenire.
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