Il patriarcato, il maschilismo, il machismo, e tutto quel complesso meccanismo per cui siamo cresciuti in una società dove alcuni uomini hanno più vantaggi rispetto ad alcune donne esiste eccome, coi debiti distinguo, perché ogni vantaggio è sempre mediato dalla possibilità sociale ed economica di chi lo esercita: una donna ricca ha sempre più vantaggi di un uomo povero, una donna nata a Milano ne ha più di un uomo nato in Calabria, una donna nata in una famiglia colta ha molti più vantaggi di un uomo con la terza media, una donna che lavora come manager in un’azienda ne ha di più di un uomo che lavora in fabbrica, una madre coinvolta in una separazione ha sempre qualche vantaggio in più del padre. Ma nella maggior parte dei casi quel vantaggio esiste e chi lo nega sa di sminuire la realtà. Certo la realtà sta cambiando, ai tempi dei miei nonni, visto che parlano tutti del patriarcato dei nonni, mia nonna avrebbe trovato aberrante che una donna si rivoltasse contro il “proprio” uomo. Era la sua cultura quella, una cultura profondamente rurale, contadina e cristiana, e noi ora possiamo dire che era una cultura sbagliata e che mia nonna era una vittima, o una complice, del patriarcato perché non capiva come stavano i macrosistemi sociali ed economici che muovono il mondo, ma non possiamo dire che mia nonna e la sua cultura non vadano rispettati, altrimenti facciamo come gli americani che vanno ad invadere gli altri paesi per esportare il loro modello di democrazia. Del resto, come diceva il mio amico Nannino il brasiliano, noi siamo tutti “americanizzati”, anche chi adesso odia l’America. Noi la pensiamo diversamente dai nostri nonni, in tutto, e io stesso sono pieno di colpe per come ho gestito male molte relazioni, ma è un fatto mio, relativo al mio vissuto e non certo a quello degli altri, e il primo responsabile dei miei errori sono io stesso. Ancora, dati alla mano, anche se la percezione è diversa, l’Italia è uno dei paesi con meno femminicidi nel mondo. Vai in un qualsiasi paese dell’est Europa (Lettonia in testa, dove i dati vengono quasi decuplicati), o vai in medio oriente (Afghanistan, Iran, ecc.), o in Africa (dove in alcune zone si pratica ancora l’infibulazione), fai un confronto con quei paesi e allora ti accorgi che nemmeno le donne sono tutte uguali, parlando di potere, che alcune donne per il solo fatto di essere nate in determinati paesi hanno più vantaggi di altre, e per il solo fatto di vivere qui, di sfruttare economicamente questo potere, sono, volenti o no, colpevoli verso di loro. E servirebbe una presa di coscienza globale, lì dove non riusciamo a metterci d’accordo nemmeno su problemi relativi alla sopravvivenza della specie, come i problemi ambientali, che ci sono allo stesso modo, e chi lo nega sminuisce, ancora una volta, la realtà. Una donna può anche dirmi, adesso, che faccio del benaltrismo, che non si sta parlando di cosa succede in Medioriente o al clima, che si vuole un cambiamento, o meglio ancora una presa di coscienza qui e ora, ma chiedere una presa di coscienza istantanea, un cambiamento culturale in mezza giornata è già il frutto di una visione della vita che è tutta occidentale, consumistica, dove non c’è tempo da perdere, dove basta cliccare un tasto sul telefono per ottenere ciò che vuoi in 24/48 ore da qualsiasi angolo del mondo. Altro che educazione, che invece è un processo che richiede anni! Ci neghiamo il tempo di imparare, di crescere come si deve, poi pretendiamo che tutti imparino ad ascoltare se stessi da un giorno all’altro. Come fare meditazione zen coi corsi scaricati da YouTube. Ma processi come questo, in cui un sistema sociale, culturale, viene sostituito da un altro, sono lunghi, durano decenni, secoli a volte (vedi la Chiesa che sono due secoli che sta morendo e ancora resiste), ci superano, e il fatto che siamo qui a parlarne non significa che stiamo eroicamente attivando l’inizio di un movimento nuovo, significa solo che molto tempo fa questo cambiamento ha cominciato ad attecchire grazie al lavoro di altri e adesso noi che ci siamo dentro, anche inconsapevolmente, partecipiamo al flusso del cambiamento, ne godiamo in parte i risultati, perché fossimo nati altrove ci avrebbero probabilmente messi in prigione, o impiccati in piazza. E anche per questo dobbiamo dare a tutti il tempo di arrivarci con le proprie gambe, perché se no facciamo come gli americani in Afghanistan, che quando sono andati via è stato come tornare indietro di vent’anni. Io almeno, da “americanizzato”, mi sento molto in colpa per l’Afghanistan, come se fosse anche colpa mia. Ecco, questo direbbe lo storico che c’è in me, se facessi ancora lo storico, o meglio se avessi avuto maggiori vantaggi per potermi infilare in qualche università a leccar culi dei magnifici rettori. Cosa di cui non avevo proprio voglia e non ho fatto.
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