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venerdì 21 aprile 2023

l'eccesso

Pensavo agli orsi del Trentino, al fatto che sono “in eccesso” e questo genera un disagio per l’uomo, per cui si stanno cercando delle soluzioni per “ricollocarli” altrove. Pensando a loro, mi sono reso conto che c’è un problema simile nel mondo riferito agli umani. Si calcola che presto saremo 10 miliardi sul pianeta e questo “eccesso” danneggerà, oltre allo stesso eco-sistema, prima di tutto l’uomo (meno risorse a un prezzo più alto, meno acqua, meno lavoro, meno spazio vitale). Quindi, per stare davvero bene, si è calcolato, andrebbero “ricollocati” (dove?) ovvero “abbattuti” (come?) circa 5-6 miliardi di persone “in eccesso”. Che poi è il vero motivo, secondo me, per cui si studiano virus letali nei laboratori segreti oppure si lanciano periodicamente nuove e insensate guerre mondiali. Tutto è finalizzato a un livellamento dell’eccesso, ma non basta. E noi, che non contiamo nulla nella decisione, anzi a dirla tutto in quanto esemplari della società occidentale che consumano troppo e vivono troppo a lungo per gli standard del pianeta, siamo proprio come gli orsi del Trentino. Teneri a guardarci, ma fondamentalmente di troppo.

venerdì 24 agosto 2018

la differenza

Quelli che fanno i post contro il governo razzista perché sulla carta restiamo umani, poi vedono un nero che chiede l'elemosina per strada e passano dritti, come se nemmeno ci fosse, perché è vero, 50 centesimi in tasca fanno la differenza fra umani.

giovedì 31 dicembre 2015

il mistero e la bellezza del mondo

Noi siamo una specie curiosa, l’unica rimasta di un gruppo di specie (il «genere Homo») formato da almeno una dozzina di specie curiose. Le altre specie del gruppo si sono già estinte; alcune, come i Neanderthal, poco fa: neppure trentamila anni or sono. È un gruppo di specie evolutesi in Africa, affine agli scimpanzé gerarchici e litigiosi, ma ancor più ai bonobo, i piccoli scimpanzé pacifici, allegramente promiscui ed egalitari. Un gruppo di specie ripetutamente uscite dall’Africa per esplorare mondi nuovi e arrivato lontano, fino in Patagonia, fino sulla Luna. Non siamo curiosi contro natura: siamo curiosi per natura.
Centomila anni fa la nostra specie è partita dall’Africa, forse spinta proprio da questa curiosità, imparando a guardare sempre più lontano. […]
Penso che la nostra specie non durerà a lungo. Non pare avere la stoffa delle tartarughe, che hanno continuato ad esistere simili a se stesse per centinaia di milioni di anni, centinaia di volte di più di quanto siamo esistiti noi. Apparteniamo a un genere di specie a vita breve. I nostri cugini si sono già tutti estinti. E noi facciamo danni. I cambiamenti climatici e ambientali che abbiamo innescato sono stati brutali e difficilmente ci risparmieranno. Per la Terra sarà un piccolo blip irrilevante, ma non credo che noi li passeremo indenni; tanto più dato che l’opinione pubblica e la politica preferiscono ignorare i pericoli che stiamo correndo e mettere la testa sotto la sabbia. Siamo forse la sola specie sulla Terra consapevole dell’inevitabilità della nostra morte individuale: temo che presto dovremmo diventare anche la specie che vedrà consapevolmente arrivare la propria fine, o quanto meno la fine della propria civiltà.
Come sappiamo affrontare, più o meno bene, la nostra morte individuale, così affronteremo il crollo della nostra civiltà. Non è molto diverso. E non sarà certo la prima civiltà a crollare. I Maya e Creta ci sono già passati. Nasciamo e moriamo come nascono e muoiono le stelle, sia individualmente che collettivamente. Questa è la nostra realtà. Per noi, proprio per la sua natura effimera, la vita è preziosa. Perché, come scrive Lucrezio, «il nostro appetito di vita è vorace, la nostra sete di vita insaziabile» (De rerum natura III, 1084).
Ma immersi in questa natura che ci ha fatto e che ci porta, non siamo esseri senza casa, sospesi fra due mondi, parti solo in parte della natura, con la nostalgia di qualcosa d’altro. No: siamo a casa.
[…] Qui, sul bordo di quello che sappiamo, a contatto con l’oceano di quanto non sappiamo, brillano il mistero del mondo, la bellezza del mondo, e ci lasciamo senza fiato.

[Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi, 2014, pag. 82-85] 

domenica 22 marzo 2015

se dio esiste

«Io amo la Spagna» disse Westmann.
«Vi sono grato nel profondo del cuore dell'affetto che nutrite per il popolo spagnolo» disse de Foxà, curvandosi sulla tavola e sorridendo a Westmann attraverso il bagliore gelido dei cristalli. «Mais quelle Espagne, aimez-vous? Celle de Dieu, ou celle des hommes?».
«Celle des hommes, naturellement» rispose Westmann.
Il Conte de Foxà posò su Westmann uno sguardo profondamente deluso. «Anche voi?» disse. «Gli uomini del Nord non amano se non quello che la Spagna ha di umano. Eppure, tutto ciò che nella Spagna è giovane e immortale appartiene a Dio. Bisogna essere cattolici per capire e amare la Spagna, la vera Spagna, quella di Dio. Poiché Dio è cattolico e spagnolo».
«Io sono protestante,» disse Westmann «e sarei molto sorpreso che Dio fosse cattolico. Ma non ho nulla in contrario ad ammettere che Dio sia spagnolo».
«Se Dio esiste è spagnolo. Non è una bestemmia, è una professione di fede».

[Curzio Malaparte, Kaputt, 1944, Adelphi, pag. 212]

martedì 20 gennaio 2015

la peste umana

Ogni volta che si scatena il dialogo intorno a un tema caldo (gli ultimi sono stati Charlie H. e le due ragazze rapite, il prossimo sarà quello per l’elezione di Silvio Berlusconi come presidente della Repubblica), tutti si mettono a discutere, spesso con toni e parole feroci, tirando fuori il peggio di sé, per riaffermare questa semplice verità: sono tutti cinici, ipocriti, cattivi. Ma tutti chi? Tutti, cioè un generico “gli altri” che nel concetto raccoglie anche noi, ma solo di striscio, tanto per dire che noi non ce la tiriamo ma siccome l’abbiamo capito stiamo un po’ meglio di loro. Secondo me, in tutta onestà, e lo dico con tutta la convinzione di cui sono capace, facciamo tutti quanti assolutamente e indiscutibilmente schifo, senza appello e senza eccezioni, per il semplice fatto, molto scientifico, che sotto lo stesso cielo condividiamo lo stesso gene, che è un gene di merda, difettato, di serie B. Qualcuno di noi, è vero, è più simpatico degli altri. Qualcuno è più furbo. Se oltre a essere simpatico e furbo ci sa fare, fa anche più sesso degli altri. È tutta qui la differenza. Ma poi, se ci va male, quel tipo simpatico che ci sa fare, ha pure maggiori possibilità di procreare, replicarsi e quindi diffondere ancora, sulla terra, questa peste che siamo.

mercoledì 14 gennaio 2015

ho detto «speriamo»


[...] Il protagonista principale è Kaputt, questo mostro allegro e crudele. Nessuna parola, meglio della dura, e quasi misteriosa parola tedesca Kaputt, che letteralmente significa «rotto, finito, andato in pezzi, in malora» potrebbe dare il senso di ciò che noi siamo, di ciò che ormai è l'Europa: un mucchio di rottami. E sia ben chiaro che io preferisco questa Europa kaputt all’Europa d’ieri, a quella di venti, di trent’anni or sono. Preferisco che tutto sia da rifare, al dover tutto accettare come un’eredità immutabile.
Speriamo ora che i tempi nuovi siano nuovi realmente, e non siano avari di rispetto e di libertà agli scrittori: poiché la letteratura italiana ha bisogno di rispetto, non meno che di libertà. Ho detto «speriamo» non già perché io non creda nella libertà e nei suoi beneficii [...], ma perché conosco, ed è di pubblico dominio, quanto sia difficile in Italia, e in gran parte d’Europa, la condizione umana, e quanto pericolosa la condizione di scrittore.

Curzio Malaparte, Kaputt, 1944, ed. Adelphi

Nota mia. Quando Malaparte parla di rispetto a me viene da pensare che buona parte degli scrittori italiani del secondo '900, complice il nostro sistema educativo, sono passati, in patria, e con pochissime eccezioni, sotto silenzio, o comunque trattati come autori minori o di nicchia, rispetto al panorama europeo, e non sempre per demeriti loro quanto piuttosto per un nostro inguaribile senso di inferiorità.

