Ragazzi che mi scrivono che gli ultimi libri che ho pubblicato sono scritti in maniera difficile. Facilissimi non sono, è vero, nel senso che come qualsiasi libro richiedono attenzione. Il punto è che a dirlo sono dei laureati, in alcuni casi dei giovani professionisti. Io non ci voglio credere che un laureato se la fa addosso per dei libriccini in versi da 80 pagine, preferisco pensare che sia solo pigrizia; e ho capito che sono densi, ma se davvero vi perdete d'animo per quelli qualcosa nella vostra istruzione non ha funzionato. Ancora una cosa: anche io attribuisco un valore alla comunicabilità dell'opera, però credo anche che ogni opera ha un suo proprio linguaggio, che alcune ti richiedono uno sforzo in più o addirittura di lottare corpo a corpo con loro. A volte è frustrante, specie quando perdi (a me capita di continuo), ma fa parte della regola del gioco. Ma lamentarsi e presumere che tutto si possa semplificare o abbassare a comando, a un tono medio caldo e confortevole che non richiede alcuno sforzo, alcuna immersione sia pure una immersione nel dizionario, significa ammettere che per noi la Letteratura non ha senso, che basta limitarsi alla sinossi per sapere come va a finire la storia. Io questo, da gente che mi parla di libri e di scrittura, non lo accetto. Tanto varrebbe limitarsi alle fiction Rai.
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