Nelle ultime due settimane, mi pare, protagoniste assolute delle discussioni social sono state due ragazzine, quasi coetanee, ma assai diverse fra loro per cultura, ragioni economiche, e possibilità di esprimere la propria voce: la prima è la moglie dodicenne “acquistata” da Montanelli in Africa, Milena, la seconda è la sedicenne (oggi, ma porta avanti la sua battaglia già da alcuni anni) Greta Thumberg. Per entrambe, mi pare, la categoria di “bambina”, così come la intendiamo in Europa, risulta inadeguata. Per Milena, la reazione a questa mia affermazione potrà essere fraintesa: Montanelli l’ha violentata, si dirà (si dice), dunque la sua innocenza è stata violata. Eppure, quello di Montanelli non fu uno stupro feroce attuato per strada (tipo quello di cui si parla nella Ciociara), fu una precisa compravendita col padre della ragazza, secondo un sistema ancora vigente in molte zone dell’Africa e nei paesi asiatici, dove lo sfruttamento sessuale dei minori è fonte cospicua di guadagno, dove dunque l’età dei minori non solo non è visto come un freno, ma anzi come un vantaggio o una necessità erotica per chi compra. A me pare, e continuo a pensarlo, che quello attuato con Montanelli sia stato un atto di revisionismo storico sul personaggio che ha toccato poco o nulla quello che sta succedendo su quei mercati adesso: è vero, il gesto mi ha ricordato che c’è un problema morale in Italia legato all’idea di “bambina”, ma intanto che stiamo facendo contro chi, dall’Italia, va a trombarsi le bambine in Asia? Ecco che, della storia di Milena, ci pensavo soltanto oggi, mi ha stupito il fatto che fra decine di articoli o di post, nessuno (nessuno, me compreso) si è posto la minima domanda su di lei: Chi era? Cosa le è successo? Cosa le è successo dopo? Come la pensava lei? Qualcuno l’ha mai intervistata? Tutta la storia è stata inquadrata dal punto di vista dell’uomo, persino da parte di chi lo condanna. Eravamo tutti così concentrati a dimostrare la colpevolezza morale o meno di Montanelli, che della vittima di quel commercio – al di là dello stupro, ancora legato a Montanelli – ce n’è fregato veramente poco a tutti. Anche questo, mi pare, è sintomatico che i bambini per noi contano più come categoria astratta in relazione a noi adulti che come persone vere e proprio (escludendo i “nostri figli”, si intende), ed è il motivo per cui un uguale atteggiamento, mi pare, si sta pian piano riversando su Greta. Prima l’ammirazione commossa, dopo l’ironia, il dubbio e infine il disprezzo. Già oggi, mettendo da parte il messaggio etico e ambientalista di venerdì scorso, la domanda generale è: ma è stata o non è stata pilotata? E ancora si dice: quella bambina è un mostro, perché una bambina non può pensare quelle cose. Come se i bambini non potessero avere una coscienza sociale o delle idee in merito alla vita, o del genio per esprimerle se occorre. Ed è la riprova che la categoria di bambino, per noi, è più una etichetta, o peggio una gabbia (ancora una volta una gabbietta morale), e non semplicemente una definizione legata all’età. Pilotata o meno che sia, mi pare che la domanda principale su Greta rimanga: Lei cosa pensa? Le idee e i sentimenti che esprime sono sinceri? E se lo sono, non bastano quelli a darle fiducia? E, ancora, se c’è chi la pilota, voi adulti che sapete e ritenete che, in quanto “bambina”, vada difesa, cosa state facendo per proteggerla? Per opporvi?
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