mercoledì 7 gennaio 2015

io sto con charlie hedbo

Io sto con Charlie Hedbo, come tutti, e sto con la satira e con la libertà di espressione, e con il potere della parola. Eppure mi dico attenzione. Fai attenzione a non farla diventare una battaglia di civiltà, dei buoni contro i cattivi, la guerra santa della moderna Europa contro l’Islam feroce e arretrato. Fai attenzione a non cadere in quella trappola che i giornali già ti stanno preparando, attenzione non rituffarti in un nuovo Medioevo così utile al loro scopo, e in cui non si discutono più i motivi, ma solamente si affilano i coltelli sordamente, con animo di rivalsa. La Francia è grande, così grande che vive di contraddizioni, pratica la libertà d’espressione però vive in uno stato multirazziale e pieno di contrasti irrisolti, di razzismo, è stata una sanguinaria potenza coloniale ma sostiene ancora la chiusura del Mediterraneo agli immigrati africani. Non è una terra di libertà a tutti i costi più di quanto lo siano stati altri moderni stati islamici. Il fanatismo avanza, questo è vero, ma perché? Dove si origina quest’odio? Su quale terra di confine? A vantaggio di chi? Così mi dico stai attento, a non confondere la libertà d’espressione col vessillo di un sistema di vita più giusto, migliore, perché l’Europa che oggi piange è tutt’altro che giusta, ed è in quell’ingiustizia che si genera l’odio, è lì che vanno cercati i motivi del gesto, e non solo nel fanatismo di una religiosità bigotta. Resisti alla tentazione, non puntare il dito, tieni gli occhi aperti. Scrivi ciò che vedi e non ciò che senti. Resta umano.

sabato 3 gennaio 2015

odio

Odio quando il mondo mi costringe a uscir di casa, persino per andare in posta. E dire che, complice la neve, mi stava riuscendo l'impresa di farmi le due settimane di Natale in completo letargo e senza l'assillo di gestire i contatti col resto della feccia umana. Scriveva Frank Zappa nella sua autobiografia: “Nella lotta fra te e il mondo, stai dalla parte del mondo”. Per forza. Bene o male, comunque vada, vince sempre il mondo. Se sei un pochino furbo, non ti metti certo a sfidare i mulini a vento. E Zappa aveva capito proprio tutto, a cominciare dalla radice dello scazzo.

martedì 2 dicembre 2014

un uomo

Un uomo è forte, tanto più di quanto credi
dice Pasolini
mentre legato a un letto si fa sfondare
finché il sangue gli bagna gli occhi
e scopare in gola da un ragazzaccio
di quanti lo intristiscono, innamorano
per sola forza di resistere ed opporsi
alla vita squallida che li fa topi
di fiume o di borgata, ratti dai denti aguzzi
e code lunghe coi denti anch’esse che
addentano a più non posso
fave secche e cazzi di checche isteriche
per sola forza di semplicissima fame.
Un uomo, ripete Pasolini, un uomo
tanto più buono alla poesia quanto più
conciato nella scorza, non dovrebbe
lamentarsi se col mondo fa a botte
ché nulla ha di sé fragile, se non
il cuore che si rompe. Nulla che gli serva
in breve, se si fotte.

domenica 22 dicembre 2013

rassegna mattutina

Faccio la mia rassegna dei blog, come ogni mattina. Passo dal blog di Marco Bertoli (Jazz nel Pomeriggio) e faccio partire il brano qui sotto, splendido, di John Medeski. Poi un giro su Le Parole e le Cose, dove hanno pubblicato una nuova traduzione (a cura di Manuela Alessandra Poggi) di Heiner Müller, fra i miei poeti preferiti. Leggo le poesie con la musica di sottofondo, sono malato, ho poca fiducia nell'umanità e nel futuro. Questo è il mio umore oggi e il cielo non cambia. Non cambia mai la natura umana.

SGUARDO ESTRANEO: CONGEDO DA BERLINO

Dalla mia cella davanti al foglio vuoto
In testa un dramma per nessun pubblico
Sono sordi i vincitori i vinti muti
Uno sguardo estraneo su una città estranea
Giallogrigie le nubi passano alla finestra
Biancogrigi i piccioni cagano su Berlino

Heiner Müller 14.12.1994

mercoledì 8 maggio 2013

il grande segreto

Stasera sento in tv, per la prima volta, da Antonio Padellaro, che l’archivio segreto di Andreotti, tremilacinquecento faldoni, seicento metri di carta, contiene l’intero elenco delle raccomandazioni e dei favori richiestigli dal 1944 fino alla fine degli anni ’80. Da vero democristiano Andreotti accontentava tutti e si segnava ogni cosa, a buon rendere. Questa cosa mi sconvolge, lo ammetto.
Eccolo il grande segreto nascosto nel suo archivio, che ci svela come, nonostante tutti sapessero chi fosse (praticamente il Male), poi andavano lo stesso a chiedergli favori. “Tutte ‘na razze!” diceva mia nonna, parlando dell’umanità in genere. Ed è questo il punto: lo sapeva mia nonna e lo sapeva bene anche lui.
Poi certo, lui era mafioso, assassino, cinico, opportunista, un uomo del potere malato, ma gli altri? Quelli che ora gli danno addosso, e parlo soprattutto della generazione di mio padre? Quelli che sono?

