Conosco romanzieri, anche di fama, che un libro di poesie non sanno manco come è fatto. O se lo sanno sono rimasti fermi ai poeti maledetti, a Rilke, a Spoon River (via De André), agli Americani o ai Russi, a Montale o Ungaretti, al Pianto della scavatrice, agli haiku usa e getta, a Guccini o Dylan. Ogni volta mi chiedo cosa sono io per loro, come mi vedono, se più come un alieno o più un residuo bellico in disuso, oppure come il cugino povero che ti tocca di parlarci a Natale ma giusto perché è "uno di famiglia", ben sapendo che non si andrà mai oltre gli auguri.
1 commento:
Non sono certo un addetto ai lavori, anche se la passione per la poesia sta diventando il tema conduttore della mia nuova vita da pensionato.
La mia impressione è che da tempo non ci sia spazio commerciale per i libri di poesia (fatto salvo il fenomeno, non trascurable, di quelli pubblicati in poche copie a spese dell'autore), ma che comunque i social network abbiano acceso un certo interesse per i poeti, affermati o in cerca di affermazione che siano.
Fenomeni come il "poetry slam" (con le sue contaminazioni dal mondo rap e hip-hop), ma anche i numerosissimi e partecipatissimi concorsi letterari, sembrerebbero confermare tale mia impressione.
Posta un commento