Approfitto del sabato per fare un post lungo che probabilmente non verrà letto e faccio alcune considerazioni editoriali partendo dai due titoli di Pietre Vive che stanno vendendo di più in questa seconda metà dell’anno. I due libri sono “Voce del verso animale” di Massimo D’Arcangelo e Teodora Mastrototaro illustrato da Revers Lab, uscito a giugno, e “Salvare il necessario” di Clery Celeste, uscito appena un mese fa. Vendono continuamente e, cosa per me nuova, vendono moltissimo su Amazon. Questo mi porta a rimuginare da alcuni giorni su diverse questioni.
Primo: quando dicono che spesso il libro non vende perché l’editore non si impegna per promuoverlo o manca la giusta distribuzione può essere vero, ma non sempre, ad esempio entrambi i titoli sono usciti a ridosso di un periodo per me molto difficile sul piano personale, quando non ho potuto seguirli come avrei voluto, ma le vendite in sé dimostrano che non sono loro che hanno bisogno del mio lavoro, casomai sono io che ho sempre più bisogno, per il mio lavoro, di titoli così, che vendono a prescindere.
Secondo: tali vendite non vengono influenzate dalle recensioni – per le quali spesso si devono investire giornate fra chiamate, email, ammiccamenti, favori, richieste di spazio, spedizioni in PDF o in copie omaggio. Le recensioni, qualsiasi libraio lo sa bene, servono a poco o nulla per vendere i libri, si fanno e si dovrebbero fare per una circolazione delle idee, per fare bibliografia, per far conoscere un autore in cui si crede, ma non mi è mai capitato di vendere un libro subito dopo l’uscita di una bella recensione, mentre di recente mi capita spesso di ricevere degli ordini dopo una bella foto o una storia su IG.
Terzo: questi due titoli vendono, a mio parere, indipendentemente dalla poesia, dal fatto cioè che sono scritti in versi. Sono ottimi versi, ma i versi sono il mezzo, non il fine dell’acquisto: i libri potrebbero contenere lavori di tutt’altro genere e venderebbero ugualmente perché nella maggior parte dei casi chi li acquista non lo fa per il godimento estetico, che pure c’è (ma è un surplus), ma per affiliazione a una causa o a una persona: “Voce del verso animale” vende prevalentemente per il messaggio antispecista che lancia ed è acquistato da una comunità di persone che fa rete per quello; e così credo sia in parte anche per Clery, che come mi dice un amico che la segue è una vera e propria influencer, ma non per le poesie, per il suo lavoro con le Rune. In questo caso c’è “anche” un pubblico di lettori di versi che si aggiunge al primo, perché Clery è effettivamente un’autrice di talento, ma non sono così pronto a scommettere che il secondo pubblico prevalga numericamente sul primo. Anzi, sono più propenso a scommettere che se Clery promuovesse un manuale sulle Rune venderebbe ancora di più, mentre se Clery vendesse soltanto i suoi versi in quanto semplice poetessa, non venderebbe con lo stesso ritmo. E mi chiedo: quanti fra coloro che scrivono versi oggi sono pronti a scommettere di vendere – se vendono – i propri libri unicamente per la qualità della loro scrittura e non per motivi obliqui alla stessa?
Quarto: tutto ciò avviene, per me, nel paradosso di Amazon, che sta diventando il metodo più diffuso per l’acquisto e mi mette in contraddizione coi miei principi. Perché Amazon (che paga regolarmente ed è una buona alternativa a scomparire divorati dai distributori) è realmente l’incarnazione di un sistema di sfruttamento globale che tende alla disumanizzazione dei suoi impiegati: non lo dico io, basta un qualsiasi reportage per informarsi. È tutto ciò in cui io non credo dal profondo. Eppure è su Amazon che si vende di più, sempre di più, e questo persino in conflitto di ideali: ad esempio, mi capita di spedire copie di “Voce del verso animale” a vegani che rifiutano categoricamente il consumo di carne e poi acquistano attraverso Amazon che basa i suoi ritmi di consumo, e di risparmio, sul perfezionamento scientifico della catena di montaggio (che è la stessa filosofia alla base degli allevamenti intensivi). È una cosa che mi lascia perplesso, ma che non posso combattere, e visto che non posso combatterla mi ci sto bene o male adeguando. Va aggiunto però a onor del vero, e perché non tutto è sempre nero o grigio, che quest’ultimo libro ha favorito una raccolta fondi, tutta basata sul passaparola, per un santuario (Ippoasi) e questa è una cosa bella, luminosa, che mi riempie di orgoglio e mi ripaga in parte dei mille dubbi che circondano ogni giorno il mio mestiere.
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