Quando arriva primavera, non so perché (sarà forse colpa dell’ormone in subbuglio) passo le ore al telefono con gli autori che hanno i problemi di cuore. Io sono l’editore, e come dice sempre Tardia (altro mio autore): “Parlare a un editore è come avere lo psicologo, solo che lo psicologo lo paghi”. Io provo a spiegarlo agli autori che, se invece di parlarne con me, le loro paturnie le scrivessero, si sentirebbero assai meglio, che la scrittura in queste cose è meglio di una cura di antibiotici. Ma nulla. Gli autori vogliono sì un editore ma anche un amico con le spalle larghe. Dunque ne parlano a lungo con me e poi mi chiedono: “Tu al posto mio cosa faresti?” Risposta: “Io scriverei un libro, così monetizziamo il tuo dolore”. (Che si sa che le storie d’amore tormentate, ahivoglia a dir di no, piacciono sempre). Ma nulla, nessuno mi segue mai su quella strada.
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