Visto che non ce la facevo proprio, ho chiesto a una persona di cui mi fido ciecamente di leggere e scremare fra le decine di manoscritti di poesia che ci arrivano. La cosa dal mio punto di vista ha il vantaggio di limitare al minimo, nel giudizio, le implicazioni emotive derivate dal fatto che alcune di queste proposte vengono da persone che conosco o di cui sono amico. Non faccio il nome della persona in questione, perché la segretezza in questo caso è importante. Dico solo che, ligio al proprio dovere, in appena due giorni ha falcidiato quasi 200 proposte, indicandomi due titoli e mezzo. Due libri buoni e uno passabile. Il punto è che – secondo il suo metro di giudizio – gli altri per quanto non scritti male, né brutti, semplicemente non hanno elementi di novità tali da evidenziarli nel mucchio. Pensandoci, mi sono sentito sollevato dal peso di tale lavoro, e insieme terrorizzato dall’idea stessa della falce. Nel senso che ho cominciato a chiedermi che succederebbe se spedissi io stesso un manoscritto, magari con un altro nome: verrei scremato anch’io dal suo giudizio? Ho qualcosa in più da dire rispetto agli altri? Oppure no, mi illudo e non ho niente di nuovo da dire, esattamente come il 99% degli autori che si sono proposti, che si propongono ogni giorno? Poi certo, io sono l’editore e sulle mie fisime prevale sempre il senso di sollievo per un lavoro ingrato che un altro ha fatto, meglio, al posto mio. Ora devo trovare soltanto il modo per dirlo agli esclusi, qualcosa del tipo: “Il guardiano della Porta ha detto che non puoi entrare”.
2 commenti:
A tal proposito ti consiglio "Il mistero Henri Pick", ora nei cinema. Molto divertente. Eva
lo vedrò! :)
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