Leggo la biografia di Curzio Malaparte scritta da Maurizio Serra per un editore francese. Serra pone un interrogativo interessante: perché la letteratura nostrana, così pronta a definirsi antifascista, perdona (o meglio rimuove) il fatto che, ad esempio, un autore come Céline fosse dichiaratamente antisemita indicandolo piuttosto come un genio a cui tutto si perdona, mentre a Malaparte, che fu di sicuro uno scrittore di talento, non riesce a perdonare il fatto di essere stato, più ancora che fascista, paraculo e voltagabbana (attititudine molto italiana) e per questo lo mette alla gogna indicandolo come fascista? Certo è che leggendola, la biografia, Malaparte ne viene fuori come una persona non molto simpatica, e forse è questo il problema: che l'italiano medio si vede paraculo e voltagabbana ma comunque simpatico (Alberto Sordi docet), mentre se sei antipatico allora sei fascista.
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