lunedì 2 novembre 2020

tacita regola

Credevo che in editoria vigesse la tacita regola per cui se io editore non ti rispondo vuol dire che tu come autore non mi interessi. Questo finché non arriva un autore che pensa di avere talento e che in virtù del suo eccezionale e prolifico talento pubblica un libro ogni sei mesi con chi gli capita, o detto alla romana ndo cojo cojo. Quando, incalzato, gli rispondo che secondo me lui pubblica troppo (almeno per le leggi del mercato editoriale da cui io dovrei campare) e che in ogni caso quello non è il mio modo di fare le cose, lui la prende sul personale e così comincia a scrivere dei post diretti al qui presente direttore editoriale in cui mi insulta velatamente: comincia col dire che sono un idiota e finisce col darmi del mafioso.
E io gli rispondo così: Gentile autore, potrei semplicemente dirti che sono libero di investire il mio tempo e i miei soldi come meglio credo, ma mi rendo conto che un rifiuto fa male, ne ho presi tanti anch'io; ma se ogni volta che ti rifiutano la pubblicazione (e questa non è la prima volta) devi scrivere i pizzini diffamatori per fare il dispetto e attirare l'attenzione, non ci fai una gran figura. E fidati, che non sei una vittima del sistema editoriale, le vittime sono ben altre, molto più fragili di te. A questo punto, perché non te la crei tu una casa editrice? Così finalmente la smetti di correre dietro a gente che pare non capirti, e pubblichi i tuoi libri nei tempi e nei modi che piacciono a te. Soprattutto, senza più mafiosi intorno.

 

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