Ieri leggevo il post di un giovane giornalista infervorato che analizzando la situazione in merito al surriscaldamento globale arrivava alla conclusione che modificare i comportamenti individuali per cambiare le cose non serve a nulla, occorre abbattere il capitalismo e i poteri forti opponendogli una forma di socialismo che sistemi le cose imponendo delle regole e dei sacrifici necessari a tutti, ma dunque, visto che non parte dal basso, dalla base, ma è calato dall’alto sulla stessa, è come dire: auspicare il ritorno dello stalinismo, con tutto ciò che si è già sperimentato. Mi ritrovo così schiacciato, ai piani alti del pensiero occidentale, da una parte da questa forma di nostalgia socialista che è una stronzata, dall’altro da questa forma di negazionismo diffuso che quasi nega ci sia un problema ambientale – tutto questo mentre l’Amazzonia viene disboscata, in Cina costruiscono allevamenti intensivi grandi come città, l’Africa va verso la desertificazione generando masse di profughi, la Grecia e la Sicilia sono periodicamente date in pasto alle fiamme e i ghiacciai si sciolgono alzando il livello del mare ecc. "ma quando ero ragazzino io l’estate al mare al campetto estivo era calda uguale"! Ecco che in questo modo, in nome di una onnipresente teoria del complotto, i complottisti danno più valore e voce a chi complotta nell’ombra – il nemico che mi sono scelto di combattere – che alla sostanza delle cose – il mondo in cui non mi sono scelto di vivere – così di fatto rifiutano di fare la lotta “ambientale” ma restano chiusi in questa sorta di bolla che è a suo modo un ambiente comodo (anche se dicono di essere scomodi) dove cambia soltanto il nome che di volta in volta si danno nell’espressione creativa della loro accidia. Siamo al 29 luglio 2023 e fra neosocialisti e cinici sovversivi stiamo ancora ostinatamente fermi ai primi del Novecento. Siamo orribili residui del passato. Per fortuna che ci sono anche i “lanzichenecchi” che di quelli come noi faranno polpette un giorno. Ci pisceranno in testa.
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