Eravamo in cinque. Io, due gatti e un ragno appeso al filo
all’ombra dell’iris violazzurro al centro del giardino. C’era il sole.
È tempo di rimettersi al lavoro – disse il gatto mite ma deciso
allungando la sua zampa di padrone verso il dito che ingrassava
pigramente nella scia del ragno arrampicato verso il fiore.
Il primo rotolava scoprendosi la pancia con languore. L’altro
si faceva avanti a capo chino, timido gattino ma geloso
e già pronto alla battaglia per rubargli le attenzioni. Non solo:
attendevano il mio grazie per quella inaspettata occasione di lavoro
tranquillo e ben pagato. Mi attendeva infatti sul tappeto
un sorcio sanguinante e già sventrato – Lo metto da parte
per stasera. Il ragno ripiegava nell’azzurro le sue angosce di fratello.
Io cominciavo così il mio lavoro novello il primo maggio del 2017.
Il lavoro più inutile e dolce della storia e non per questo
meno necessario ai nostri affetti: essere grattino ai nostri gatti.
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