giovedì 7 gennaio 2021

l'anello mancante

Continuo a rivedermi davanti agli occhi la scena di un film che ho visto qualche giorno fa, Tommaso di Abel Ferrara (2019), dove assistiamo per quasi due ore alla vita, più o meno pacificata, di un artista americano a Roma (un adorabile Willem Dafoe), fino a uno scoppio d’ira che si tramuta in violenza, non si capisce se veritiera od onirica. Ma poco importa. La particolarità di questo gesto non è che sia fondamentale all’economia della storia, piuttosto serve a metterle un punto; allo stesso tempo è perfettamente verosimile, ma mentre lo pensi non sai darti conto di come si sia potuti arrivare lì mentre tu non ti accorgevi di niente, per tutto il film non ci sono premesse tali che facciano presupporre una tale improvvisa escalation. Arriva inaspettata e ti lascia turbato mentre il film si chiude rapidamente e senza altre spiegazioni. Com’è possibile, ti chiedi tu, spettatore, cosa mi sono perso? Cosa è successo sotto i miei occhi che non ho visto, o capito? Tanto più in una narrazione così chiara. Mi ha fatto pensare, come meccanismo, a un racconto di Carver, Di’ alle donne che andiamo, poi ripreso anche da Altman in Short Cuts; e ho pensato che è proprio questo uno dei segreti dell’arte intesa come mestiere, mostrarci come in un gioco di prestigio, dunque senza che riusciamo ad afferrarlo, l’anello mancante che crea lo scarto di comprensione necessario a trasformare persino una brutta notizia di cronaca nera in un’opera d’arte, in un significato.

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