Rileggere Leopardi, nonostante l’apparente oscurità, è sempre corroborante. Ogni tanto mi chiedo cosa avrebbe mai pensato se fosse vissuto al tempo dei social, poi mi ricordo che, come diceva Citati, Leopardi era fuori dal tempo e, in effetti, quel che avrebbe detto era già stato scritto – cambiando magari enciclopedie portatili e manuali con Wikipedia e Google e con quell’inetti che già anticipava il ‘900:
«Mi diceva, pochi giorni sono, un mio amico, uomo di maneggi e di faccende, che anche la mediocrità è divenuta rarissima; quasi tutti sono inetti, quasi tutti insufficienti a quegli uffici o a quegli esercizi a cui necessità o fortuna o elezione gli ha destinati. In ciò mi pare che consista in parte la differenza ch'è da questo agli altri secoli. In tutti gli altri, come in questo, il grande è stato rarissimo; ma negli altri la mediocrità ha tenuto il campo, in questo la nullità. Onde è tale il romore e la confusione, volendo tutti esser tutto, che non si fa nessuna attenzione ai pochi grandi che pure credo che vi sieno; ai quali, nell'immensa moltitudine de’ concorrenti, non è più possibile di aprirsi una via. E così, mentre tutti gl’infimi si credono illustri, l’oscurità e la nullità dell’esito diviene il fato comune e degl’infimi e de’ sommi. Ma viva la statistica! vivano le scienze economiche, morali e politiche, le enciclopedie portatili, i manuali, e le tante belle creazioni del nostro secolo! e viva sempre il secolo decimonono! forse povero di cose, ma ricchissimo e larghissimo di parole: che sempre fu segno ottimo, come sapete.»
(da Dialogo di Tristano e di un amico, in Operette morali, 1835).
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