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sabato 23 dicembre 2023

reputazione

Guardate che la distribuzione – che certe volte pare la sola cosa che interessi agli autori che mi chiamano per avere informazioni sulla casa editrice – è importante, ma non è che Magrelli o De Angelis vendano più copie perché pubblicano con Einaudi o Mondadori, casomai è il contrario, sono Einaudi e Mondadori che vendono più copie perché pubblicano Magrelli o De Angelis. Poi certo, se hai Messaggerie dietro, è più facile trovare i volumi in giro e acquistarli. Ma se ti chiami Gigetto Strabuzzi e ti pubblica Mondadori e ti distribuisce Messaggerie, non credo proprio che tu possa vendere chissà quante più copie di prima. Anzi, se arrivi lì e non vendi a un certo standard, le prime che ti bruciano sono proprio loro, le case editrici diranno che sei un investimento a perdere e non ti pubblicherà più nessuno a quel livello. Certe volte, allora, quando mi chiedono questa cosa della distribuzione, soprattutto gli esordienti, mi verrebbe da rispondere, come fece una volta Patti Smith a chi le chiedeva come si fa a diventare un’artista: “fatevi una reputazione, lavorate alla vostra opera, crescete come persone, non venite a compromessi che vi possono svilire, e allora, se avete qualcosa di serio da dire, a un certo punto saranno gli altri a cercarvi”, cioè con un po’ di fortuna – che serve almeno quanto il talento – sarà Mondadori a venire da voi e non il contrario. Ma prima di tutto la reputazione, quella e il lavoro che siete disposti a fare. Persino il tanto criticato Arminio, per arrivare lì dove sta, si è costruito una reputazione, si è fatto un mazzo tanto come tutti e molto più di altri. Non sta lì per i suoi versi che possono piacere o no, sta lì perché sta sempre in giro da anni, a promuoversi, non snobba nessuno, nemmeno l’ultima libreria del paesino più infimo. Mentre ci sono persone che ancora non hanno pubblicato un libro e già si lamentano che gli editori non coprono loro le spese del prossimo tour di presentazioni in giro per l’Italia. Ma va.

giovedì 20 luglio 2023

il lavoro editoriale

Ogni tanto qualcuno mi dice: “Eh, ma che ci vuole? Dai un’occhiata ai primi due o tre testi e lì capisci subito se è un buon lavoro o meno”. Va bene, ma dopo che hai fatto questo e ti restano scremati 52 libri dignitosi di persone che sanno scrivere, tu che fai? Li pubblichi tutti? Alcuni editori farebbero così, chiedendo all’autore di contribuire alle spese di stampa e addio remore selettive e problemi di natura economica (peraltro sono buoni libri, quindi non si parla nemmeno di pubblicare scartini). Altri preferiscono rileggerli per bene per farsi un’idea migliore del progetto, puntando su quanto gli piace il libro più ancora che sul suo potere di marketing. Per arrivarci, però, quando hai 52 manoscritti davanti, anche a leggerne uno al giorno per valutarli con la giusta attenzione e poi metterli a confronto, non servono forse due mesi di lavoro? Per arrivare a cosa? A sceglierne 3 o 4 da pubblicare (scatenando spesso il risentimento degli altri 48 scartati) che, se anche andrà bene, non venderanno mai abbastanza copie da compensarti per tutto questo tempo speso a sceglierli e per tutto il tempo dopo utilizzato per trasformare un’idea in un oggetto commerciale senza mercato? Davvero, certe volte penso che il lavoro editoriale sia qualcosa a metà tra K. (colpevole e pieno di rimorsi per qualcosa che non ha saputo fare, ma nemmeno lui sa definire) e Tafazzi, con la prevalenza del secondo sul fronte economico.

mercoledì 21 dicembre 2022

il comune amico ciccio

Ciao, mi ha dato il tuo contatto il nostro comune amico Ciccio. È un po' di giorni che ci ho il pensiero che devo pubblicare un libro e lui mi ha detto che sei bravo. Ti posso chiedere delle informazioni? Per prima cosa mi puoi gentilmente spiegare come si produce un manoscritto?

lunedì 24 gennaio 2022

il genio

Quello che ti manda il suo manoscritto mettendo come destinatario un altro editore e rifilando te (e chissà quanti altri) in copia nascosta. Glielo scrivi. E quello: Az mi ha scoperto.

