Da ieri continuo a pensare alla morte di Claudio Lolli, disperso qui a Monte Sant'Angelo dove sto con una connessione che traballa, ma ogni volta che prendo la linea e mi aspetto di vedere l'Internet sommerso di cordoglio trovo quasi un silenzio innaturale. E ripenso a una sua canzone di qualche tempo fa, Il ponte, in Extranei, a cui faceva da pendant un'altra canzone, Il muto, e mi chiedo cosa avrebbe detto lui del ponte caduto a Genova e penso che abbiamo perso una voce importante oltre che bella, una voce che andava dritta al punto con lucidità, umanità e poesia, una voce finalmente politica, ma sono tre giorni che piangiamo Aretha Franklin e forse non ce ne siamo accorti.
Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
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sabato 18 agosto 2018
domenica 10 gennaio 2016
mentre il vento fa il solletico ai sogni
Quando Claudio Lolli cita i suoi punti di riferimento musicali in genere indica sempre i Beatles, Francesco Guccini e Piero Ciampi. Molti poi lo accostano, nel suo primo periodo, a Bob Dylan (in Italia basta che suoni la chitarra acustica e ti dicono che sei come Dylan). In realtà il primo Lolli ha più debiti verso Leonard Cohen che non verso Dylan, e nella sua particolare e bellissima “trilogia elettrica” (Ho visto anche degli zingari felici - Disoccupate le strade dei sogni - Extranei) il riferimento fortissimo è Neil Young, particolarmente quello di Zuma e American Stars ‘n’ Bars. Un altro punto fisso di quel periodo, mai ricordato adeguatamente (ed è strano vista la comune origine bolognese) è Lucio Dalla, in particolare il Lucio Dalla assai sperimentale dei dischi scritti con Roberto Roversi. Forse il brano in cui è più evidente questa influenza è I giornali di marzo, il cui titolo pare una evidente parodia della più famosa I giardini di marzo di Battisti, con un testo di forte impronta politica che è in realtà il cut up di vari titoli di giornale riguardanti i violenti scontri di piazza avvenuti a Bologna l’11 marzo 1977, e con un arrangiamento e un cantato che sono praticamente modellati su quelli di Dalla.
martedì 16 ottobre 2012
keaton
Keaton, canzone scritta da Claudio Lolli e interpretata da Guccini in Signora Bovary del 1987, è l'esempio perfetto della differenza che corre fra talento e genio. Il bellissimo racconto picaresco di Lolli viene trasformato da Guccini in una più grande metafora del dolore e della solitudine degli artisti, attraverso l'aggiunta, alla fine della canzone, di un paio di strofe che all'improvviso sovrappongono gli ultimi giorni di un pianista di provincia (di cui parla il testo originale) a quelli del grande attore del cinema muto, ormai finito, e di cui il pianista aveva assunto, ironicamente, il nome e forse anche il destino...
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