Negli
anni ’70 c’è come un trittico che attraversa il cinema italiano, tutto
dedicato alla figura di Giacomo Casanova. Il primo di questi film è Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano
del 1969 di Luigi Comencini, a cui segue Il Casanova di Federico
Fellini del 1976 e in ultimo Il nuovo mondo del 1982 di Ettore Scola.
Tutti e tre bellissimi sotto il profilo formale, tutti
straordinariamente ricchi di inventiva e di ironia e tutti legati da fili
sottili e rimandi che li collegano: ad esempio Fellini sceglie di
“trattare” il suo Casanova come una sorta di trasfigurazione di
Pinocchio, lì dove Comencini aveva già portato sullo schermo, nel 1972,
la figura del burattino, e Scola sceglie come protagonista del suo
Casanova Marcello Mastroianni che era stato “scartato” come Casanova da
Fellini (“troppo bello, troppo caldo”) a favore di Donald Sutherland.
Dei tre però l’unico che affronta la figura del nostro nei suoi aspetti
più vitali – e non come maschera mortuaria o malinconico testimone del
fin de siècle – è quello di Comencini. Infatti, dei tre, il suo Casanova
(interpretato da Leonard Whiting) è l’unico che risulti creatura
assolutamente sensuale, tanto più adorabile quanto più prosegue nella
sua formazione di irresponsabile canaglia. Ecco che, potendo scegliere
di proseguire una carriera di successo in ambito religioso, manda tutto
all’aria per amore di una donna e viene iniziato al sesso da un’amica di
sua madre, donna tanto a lui simile nella dissolutezza quanto scaltra e
anaffettiva, in una sorta di prefigurazione dell’incesto che svela
tutta la carica edipica del personaggio e dell’opera.
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