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domenica 10 aprile 2022

guerra e pace

Visto che è il giorno delle palme e che sono un fervente dylaniato, ne approfitto di per dire che non ho mai capito perché in questo periodo chi propugna la pace canti così spesso Masters of War di Bob Dylan che non è certo una canzone di pace. Cioè Dylan non dice “Padroni della guerra, veniamo a patti diplomatici” ma dice “Padroni della guerra, io spero che schiattate in corpo e crepiate molto, molto male”. Sul come debbano morire non lo dice, ma con la sua buona educazione ebraica probabilmente sta invocando il Dio crudele, vendicativo e spietato del Vecchio Testamento (quello che disse ad Abramo “ammazzami un figlio”). Insomma, non ci sta nulla di male ad augurare la morte agli altri – e nei nostri dialetti ci sono parecchie espressioni colorire per augurartelo, con varie sfumature di colore che vanno dalla colite al colera – però non mi sembra la canzone più adatta a manifestare un pensiero di pace. Io proverei piuttosto con l’Inno alla gioia di Beethoven: “Abbracciatevi, moltitudini! Questo mio bacio vada al mondo intero!”. Mi rendo conto che è un pochino più difficile da cantare, soprattutto se non hai il coro a supportarti, ma del resto è risaputo che chi vuole la pace nel mondo deve impegnarsi il doppio.

martedì 12 gennaio 2016

i funerali al tempo dei social

Ieri ho visto tanta gente che presa dalla commozione per la morte di Bowie ha cominciato a pubblicare molti messaggi o brani celebri in internet. Molti erano pensieri sentiti, altri scomposti, ma credo che funzioni così quando avverti che è venuto meno un pezzetto della tua storia culturale, e scrivi qualcosa più per te stesso che per gli altri, una sorta di elaborazione del lutto a livelli basilari. Qualcuno ha insinuato che ci fosse una ipocrisia di fondo in tali messaggi, del tipo “manco sapete chi è Bowie, e adesso fate gli addolorati” ma sapere tutto del defunto non conta nulla in questo genere di cose, non è un padre uno zio o uno di famiglia, uno non piange Bowie in quanto persona, lo piange in relazione a se stesso e ai propri ricordi legati alla sua musica. Se ieri fosse morto Beethoven invece di Bowie, sarebbe cambiato qualcosa? Non credo. Tutti avrebbero postato il coro del quarto movimento della nona (reso celebre da L’attimo fuggente), o le note introduttive della quinta, Per Elisa o la Sonata al chiaro di luna. Altri si sono lamentati per tali eccessi, giudicandoli di cattivo gusto, dei fenomeni formali tipici dei social. Il punto è che i social, in tutta la loro virtualità, sono una realtà che sta sviluppando nuovi codici relazionali, ancora amorfi ma già caratteristici, e credo sbagli chi pensi il contrario, sottovalutandoli. E quello di ieri mi è sembrato, pur in tanta commossa esagerazione (ma attenzione: su scala mondiale!), molto interessante come fenomeno, perché a pensarci bene queste sono le prime veglie funebri ai tempi dei social, e quindi c'è proprio una mancanza di limiti, codici e pudori data dalla mancanza di prossimità al soggetto che si piange, per cui prima era richiesto un diverso approccio. Non è nemmeno detto che questo fenomeno sia più kitsch di altri: forse che in alcune zone del Sud, ad esempio, fino alla metà del secolo scorso, non c’erano donne che venivano pagate per addolorarsi e piangere e lamentarsi a viva voce dietro la bara portata al cimitero? Era forse un comportamento sbagliato? No, era tipico di quella cultura. Estinta la cultura, si modifica il comportamento. E così, chi ieri si lamentava dei “piangenti”, lo faceva in base ai propri criteri di giudizio che spesso sono costruiti su vecchi codici comportamentali novecenteschi che non comprendono i social, per cui ne sentono il disagio. Ma chi dice che siano i criteri più giusti nella nuova realtà dei social che si sta costruendo?

sabato 1 dicembre 2012

la vita è furto

ruba sentimento
e lo trasforma
in
sopportazione necessaria.

Invidio Goya
Beethoven

questo caos mi assorda

le grida senza tregua
di chi soffre

sottrae
attenzione al tempo

chiede abbracci
o (se li neghi)
offre
nuove lacrime
al ricatto.

Afferro
le parole come posso
me le stringo al petto
le difendo.