Mi sono sempre chiesto una cosa. Si parla di editoria a pagamento, io ogni tanto sento qualche amico che scrive saggi che mi dice – a meno che non mi stia clamorosamente mentendo – “ho proposto quel mio saggio o raccolta o sottogenere a quel marchio, e si parla qui anche di grossi marchi nazionali, marchi che detengono il mercato, e quelli mi hanno chiesto 3-4000 euro perché è un saggio, però loro sono un marchio prestigioso e poi hanno il distributore nazionale e mi fanno arrivare il libro pure in Amazzonia se vogliono. Venderlo poi, come si sa, è un’altra cosa, ma intanto, se pago, ci arriva”. Ecco la domanda è: quando il contributo economico te lo chiede il marchio editoriale prestigioso con tanto di distributore nazionale – che pare sia l'unica cosa che conti in certi discorsi: arrivare dovunque, anche solo per non vendere nemmeno una copia, fallire meglio insomma, come diceva Beckett – quella è da considerarsi editoria a pagamento oppure no? Me lo chiedevo perché a volte questi miei amici mi regalano i loro saggi e alcuni sono talmente noiosi che io nemmeno impegnandomi al massimo riesco a finirli (o capirli), e mi chiedo come possano vendere anche solo una copia al di fuori della ristretta cerchia di appassionati, considerando anche il prezzo di copertina che in alcuni casi è veramente alto. E infatti – a meno che tu non sia Carlo Rovelli che parla degli affascinanti buchi neri, ma quello che scrive della riproduzione delle limacce o degli affreschi della cappelletta dispersa nell’oscuro paesino montano del centro Italia o quello che fa la monografia dell’oscuro poeta minore che non si è nemmeno suicidato, scriveva e basta dopo il lavoro – il libro il più delle volte lo pagano loro. Quella è EAP, o sarebbe meglio evitare di scrivere libri "per pochi", che non vendono copie concentrandosi unicamente sull'origine dei buchi neri e altri argomenti più romanticamente allettanti per una ricerca di mercato? Poi certo, ci sono anche quelli che usano gli studenti universitari iscritti al loro corso come porcellino-salvadanaio costringendoli a comprare il libro e quindi affidando loro la nobile missione di combattere l’editoria a pagamento che sfrutta gli autori, sfruttando invece gli studenti (che tanto sono già sfruttati, quindi sono abituati). I quali, per unire la beffa al danno, poi sul libro dovranno anche dare l’esame: quando si dice che del salvadanaio non si butta via nulla.
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