giovedì 2 novembre 2023

cinema e letteratura

Non credevo alla crisi del cinema, comincio a crederci da qualche giorno: da quando hanno «indetto» un convegno sui rapporti tra Cinema e Letteratura. In genere, da noi – non rivelo un segreto – un convegno a cui partecipano i letterati è già il segno della fine. Non saprei dire il perché: forse per la pigrizia che spinge i letterati a occuparsi delle questioni letterariamente. Un convegno sui rapporti tra i Buoi e la Letteratura si fa di solito quando i buoi sono scappati. A questo convegno sul Cinema hanno partecipato vari e ottimi scrittori, un solo produttore, qualche personaggio ufficiale. Si è molto discusso sul sesso degli angeli. Qualcuno ha anche parlato sui rapporti tra Letteratura e Fisco. I produttori sono stati generalmente incolpati di essere avidi e faciloni: e questo è talmente noto che non c’era bisogno di riunirsi per scoprirlo. Il produttore – per quanto strano possa sembrare – è un tale che mira a far soldi. Incredibile. Qualche volta ha provato a sue spese che le idee nobili non vanno, il pubblico preferisce le idee ignobili, ci si sente più a suo agio. Il produttore è quasi sempre lo specchio del pubblico.

Gli scrittori si sono proclamati pronti ad aiutare il Cinema sul piano della qualità. Un tale ha chiesto che a ogni sceneggiatura debba partecipare a uno scriba fornito almeno di licenza liceale. Ma se nel Cinema sono tutti dottori! Moravia, sempre il più sincero in questi casi, ha detto che, se deve pensare a qualche cosa per il Cinema, preferisce scrivere un racconto un romanzo. Benché questa confessione possa anche spiegare la sua straordinaria fertilità di scrittore, siamo già maturi per una prima conclusione: lo scrittore, moralmente, disprezza il Cinema. Non è una novità nemmeno questa. «Fare il cinema», per molti, o tutti, è un’attività sussidiaria e secondaria; e invece lo è soltanto nella misura in cui lo scrittore lo crede. E allora perché questo convegno? Forse perché il Cinema è remunerativo? 
 
[…] C’è poi la tendenza dello scrittore medio italiano a considerarsi inviolabile come un sacerdote. Vuol dire messe ai cannibali, ma detesta il martirio; vuol convertire i suoi lettori, ma si preoccupa della pensione e delle percentuali; vuole la Libertà ma ammira anche in cuor suo le enormi tirature di Stato delle Repubbliche Sovietiche.
I rapporti tra Cinema e Letteratura potrebbero essere gli stessi, tutto sommato, che tra Letteratura e Edilizia. Perché dovrebbero essere molto dissimili? Il Cinema è un’industria, o almeno tutti vorrebbero che lo fosse, dimenticando che le poche opere belle del cinema italiano, quelle che hanno fatto parlare dell’esistenza di un cinema italiano, sono state fatte contro l’Industria, contro i produttori, e soprattutto contro il pubblico. Il giorno che il Cinema, in questo paese, sarà veramente un’industria, gli scrittori potranno tornare a raccontarci i loro primi amori. Non serviranno più a niente, nemmeno a fare film di protesta.
 
ENNIO FLAIANO, 1957 (da La solitudine del Satiro, Adelphi, 1996)

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