domenica 10 gennaio 2021

sangue


Quando vedo un film di Takeshi Kitano mi viene da pensare a una critica che mi sento fare, a mio demerito, sui miei racconti, ovvero che alcuni miei personaggi non sono ben definiti, risultano a volte abbozzati o manichei. Mentre tutti, invece, dovrebbero significare. A me, pur riconoscendo i miei limiti, fa sempre uno strano effetto sentirlo, perché nella vita reale la maggior parte delle persone che incontriamo non significano un bel nulla, non sono che comparse, non solo non sappiamo niente di loro, non ci interessa saperlo, oppure vivono secondo schemi mentali talmente radicati e rigidi da renderli quasi delle macchiette, e noi per questo li odiamo o li prendiamo in giro. E quindi mi chiedo, pretendere dal personaggio di un libro di significare qualcosa, non è un po’ come mistificare la realtà? E a quale scopo? Per rendere migliore la storia, o per migliorare la realtà, la sua stessa idea? Devo dire che finora, la soluzione più radicale l’ha trovata proprio Kitano nei suoi film. Per lui la vita non ha senso, quindi i personaggi di contorno vengono semplicemente ammazzati, spesso in maniera violenta, e la gente paga per vedere il sangue.

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