venerdì 15 febbraio 2013

pensieri sul delitto pistorius


Ci sono persone la cui vita è talmente pregna di simboli da renderla quasi non vera, una prova continua, una favola piena di significati, persino per loro stessi, al tal punto da venirne ingannati e da credersi costretti a dover dimostrare ogni giorno qualcosa, confrontarsi ogni giorno con la propria invincibilità fino al punto di venirne schiacciati e tramutare inevitabilmente la vita in tragedia. È il caso eclatante di Pistorius, l’uomo che, senza gambe, riusciva a correre più veloce della maggior parte dei comuni mortali, fino a pretendere di confrontarsi coi normodotati e vincere persino su di loro.
Ieri Pistorius, definito dalla stampa, in virtù del suo mito, uno dei cento uomini più influenti del pianeta, ha ucciso la fidanzata con quattro colpi di pistola. Forse non tutti ci hanno pensato, ma il fatto che l’omicidio Pistorius abbia avuto luogo e piena risonanza mediatica proprio il giorno di San Valentino, ha qualcosa di tragico e insieme di fondamentale, di (ancora) maledettamente simbolico.
Si è quasi certi ormai che Pistorius abbia ucciso la fidanzata per gelosia, con premeditazione. Negli ultimi anni in molti si sono commossi alle imprese di quest’uomo che, pur con una grave disabilità, ha conquistato grazie alla sua forza di volontà, le più alte vette dello sport e della fama, rivendicando così un principio di uguaglianza spesso buono solo sulla carta. Il fatto è che nemmeno in quel momento gli si è attribuito il giusto valore: nessuno vedeva in lui finalmente l’uguale, o il campione, ma tutti, con sguardo deformato dalla sua diversità, l’eroe, di matrice più hollywoodiana che olimpica.


Ieri, constatare che da tali eroiche vette Pistorius sia ridisceso sulla terra per un delitto così atroce e stupido, dettato dalla gelosia, dalle proprie insicurezze di uomo, ci ha sconvolto. Eppure Pistorius, i cui precedenti confermano che per ottenere tali risultati è necessaria anche una buona dose di aggressività, non era diverso proprio da nessuno, non lo è mai stato. Ed è questo il punto, la lezione da imparare, l’errore di considerarlo “altro”, un simbolo estraneo al nostro universo.
L’omicidio di San Valentino (tragicamente rilevante anche perché giornata contro la violenza sulle donne) ce lo ha mostrato per quello che è: in fondo al cuore un uomo piccolo come tanti, certo velocissimo, ma incapace di sfuggire ai propri istinti e alle proprie paure. E proprio perché divenuto, in parte per bisogno in parte suo malgrado, un simbolo, adesso siamo certi che la punizione per tale delitto sarà ancora più severa che per altri.
Ognuno ha il suo destino da vivere fino in fondo, e agli eroi non è concesso solo sbattere il muso e ricominciare. Gli eroi devono cadere e distruggersi affinché la loro storia abbia un senso. Di Pistorius abbiamo visto l’apice, ieri il principio della fine e oggi le lacrime. Ma l’affondo nel fango e nel dolore è ancora molto distante, ancora costellato di umiliazioni. Agli eroi non è concesso di sbagliare, di mostrare la propria umanità, gli uomini non li perdoneranno.

1 commento:

amanda ha detto...

Questa storia mi ha fatto male, avevo da poco letto una sua intervista in cui raccontava della sua infanzia e della figura di sua madre che lo aveva sempre trattato come trattava i suoi fratelli, per evitare che la sua malattia e le conseguenze che ne erano derivate facessero di lui un diverso, che aveva creduto in lui, l'aveva spronato ad affrontare il mondo. Pensavo che l'uomo che aveva avuto una figura di riferimento femminile così importante e solida dovesse guardare con rispetto all'universo femminile. Che i modelli educativi fossero fondamentali per crescere un individuo nel rispetto degli altri soprattutto se sai quanto ti è costato ottenerlo per te stesso quel rispetto