sabato 17 ottobre 2015

ambizioni

Fra due giorni si decide di Erri De Luca. E, per quanto siamo tutti un po' tuttologi sul potere, non è un processo da sottovalutare, almeno per chi ambisca a dire la sua senza censure. Intanto, stamattina, rileggevo La parola contraria e ho pensato che, comunque vada, lui sarà contento. Se lo assolvono ha vinto la sua (giusta) battaglia e se lo arrestano potrà includersi fra i martiri della resistenza. Ci sono scrittori che si accontentano di stare seduti a casa a mettere insieme parole, costruirci storie, e altri che hanno bisogno di intervenire sulla storia, cercare lo scontro per fare della parola azione. Erri De Luca, come scrittore, almeno per i miei gusti, ha girato troppo intorno alle parole (soprattutto nei romanzi, che spesso utilizzano la stile della prosa poetica e baroccheggiante che tanto piace agli italiani a cui la poesia, a parole, fa venire il mal di testa). Ma in La parola contraria De Luca ammette come ha sempre ambito a annoverarsi in quest'ultima categoria, da Orwell a Pasolini. Lui in questo processo vince perché non solo è dalla parte (giusta) degli sconfitti, dà voce agli esclusi dalle logiche disumane del potere, ma anche, al livello più alto della pura ambizione artistica, perché dà un senso alla propria scrittura e alla propria storia proprio attraverso gli esclusi.

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