martedì 9 febbraio 2021

il brivido

Quei momenti rari ma per questo eccezionali che leggi un manoscritto e ti viene il brivido, ti piace l'idea, ti piace la scrittura, persino il titolo, quel momento in cui lo leggi, lo leggi nei tempi di una sensata risposta, e man mano che prosegui ti convince sempre più, lo leggi fra altri 200 che ti sono arrivati, lo leggi e lo rileggi e ti dici che bello, mi piace, e piace anche al comitato di lettura che non è cosa scontata che piaccia proprio a tutti, a me per primo che non mi piace quasi nulla, lo leggi e ti dici questo lo pubblico ho deciso, ecco uno di quei momenti che lo leggi e ti dici questo è perfetto, ora gli scrivo, ora gli propongo un contratto, e proprio in quel momento scopri che l'autore ha pubblicato il libro, nel frattempo, con un altro.

domenica 3 gennaio 2021

primo post editoriale dell'anno

Periodicamente c’è qualche amico che mi dice: «Anto’, ma se non vuoi che ti mandino i manoscritti basta scriverlo sul sito o in un bel post, la gente capisce e smette». Così, periodicamente, io scrivo questo post, la gente capisce per due o tre settimane, poi ricomincia a inviare decine di manoscritti come se non avessi avvertito che è meglio di no e ignorando bellamente le istruzioni del sito. Mi scrivono o peggio mi chiamano a qualsiasi ora – l’ultima mi è capitata la sera del 31, che giuro mi hanno chiesto se potevano mandarmi un manoscritto, perché siamo chiusi in casa e allora tanto vale approfittarne. Del resto, pensavo stamattina, se tutti i siti per aspiranti scrittori consigliano (consiglio che io stesso ho seguito a suo tempo): «Se vedete scritto che una casa editrice non accetta manoscritti voi comunque provate, non arrendetevi, siate affamati e folli, siate audaci, e prima o poi sarete premiati», io con chi me la devo prendere? Con Steve Jobs?

mercoledì 8 luglio 2020

non so

Uno che mi manda il suo manoscritto: "Non so dire perché vi mando questo libro, non sono un vero scrittore..." Se non lo sai tu perché me lo mandi, figurati se posso dirtelo io: ecco come demotivare alla lettura di una proposta editoriale. A questo punto era molto meglio un approccio femminile: "Salve, vi mando questo libro perché mi fate ridere".

giovedì 5 marzo 2020

pandemia poetica

Il primo giorno di allerta mi sono arrivate sette (!) raccolte di poesie. La più onesta è stata una ragazza, universitaria, che mi ha scritto: Visto che ero a casa senza niente da fare, oggi ho pensato che era tempo di mettermi al lavoro sulle mie poesie e di inviarle all’attenzione di un editore. Non oso immaginare che sarà di me fra dieci giorni.

mercoledì 18 dicembre 2019

il guardiano della porta

Visto che non ce la facevo proprio, ho chiesto a una persona di cui mi fido ciecamente di leggere e scremare fra le decine di manoscritti di poesia che ci arrivano. La cosa dal mio punto di vista ha il vantaggio di limitare al minimo, nel giudizio, le implicazioni emotive derivate dal fatto che alcune di queste proposte vengono da persone che conosco o di cui sono amico. Non faccio il nome della persona in questione, perché la segretezza in questo caso è importante. Dico solo che, ligio al proprio dovere, in appena due giorni ha falcidiato quasi 200 proposte, indicandomi due titoli e mezzo. Due libri buoni e uno passabile. Il punto è che – secondo il suo metro di giudizio – gli altri per quanto non scritti male, né brutti, semplicemente non hanno elementi di novità tali da evidenziarli nel mucchio. Pensandoci, mi sono sentito sollevato dal peso di tale lavoro, e insieme terrorizzato dall’idea stessa della falce. Nel senso che ho cominciato a chiedermi che succederebbe se spedissi io stesso un manoscritto, magari con un altro nome: verrei scremato anch’io dal suo giudizio? Ho qualcosa in più da dire rispetto agli altri? Oppure no, mi illudo e non ho niente di nuovo da dire, esattamente come il 99% degli autori che si sono proposti, che si propongono ogni giorno? Poi certo, io sono l’editore e sulle mie fisime prevale sempre il senso di sollievo per un lavoro ingrato che un altro ha fatto, meglio, al posto mio. Ora devo trovare soltanto il modo per dirlo agli esclusi, qualcosa del tipo: “Il guardiano della Porta ha detto che non puoi entrare”.

venerdì 7 giugno 2019

la mail di un collega

“Buongiorno, vi scrivo per chiedervi se vi è possibile girarmi qualche manoscritto inedito. Sono un giovane editore che ha bisogno di lavorare e vi chiedo se potete darmi una mano.”