Ne parlavo poco fa con un amico, uno che legge un sacco peraltro. Gli dicevo: “possiamo parlarne quanto vogliamo ma credo sia pacifico che le opere letterarie più alte e innovative del ‘900 in Italia sono state dei libri di poesia, sono pochissimi i romanzi – due, tre? – che stanno alla pari con Le occasioni, Gli strumenti umani, Il franco cacciatore oppure Onore del vero, per dire i primi che mi vengono in mente”. “Sarà sicuramente vero, mi risponde, però io non ne ho letto nessuno”. Ed ecco il problema, il motivo per cui ho già perso in partenza la mia battaglia, perché per quanto meraviglioso possa essere il campo in cui mi muovo, è come se fosse una terra straniera: un territorio esplorato, raccontato con accenti meravigliati, ma nella sostanza ceduto da tempo ai barbari. È come parlare latino a scuola, o come venire a vivere qui dal Sudamerica decantando gli scrittori migliori di quel continente in un paese per cui alla fine sono soltanto dei nomi esotici.
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