Quando Claudio Lolli cita i suoi punti di riferimento musicali in genere indica sempre i Beatles, Francesco Guccini e Piero Ciampi. Molti poi lo accostano, nel suo primo periodo, a Bob Dylan (in Italia basta che suoni la chitarra acustica e ti dicono che sei come Dylan). In realtà il primo Lolli ha più debiti verso Leonard Cohen che non verso Dylan, e nella sua particolare e bellissima “trilogia elettrica” (Ho visto anche degli zingari felici - Disoccupate le strade dei sogni - Extranei) il riferimento fortissimo è Neil Young, particolarmente quello di Zuma e American Stars ‘n’ Bars. Un altro punto fisso di quel periodo, mai ricordato adeguatamente (ed è strano vista la comune origine bolognese) è Lucio Dalla, in particolare il Lucio Dalla assai sperimentale dei dischi scritti con Roberto Roversi. Forse il brano in cui è più evidente questa influenza è I giornali di marzo, il cui titolo pare una evidente parodia della più famosa I giardini di marzo di Battisti, con un testo di forte impronta politica che è in realtà il cut up di vari titoli di giornale riguardanti i violenti scontri di piazza avvenuti a Bologna l’11 marzo 1977, e con un arrangiamento e un cantato che sono praticamente modellati su quelli di Dalla.
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