venerdì 15 febbraio 2013

pensieri sul delitto pistorius


Ci sono persone la cui vita è talmente pregna di simboli da renderla quasi non vera, una prova continua, una favola piena di significati, persino per loro stessi, al tal punto da venirne ingannati e da credersi costretti a dover dimostrare ogni giorno qualcosa, confrontarsi ogni giorno con la propria invincibilità fino al punto di venirne schiacciati e tramutare inevitabilmente la vita in tragedia. È il caso eclatante di Pistorius, l’uomo che, senza gambe, riusciva a correre più veloce della maggior parte dei comuni mortali, fino a pretendere di confrontarsi coi normodotati e vincere persino su di loro.
Ieri Pistorius, definito dalla stampa, in virtù del suo mito, uno dei cento uomini più influenti del pianeta, ha ucciso la fidanzata con quattro colpi di pistola. Forse non tutti ci hanno pensato, ma il fatto che l’omicidio Pistorius abbia avuto luogo e piena risonanza mediatica proprio il giorno di San Valentino, ha qualcosa di tragico e insieme di fondamentale, di (ancora) maledettamente simbolico.
Si è quasi certi ormai che Pistorius abbia ucciso la fidanzata per gelosia, con premeditazione. Negli ultimi anni in molti si sono commossi alle imprese di quest’uomo che, pur con una grave disabilità, ha conquistato grazie alla sua forza di volontà, le più alte vette dello sport e della fama, rivendicando così un principio di uguaglianza spesso buono solo sulla carta. Il fatto è che nemmeno in quel momento gli si è attribuito il giusto valore: nessuno vedeva in lui finalmente l’uguale, o il campione, ma tutti, con sguardo deformato dalla sua diversità, l’eroe, di matrice più hollywoodiana che olimpica.


Ieri, constatare che da tali eroiche vette Pistorius sia ridisceso sulla terra per un delitto così atroce e stupido, dettato dalla gelosia, dalle proprie insicurezze di uomo, ci ha sconvolto. Eppure Pistorius, i cui precedenti confermano che per ottenere tali risultati è necessaria anche una buona dose di aggressività, non era diverso proprio da nessuno, non lo è mai stato. Ed è questo il punto, la lezione da imparare, l’errore di considerarlo “altro”, un simbolo estraneo al nostro universo.
L’omicidio di San Valentino (tragicamente rilevante anche perché giornata contro la violenza sulle donne) ce lo ha mostrato per quello che è: in fondo al cuore un uomo piccolo come tanti, certo velocissimo, ma incapace di sfuggire ai propri istinti e alle proprie paure. E proprio perché divenuto, in parte per bisogno in parte suo malgrado, un simbolo, adesso siamo certi che la punizione per tale delitto sarà ancora più severa che per altri.
Ognuno ha il suo destino da vivere fino in fondo, e agli eroi non è concesso solo sbattere il muso e ricominciare. Gli eroi devono cadere e distruggersi affinché la loro storia abbia un senso. Di Pistorius abbiamo visto l’apice, ieri il principio della fine e oggi le lacrime. Ma l’affondo nel fango e nel dolore è ancora molto distante, ancora costellato di umiliazioni. Agli eroi non è concesso di sbagliare, di mostrare la propria umanità, gli uomini non li perdoneranno.

martedì 12 febbraio 2013

l'ultima spiaggia

Stanotte, sarà stato il whiskey, mi sono sognato una possibile mostra impossibile. Era ambientata su una spiaggia, qualcosa come una insenatura con gli scogli intorno che un po’ la isolasse. La zona della mostra era sorvegliata e ci si poteva accedere solo su invito. Su questo pezzo di spiaggia isolato e sorvegliato si teneva una festa. Per accedere alla festa era necessario indossare una maschera da scimmia. Infatti tutta la scenografia si ispirava al Pianeta delle Scimmie, solo che al posto della Statua della Libertà vi era un immenso riccio di mare, alto più di venti metri che occupava come un monolite la zona. L’happening consisteva nello stare lì ad aspettare il primo stronzo che sarebbe arrivato, sfidando o fregando la sorveglianza, senza una maschera. Il bello è che a sapere questo ero solo io, tutti gli altri invitati stavano lì a festeggiare con la maschera da scimmia e ad aspettare qualcosa che non sapevano, anche se di tanto in tanto, per lanciare degli indizi, dagli autoparlanti che trasmettevano musica si ripetevano, più volte, alcuni pezzi tipo Too Much Monkey Business di Chuck Berry, I’m waiting for the man dei Velvet Underground e Love me do dei Beatles. Titolo della mostra: L’ULTIMA SPIAGGIA.

