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sabato 1 marzo 2025

l'avvocato dei poveri

Oramai ce lo stiamo proprio scordando, ma una delle grandi conquiste del Novecento, conquista ottenuta a suon di scioperi, arresti e manganellate, è stata quella di porre un argine al potere, per cui persino i potenti hanno un limite oltre il quale non possono andare, persino i potenti non possono permettersi di sopraffare chi è più debole di loro, e per quanto sia fallace c’è in ogni democrazia un accordo sociale che limita l’espressione di quel potere e pone su un piano di parità tutti gli uomini. È quella cosa per cui chiunque di noi può dire “io ho dei diritti” o lamentarsi se non vengono rispettati. Magari è un sistema imperfetto, è un sistema dove a porte chiuse succede di tutto, dove ci si inventano golpe e invasioni “di pace”, ma sempre come qualcosa di truccato, perché si sa che è sbagliato, e questo argine almeno fino a ieri ha resistito. È la stessa conquista che ha fatto sì che anche il figlio del più umile degli operai, o dei contadini, potesse arrivare a fare politica e gestire la cosa pubblica lì dove prima sedevano semplicemente i ricchi, quindi non c'è da sputare nel piatto di questa conquista, non c’è da sminuirla. Ed è per questo che il fatto che così tanti che leggo stamattina siano così contenti di ciò che è successo ieri, con l’umiliazione, vera o studiata a tavolino, di un rappresentante politico più debole – con i milioni di persone che ha alle sue spalle e che ieri magari aspettavano di porre fine ai loro problemi – da parte di una superpotenza che loro stessi odiano, mi fa incazzare soprattutto perché viene da persone che parlano dalla mattina alla sera contro il potere e chi lo esercita, poi invece di fare fronte comune, istintivo, contro un potere soverchiante, se la prendono col più debole dei due. Mio padre, che nell'animo era il classico “avvocato dei poveri”, mi ha insegnato che, nel dubbio, ci si deve mettere dalla parte del più debole, sempre, anche se non è perfetto, anche se non ha tutte le ragioni o se è la scelta meno popolare, il più debole è sempre quello che non ha nessuno dalla sua parte. Non ti fidare mai di chi sceglie di stare dalla parte del più forte, mi diceva mio padre, quello è il primo che quando avrai bisogno tu ti volterà le spalle.

venerdì 15 febbraio 2013

pensieri sul delitto pistorius


Ci sono persone la cui vita è talmente pregna di simboli da renderla quasi non vera, una prova continua, una favola piena di significati, persino per loro stessi, al tal punto da venirne ingannati e da credersi costretti a dover dimostrare ogni giorno qualcosa, confrontarsi ogni giorno con la propria invincibilità fino al punto di venirne schiacciati e tramutare inevitabilmente la vita in tragedia. È il caso eclatante di Pistorius, l’uomo che, senza gambe, riusciva a correre più veloce della maggior parte dei comuni mortali, fino a pretendere di confrontarsi coi normodotati e vincere persino su di loro.
Ieri Pistorius, definito dalla stampa, in virtù del suo mito, uno dei cento uomini più influenti del pianeta, ha ucciso la fidanzata con quattro colpi di pistola. Forse non tutti ci hanno pensato, ma il fatto che l’omicidio Pistorius abbia avuto luogo e piena risonanza mediatica proprio il giorno di San Valentino, ha qualcosa di tragico e insieme di fondamentale, di (ancora) maledettamente simbolico.
Si è quasi certi ormai che Pistorius abbia ucciso la fidanzata per gelosia, con premeditazione. Negli ultimi anni in molti si sono commossi alle imprese di quest’uomo che, pur con una grave disabilità, ha conquistato grazie alla sua forza di volontà, le più alte vette dello sport e della fama, rivendicando così un principio di uguaglianza spesso buono solo sulla carta. Il fatto è che nemmeno in quel momento gli si è attribuito il giusto valore: nessuno vedeva in lui finalmente l’uguale, o il campione, ma tutti, con sguardo deformato dalla sua diversità, l’eroe, di matrice più hollywoodiana che olimpica.


Ieri, constatare che da tali eroiche vette Pistorius sia ridisceso sulla terra per un delitto così atroce e stupido, dettato dalla gelosia, dalle proprie insicurezze di uomo, ci ha sconvolto. Eppure Pistorius, i cui precedenti confermano che per ottenere tali risultati è necessaria anche una buona dose di aggressività, non era diverso proprio da nessuno, non lo è mai stato. Ed è questo il punto, la lezione da imparare, l’errore di considerarlo “altro”, un simbolo estraneo al nostro universo.
L’omicidio di San Valentino (tragicamente rilevante anche perché giornata contro la violenza sulle donne) ce lo ha mostrato per quello che è: in fondo al cuore un uomo piccolo come tanti, certo velocissimo, ma incapace di sfuggire ai propri istinti e alle proprie paure. E proprio perché divenuto, in parte per bisogno in parte suo malgrado, un simbolo, adesso siamo certi che la punizione per tale delitto sarà ancora più severa che per altri.
Ognuno ha il suo destino da vivere fino in fondo, e agli eroi non è concesso solo sbattere il muso e ricominciare. Gli eroi devono cadere e distruggersi affinché la loro storia abbia un senso. Di Pistorius abbiamo visto l’apice, ieri il principio della fine e oggi le lacrime. Ma l’affondo nel fango e nel dolore è ancora molto distante, ancora costellato di umiliazioni. Agli eroi non è concesso di sbagliare, di mostrare la propria umanità, gli uomini non li perdoneranno.