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venerdì 12 luglio 2024

devi scrivere

Una figa mi ha scritto su Instagram di scrivere una poesia sulle sue tette. Io la seguo perché fa dei selfie buffi in bagno in cui si mette in equilibrio su una gamba davanti allo specchio. Nulla di strano, ormai, c’è chi gira per ore intorno a un palo e chi fa lo yoga in bagno. Ieri però mi scrive, dopo un mio post sul cinema muto, che il suo film preferito è “Il gabinetto del dottor Caligari”. – Io sono estasiato, abbiamo due cose in comune, il cinema espressionista tedesco e le tue foto al cesso. E siccome l’assonanza tedesco/cesso mi piace abbastanza, credo che ci scriverò una poesia. – Lei allora mi dice “dovresti scrivere una poesia sulle mie tette”. – Io resto di sasso, non so bene che risponderle. – Te l’ho scritto, mi chiarisce, perché ti seguo anche su FB e ora mi aspetto che ci scriverai una delle tue storie. – Quasi ci resto male, pensavo mi mostrasse le tette, invece le posso soltanto immaginare. – Anzi, continua, devi scrivere “Una figa mi ha scritto su Instagram di scrivere una poesia sulle sue tette” così se scrivi figa fa più effetto. Mi puoi anche taggare, dice. – Insomma, certe volte mi sento come l’autore di Pirandello, dove i personaggi delle sue storie prendono il sopravvento su di lui e fanno tutto loro, dal suggerirmi le battute al taggarsi nei miei post. A me, proprio come l’uomo-camera di Christopher Isherwood, non resta che registrare ciò che vedo, senza nemmeno il conforto delle tette. Che vita ingrata.

martedì 24 ottobre 2023

sally meyer

Accidioso, caustico, bugiardo, cascamorto impenitente e dalla battuta facile, brillante e spesso allusiva, col sorriso dell'eterno ragazzo che gli fa perdonare ogni cosa, Sally Meyer è l'alter ego inventato da un giovanissimo Ernst Lubitsch nella prima parte della sua carriera (negli anni '10 del '900 in Germania), quando è il principale attore dei suoi film. Sono commedie mute ancora oggi godibilissime (per quanto nella maggior parte dei casi perdute: spesso la censura, non soltanto nazista, le ha distrutte perché scritte dirette e interpretate da un ebreo che prendeva spudoratamente in giro la propria comunità di appartenenza). Formidabili gli scambi di battuta in puro stile yiddish, come quando in Meyer da Berlino (1919) viene sfidato a duello e così risponde a chi lo ha sfidato per il mattino dopo: "Io non mi sveglio mai in tempo per i duelli. Se faccio tardi, lei cominci pure senza di me" (che già anticipa Woody Allen). O come quando più romanticamente bacia una ragazza che gli piace (ma non è sua moglie) e le dice: "Ora non farti strane idee, questo è solo per dimostrarti che non sono timido". Come se ci fosse bisogno di dimostrarlo.

domenica 10 gennaio 2021

sangue


Quando vedo un film di Takeshi Kitano mi viene da pensare a una critica che mi sento fare, a mio demerito, sui miei racconti, ovvero che alcuni miei personaggi non sono ben definiti, risultano a volte abbozzati o manichei. Mentre tutti, invece, dovrebbero significare. A me, pur riconoscendo i miei limiti, fa sempre uno strano effetto sentirlo, perché nella vita reale la maggior parte delle persone che incontriamo non significano un bel nulla, non sono che comparse, non solo non sappiamo niente di loro, non ci interessa saperlo, oppure vivono secondo schemi mentali talmente radicati e rigidi da renderli quasi delle macchiette, e noi per questo li odiamo o li prendiamo in giro. E quindi mi chiedo, pretendere dal personaggio di un libro di significare qualcosa, non è un po’ come mistificare la realtà? E a quale scopo? Per rendere migliore la storia, o per migliorare la realtà, la sua stessa idea? Devo dire che finora, la soluzione più radicale l’ha trovata proprio Kitano nei suoi film. Per lui la vita non ha senso, quindi i personaggi di contorno vengono semplicemente ammazzati, spesso in maniera violenta, e la gente paga per vedere il sangue.