lunedì 29 ottobre 2012

la faccia degli uomini

“Poi digli di guardare da vicino la faccia degli uomini. Digli di stare perfettamente fermi, per un po’ di tempo, e di guardare in faccia un uomo. Sulla faccia degli uomini non c’è niente. Guarda da vicino. Digli di guardare bene. E non quello che c’è sulla faccia: le facce degli uomini non stanno mai ferme, sono come antenne. Ma l’unica cosa che fanno è spostarsi da una configurazione all’altra di pura inespressività. Digli che nelle maschere degli uomini non ci sono buchi dove infilare le dita. Digli come si potrebbe mai anche solo sperare di amare qualcosa su cui non si può far presa.”

(Davide Foster Wallace, da Piccoli animali senza espressione)

giovedì 18 ottobre 2012

motti e aforismi privati

Ripescando un po’ dal passato del blog e un po’ dal mio profilo fb, pubblico qui alcuni aforismi o motti che ho raccolto nel tempo. Quelli senza attribuzione sono miei, gli altri di amici.

Tempi amorali richiedono persone amorali.


La vita fa di questi scherzi. Pensi di aver trovato l'amore, invece cambi solo coinquilino.


Cosa conta essere migliori o peggiori se non si è almeno uguali?


Cosa fai nella vita? Riempio gli spazi.


Il titolo del mio prossimo romanzo: UTERO, ADDIO!


Adieu, ma moustache, au revoir.


Non ci sono molte persone veramente cattive. Il problema è sopportare i difetti di tutti.


La grappa è la migliore amica dell’uomo.


Sei un po’ blues tu. Bevi, sei lento, stai attento alle sfumature. (Claudio Fusillo)

 
Lascia aperte le ferite, è da lì che passa la luce. (Paolo Vites)


L’amore è pratico. Si nutre di concretezza. (Marian)


Una casa non serve, sono solo costi inutili. Basta una stanza per essere liberi. (Alfredo)


Siamo troppo fichi per finire male. Abbi fiducia nella mediocrità italiana. (Licia Vignotto)


L’ottimismo non ci basta! (Rob Lacarbonara)


Internet è un potentissimo mezzo per dare voce agli imbecilli. (Gianluca)

giovedì 11 ottobre 2012

rivelazione

L’intero condominio si riversò in cortile quando si sparse la voce che un topo, un piccolo affarino dal pelo grigio ma con una coda lunga così, si era arrampicato su un cornicione e scorazzava avanti e indietro per sfuggire ai bambini che lo inseguivano con delle mazze lunghe e sottili, riuscendo talvolta a toccarlo. La signora del terzo, mentre rientrava a casa con le buste della spesa, a vederlo scoppiò in una serie ordinata di piccoli gridi in crescendo, e un tipo del secondo, coi baffi gialli di nicotina e la barba non ancora rasata, si mise a sedere lontano, sui gradini di fronte, e si accese una sigaretta fissando il tutto in silenzio e senza mai intervenire, come fa un vero uomo di mondo. Stefano invece, impietosito, provò a fermarli con la ragione, e quando si accorse che non c’era il modo, salì le scale di corsa a cercare la sua macchina fotografica, così da immortalare il momento, quello in cui ognuno avrebbe rivelato la sua vera natura. Ma non c’era niente da immortalare, nessuna rivelazione. Una creatura del buio, piccola e sporca ma senza difese, stava lì e fissava dall’alto tutti quei nemici che digrignavano i denti e provavano a ammazzarla, per il solo fatto d’essersi mostrata.

lunedì 1 ottobre 2012

finalmente umani

Ecco la pioggia, inonda le aiuole da lato e scortica fuori il tavolino dove usavamo sederci. Il giardino ci è precluso, la pioggia ci ricaccia in casa stamattina. Né lava la mente dai cattivi pensieri. Siamo qui, costretti alla chiacchiera dalla stanza chiusa, dalla finestra grigia, costretti uno ad uno ad aprire il cuore all’altro, pregando sottovoce di saltare il turno. Si sta così bene al caldo, mi dici, mentre disossi il pranzo. Restiamocene qui, finalmente umani, fra noi e noi.