Salvo poche eccezioni in Italia non abbiamo una tradizione di grandi romanzieri perché i nostri narratori “in potenza” sono passati direttamente dalla novella, racconto o prosa d’arte (genere prettamente italiano, diceva Calvino) alla macchina da presa, trasponendo nel cinema tutte le istanze estetiche e sociali che il romanzo aveva già espresso all’estero a partire dal ‘600 (Don Chisciotte). Tutto questo è successo un po’ per un ritardo nostro nel processo di scolarizzazione, nell’apprendimento della lettura e della scrittura, e quindi nella diffusione di libri e giornali; un po’ per una diversa tradizione che prediligeva (proprio perché non si sapeva leggere!) altre forme espressive a diffusione orale e visiva: la poesia (quando ancora si recitava a memoria), il teatro, l’opera. Fatto sta che, per quell’appuntamento mancato, sono pochissimi i romanzieri e romanzi italiani del secolo scorso che possano rivaleggiare, per fascino e potenza espressiva o affabulatoria, con quanto prodotto dal cinema: Rossellini e tutto quanto il neorealismo, Visconti, De Sica, Antonioni, Fellini, Petri, Germi, Scola, Pasolini, che è sempre meglio come regista che come romanziere, ecc. ecc. Mengaldo, addirittura, dice che in tutto il ‘900 non c’è un solo romanziere all’altezza della coeva letteratura europea, nemmeno Svevo, Gadda, Moravia o Fenoglio. Io, come Kundera, salvo almeno Malaparte, e forse la Morante. Ma anche oggi, che è in crisi persino il cinema (superato nei gusti dalla fiction), non ne vedo tanti di romanzieri e romanzi italiani che possano dirsi belli o potenti o spregiudicati o semplicemente ambiziosi “quanto” un film d’autore del ‘900. In verità, e so di far peccato, non me ne viene in mente nessuno/a. E allora chiedo, avete suggerimenti?
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