mercoledì 11 dicembre 2019

il cugino povero

Conosco romanzieri, anche di fama, che un libro di poesie non sanno manco come è fatto. O se lo sanno sono rimasti fermi ai poeti maledetti, a Rilke, a Spoon River (via De André), agli Americani o ai Russi, a Montale o Ungaretti, al Pianto della scavatrice, agli haiku usa e getta, a Guccini o Dylan. Ogni volta mi chiedo cosa sono io per loro, come mi vedono, se più come un alieno o più un residuo bellico in disuso, oppure come il cugino povero che ti tocca di parlarci a Natale ma giusto perché è "uno di famiglia", ben sapendo che non si andrà mai oltre gli auguri.

1 commento:

Franz ha detto...

Non sono certo un addetto ai lavori, anche se la passione per la poesia sta diventando il tema conduttore della mia nuova vita da pensionato.
La mia impressione è che da tempo non ci sia spazio commerciale per i libri di poesia (fatto salvo il fenomeno, non trascurable, di quelli pubblicati in poche copie a spese dell'autore), ma che comunque i social network abbiano acceso un certo interesse per i poeti, affermati o in cerca di affermazione che siano.
Fenomeni come il "poetry slam" (con le sue contaminazioni dal mondo rap e hip-hop), ma anche i numerosissimi e partecipatissimi concorsi letterari, sembrerebbero confermare tale mia impressione.