“Einaudi – scrive Pavese a Lalla Romano l’11 marzo 1948 – è irremovibile sulle poesie”. Ecco che Lalla Romano, pittrice quarantacinquenne in cui la passione per la pittura si è raffreddata a contatto con la mondanità di quel mondo, propone a Einaudi per aggirare la sua avversione per le poesie un suo libro di “poesie non in versi” e, con ancora più audacia, un libro in cui si raccontano dei sogni. A chi interessano i sogni degli altri? Ma i sogni sono soltanto un pretesto per la scrittura che vive sempre in se stessa. Il libro, ironico e delicato, comincia così: “La solitudine dell’adolescente è raffigurata nelle civiltà arcaiche come un soggiorno nel paese dei morti”. E anche per questo, credo, piace moltissimo a Pavese e persino a Vittorini che lo fa uscire come primo numero della sua collana I gettoni (la stessa in cui debutteranno poi Fenoglio e Sciascia con due libri di racconti), ma viene meno apprezzato dagli altri, e Le metamorfosi non ha successo perché non viene capito, viene preso come un divertissement invece che un’opera a suo modo innovativa per stile e significato. A tal punto originale che fu un unicum anche nella produzione della stessa Romano. Io personalmente ho sempre pensato che il libro, una raccolta di racconti surreali brevissimi, abbia in qualche modo influenzato la Centuria di Manganelli, che ne replica la misura e il respiro oltre che lo spirito. Dopo di loro l’unico altro che mi viene in mente ad aver realizzato un’opera simile è il tardo Tiziano Rossi (in particolare quello di Spigoli del sonno), quando il poeta trova una sua seconda e vigorosa giovinezza, a settant’anni suonati, e abbandona il verso per cimentarsi coi suoi stralunati quadretti in prosa. Io almeno ci sono arrivato seguendo questo percorso a ritroso, da Rossi a Manganelli e da Manganelli a Romano per ritrovarmi qui, alla stessa età in cui la Romano abbandonava la pittura per la poesia e la poesia per la prosa, a fare gli stessi sogni che faceva lei mentre era alla ricerca di una nuova direzione, ma non nella speranza che fossero quelli a mostrarle dove stava andando, quanto come testimonianza che nella sua visione della vita tutto, persino quel groviglio di immagini, aveva senso. Perché anche se non si avverano così come li hai immaginati durante il sonno e se dopo non hanno nulla da insegnarti e da insegnare, perché i sogni hanno questa meravigliosa libertà di essere amorali, nell’attimo stesso in cui li racconti, i sogni esistono, con o senza di te. Quelli con le zampe più forti ti lasciano indietro.
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