Visualizzazione post con etichetta kaputt. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta kaputt. Mostra tutti i post

domenica 22 marzo 2015

se dio esiste

«Io amo la Spagna» disse Westmann.
«Vi sono grato nel profondo del cuore dell'affetto che nutrite per il popolo spagnolo» disse de Foxà, curvandosi sulla tavola e sorridendo a Westmann attraverso il bagliore gelido dei cristalli. «Mais quelle Espagne, aimez-vous? Celle de Dieu, ou celle des hommes?».
«Celle des hommes, naturellement» rispose Westmann.
Il Conte de Foxà posò su Westmann uno sguardo profondamente deluso. «Anche voi?» disse. «Gli uomini del Nord non amano se non quello che la Spagna ha di umano. Eppure, tutto ciò che nella Spagna è giovane e immortale appartiene a Dio. Bisogna essere cattolici per capire e amare la Spagna, la vera Spagna, quella di Dio. Poiché Dio è cattolico e spagnolo».
«Io sono protestante,» disse Westmann «e sarei molto sorpreso che Dio fosse cattolico. Ma non ho nulla in contrario ad ammettere che Dio sia spagnolo».
«Se Dio esiste è spagnolo. Non è una bestemmia, è una professione di fede».

[Curzio Malaparte, Kaputt, 1944, Adelphi, pag. 212]

sabato 21 febbraio 2015

tre consigli di lettura con tre estratti (per gradire)

Primo consiglio, dal blog di Paolo Nori, un articolo molto divertente, pubblicato ieri su Libero, sui presunti rapporti fra Dostoevskij, Matteo Renzi e la bellezza.

Del soggiorno di Dostoevskij a Firenze, io avevo letto, qualche anno fa, in un libro di Matteo Renzi intitolato Stil novo che era praticamente un saggio sulla bellezza pieno di frasi stupefacenti, come per esempio: «Dobbiamo avere la forza di sconfiggere il pensiero debole dei poteri forti, o presunti tali». Oppure: «Diciamoci la verità, a Firenze ci sono cose meravigliose, che spaccano il pensiero». [...] O, ancora: «Io sono convinto che Dante era di sinistra, anche se non lo sapeva».

Secondo consiglio, dal sito di Internazionale, un bel pezzo a cura di Giuseppe Rizzo sulla corrispondenza e la vita vera e segreta dello scrittore americano John Cheever. Tenere e violente insieme.

Caro ____, 
questa mattina mi sono svegliato con un uccello duro e bagnato ed è bagnato anche adesso, dopo avere parlato con te, ma non solo per questo (…) è il ridere e lanciare palle di neve, è sentire te che ti lamenti della mia tosse da fumatore e delle dimensioni del mio uccello, è il tornare a ___ con te al volante e io nascosto nel sedile posteriore tra i panni da mandare in lavanderia. Ho pensato per un anno che un simile amore debba essere perverso, crudele e invertito ma non riesco a trovare alcuna traccia di ciò nel mio amore per te. Mi sembra naturale e semplice come passare un pallone da football in una bella giornata di ottobre (…)
Con amore, John

Terzo consiglio, stavolta di un libro cinico e stupendo, stupendamente scritto, e per molti anni passato sotto censura per come parlava, lui per primo, della fine della civiltà europea, Kaputt di Curzio Malaparte.

Poi, a poco a poco, il cielo si spense, la pioggia a un tratto cessò, la luna apparve in uno squarcio delle nuvole: sembrava un paesaggio dipinto da Chagall. Il cielo ebreo di Chagall, popolato di angeli ebrei, di nuvole ebree, di cani e di cavalli ebrei, dondolantisi a volo sulla città. I suonatori ebrei di violino seduti sui tetti delle case, o librati in un cielo pallido a picco sulle strade, dove i vecchi ebrei morti giacciono sul marciapiede fra i candelabri rituali accesi. Le coppie d’amanti ebrei distesi a mezz’aria sull’orlo di una nuvola verde come un prato. E sotto il cielo ebreo di Chagall, in quel paesaggio di Chagall illuminato da una tonda luna trasparente, salivano dai quartieri di Nicolina, di Socola, di Pacurari, un clamore confuso, un crepitio di mitragliatrici, i tonfi sordi delle bombe a mano.
«Ohi, ohi, ohi, ammazzano gli ebrei» disse Marioara, trattenendo il respiro.

[Curzio Malaparte, Kaputt, 1950, Adelphi, pag. 148-149]

mercoledì 14 gennaio 2015

ho detto «speriamo»


[...] Il protagonista principale è Kaputt, questo mostro allegro e crudele. Nessuna parola, meglio della dura, e quasi misteriosa parola tedesca Kaputt, che letteralmente significa «rotto, finito, andato in pezzi, in malora» potrebbe dare il senso di ciò che noi siamo, di ciò che ormai è l'Europa: un mucchio di rottami. E sia ben chiaro che io preferisco questa Europa kaputt all’Europa d’ieri, a quella di venti, di trent’anni or sono. Preferisco che tutto sia da rifare, al dover tutto accettare come un’eredità immutabile.
Speriamo ora che i tempi nuovi siano nuovi realmente, e non siano avari di rispetto e di libertà agli scrittori: poiché la letteratura italiana ha bisogno di rispetto, non meno che di libertà. Ho detto «speriamo» non già perché io non creda nella libertà e nei suoi beneficii [...], ma perché conosco, ed è di pubblico dominio, quanto sia difficile in Italia, e in gran parte d’Europa, la condizione umana, e quanto pericolosa la condizione di scrittore.

Curzio Malaparte, Kaputt, 1944, ed. Adelphi

Nota mia. Quando Malaparte parla di rispetto a me viene da pensare che buona parte degli scrittori italiani del secondo '900, complice il nostro sistema educativo, sono passati, in patria, e con pochissime eccezioni, sotto silenzio, o comunque trattati come autori minori o di nicchia, rispetto al panorama europeo, e non sempre per demeriti loro quanto piuttosto per un nostro inguaribile senso di inferiorità.