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sabato 14 maggio 2022

pigri pregiudizi

Stamattina mi sono svegliato con la notizia del nostro Primo ministro che dice apertamente che la storia del sud è più complicata di quello che ci hanno raccontato, che il sud è stato rovinato dalla cattiva e fallimentare gestione dello Stato italiano, il quale ha messo pezze su questa cattiva gestione coprendosi dietro una serie di “pigri pregiudizi” che sono nella sostanza identici a quelli inventati dal colonialismo: i meridionali, come gli indigeni, sono pigri, ladri e ritardati. Fino al punto di farlo credere anche a noi. Quando se ne lamenta un meridionale gli rispondono che il suo è un pregiudizio al contrario, una forma di vittimismo congenito, perché i meridionali sono anche vittimisti. Ieri però lo ha detto il Primo ministro e io come meridionale la prendo come una ammissione importante da parte dello Stato. Che attenzione, non sta facendo mea culpa per spalate di merda che ci hanno fatto mangiare, ma rilancia i suoi piani per noi, dicendo che ora vuole investire nel Sud, e meglio ancora nella sua riqualificazione energetica! Insomma, lo stesso sud che si affacciava sul Mediterraneo da cui arrivavano i poco graditi migranti, adesso deve accogliere a braccia spalancate i rigassificatori che sostituiranno quelli russi. E ce la fanno passare come una nostra conquista. L’energia ci serve, punto. Ma così è ancora una volta una presa per i fondelli, e c’è sempre la paura che riescano ad attuare quelle porcherie contro cui abbiamo lottato per anni, ovvero costruire impianti in zone naturali o di interesse paesaggistico, come quando volevano fare – perché?! – una centrale nucleare nella riserva naturale di Torre Guaceto. Ma d’altra parte che alternative abbiamo? Cos’altro possiamo inventarci per vivere? Turismo a parte, che certo va bene, ma sempre più mi sembra diventato una forma di colonialismo 2.0. Aspettare i nuovi ricchi del pianeta che vengono qui a rilassarsi con la loro carta di credito e se gli viene voglia ti pisciano sulla porta di casa e tu li ringrazi perché ti stanno pagando per farlo.

venerdì 29 marzo 2019

freno

Ogni tanto mi piglia la presunzione di lamentarmi che i poeti non contano più un cazzo al mondo. Poi considero che ci sono i teatranti e allora metto un freno alla lingua. Non che stiano peggio, però ce la giochiamo.

giovedì 30 agosto 2018

servizio

Stamattina ho visto un servizio al Tg Norba che nel succo parlava di un ragazzo ipovedente di Lecce che sognava di scrivere un libro, ne ha scritto uno tutto in dialetto salentino, si è rivolto a varie case editrici locali che gli hanno chiesto un contributo e alla fine è dovuto andare al nord (come al solito!) per farsi pubblicare il libro seriamente, cioè aggratis. Poche copie che hanno realizzato il suo sogno. Ora, io non so niente di questo ragazzo e del suo libro, né mi voglio esprimere a riguardo, perché ognuno ha diritto e dovere di coltivare i propri sogni. Non so nemmeno a chi si è rivolto. Però ho trovato scorretto il messaggio lanciato dal servizio, per il modo in cui poneva la questione editoriale al sud. È sembrato quasi intendere che tutte le case editrici meridionali non sono in grado di pubblicarti se prima non le paghi, e che per ottenere un po’ di serietà e onestà devi andare necessariamente al nord. Che è un messaggio non solo venato di pregiudizio, ma offensivo per tanti che come me restano al sud e fanno al meglio che possono il proprio lavoro.

sabato 2 agosto 2014

pregiudizio


A volte mi rendo conto di scontare una sorta di pregiudizio di fondo, per cui il fatto di vivere e lavorare in un paesino della provincia del sud non solo mi rende più debole sul mercato o nelle PR (cosa verissima), ma anche deficitario nel capire determinati meccanismi. Mi capita spesso, infatti, quando parlo con amici che vivono fuori, che senza quasi accorgersene mi facciano lezioni su come "si fanno" le cose nel mondo, quasi che da solo non riuscissi a rendermene conto, per il solo fatto di vivere in provincia, o come se non fossi in grado di aggiornarmi nell'epoca del 2.0. Io, quando capita, mi sento quasi in imbarazzo, perché mi viene voglia di ridere oppure di fare loro una carezza, ma mi par brutto ridere in faccia alla gente. Lo so che non lo fanno per cattiveria, ma nella loro sottile presunzione mi ricordano tanto Antonio, il protagonista dei Basilischi della Wertmuller, quando se ne va a Roma e se la tira tanto con gli amici perché lì si lava tutti i giorni, ma in fondo al cuore resta il solito cafone come gli altri.