La notizia della morte di Sean Connery e la conseguente messa in onda su Raitre del Nome della rosa, mi riportano alla mente una battuta assai bella da lui pronunciata in quel film, che usai una volta per rispondere una celebre poetessa che si chiedeva un po' retoricamente (come fanno sempre i poeti, che se non si fustigano in cella non si sentono vivi) "Perché poi ridiamo?" nel senso proprio di "Che cacchio ci sarà mai da ridere di fronte alla futilità dell'esistenza?" e io le risposi come fa Guglielmo da Baskerville al cieco Jorge, che "Il riso è proprio dell'uomo, non delle scimmie". Cioè tu ridi perché la risata è già parte di te, ce l'hai scritta nel cromosoma, mica te la togli così facilmente dalla faccia. Lei, che non era né cieca né brutta, non mi rispose: Jorge, per dire, mi avrebbe ammazzato. Ancora da quel film, che è assai calzante in questi giorni, è interessante notare come a scatenare la serie di efferati delitti sia stata la morte di un disegnatore satirico, colpevole di eccessiva curiosità per la conoscenza e dunque punito perché "Il passo che separa la tensione mistica dalla violenza della follia è fin troppo breve"; ma che alla fine, di fronte alle fiamme che avvolgono la torre, Guglielmo rischierà la vita per salvare l'unica cosa che abbia realmente valore sottrarre alla distruzione, ovvero i libri (anche se nel film, proprio come nella vita, li leggono in pochi).
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